Che il centrosinistra potesse ottenere risultati confortanti nelle grandi città era prevedibile; l’affermazione maturata tra domenica e lunedì, però, va oltre ogni aspettativa.
Il centrosinistra si prende al primo turno Bologna, e c’erano pochi dubbi in proposito con l’assessore uscente Lepore che supera il 60%, e soprattutto Milano e Napoli.
Inatteso il risultato di Sala che, seppure favorito, arriva a sfiorare il 58%, lasciando indietro il candidato di centrodestra, il discusso pediatra Bernardo, di quasi 28 punti percentuale; il Pd è ampiamente il primo partito con quasi il 34% dei voti. Sonora la sberla per il centrodestra: la Lega si ferma sotto l’11%, Fratelli d’Italia non va oltre il 9,76%, Forza Italia sprofonda ad un misero 7%. Scompare il Movimento 5 stelle, al 2,78% di lista.
Ancor più eclatante l’esito delle elezioni a Napoli: l’ex ministro Manfredi vince al primo turno col 63% dei voti, oltre 40 punti in percentuale in più dello sfidante di centrodestra Maresca: anche qui il Pd è il primo partito col 12,2%, tiene il Movimento 5 stelle in coalizione col 9,74%; malissimo il centrodestra: Forza Italia si attesta al 6,63%, Fratelli d’Italia al 4,40%, la Lega neanche aveva presentato la lista.
A Torino sarà ballottaggio, col centrosinistra, però, che si presenta avanti al secondo turno e non era affatto scontato, anzi: Lo Russo si attesta al 43,86%, cinque punti percentuale sopra Damilano, candidato di centrodestra. Di nuovo, il Pd è il primo partito col 28,56%; sul fronte centrodestra, il miglior risultato lo fa registrare la civica del candidato sindaco (11,86%), con Fratelli d’Italia al 10,47% che sopravanza la Lega ferma al 9,84%. Forza Italia è poco sopra il 5%. Il Movimento 5 stelle della sindaca uscente Appendino si ferma all’8% di lista.
Il centrodestra può consolarsi, per così dire, con l’esito delle urne a Roma: il candidato Michetti è avanti col 30,15%, tre punti sopra Gualtieri che si attesta al 27,03%. Nella capitale il primo partito è Fratelli d’Italia, col 17,43%, poco sopra il Pd al 16,38%; malissimo la Lega, ferma sotto il 6%, Forza Italia è al 3,6%. Al ballottaggio potrebbero essere decisivi gli elettori che hanno scelto la proposta civica di Calenda, che ha ottenuto il 19,8% con una sola lista. La sindaca uscente del Movimento 5 stelle, Virginia Raggi, si è fermata al 19,08%, un risultato assai deludente che, tuttavia, è l’unico segnale di tenuta dei pentastellati fuori da coalizioni col Pd. Raggi, in serata, ha inteso rimarcare l’equidistanza (polemica) da centrodestra e centrosinistra, segno che intende restare in campo e non cedere alle indicazioni che arrivano da Conte e dal gotha del Movimento, e cioè sostenere il centrosinistra ai ballottaggi.
Fa storia a sé la Calabria: qui si votava per le Regionali, a seguito della tragica scomparsa della governatrice di centrodestra Santelli, eletta a gennaio 2020; vince, come ampiamente previsto, Roberto Occhiuto col 54,46%, con Forza Italia che supera il 17% in assoluta controtendenza col resto del paese; Fratelli d’Italia e Lega vanno poco sopra l’8%, il Pd si ferma al 13,18% col Movimento 5 stelle in coalizione al 6,48%.
Andranno analizzati i flussi, evidentemente, ma qualcosa si può già dire.
Innanzitutto, va sottolineato come le elezioni abbiano certificato la fortissima disaffezione dei cittadini alla politica: a livello nazionale, l’affluenza si attesta al 59,53%, trainata, se così si può dire, dai piccoli centri dove il voto è più amministrativo che politico. Nelle grandi città, vota meno di 1 elettore su due: a Milano ha votato il 47,6% degli aventi diritto contro il 54,6% del 2016, un dato mai verificatosi in città. Nel 2011, l’affluenza era stata del 67,5%. Anche a Napoli le comunali fanno segnare l’affluenza peggiore di sempre per il primo turno delle amministrative: alle urne sono andati il 47,19% degli aventi diritto; cinque anni fa, si era arrivati al 54,12%. A Bologna, per la prima volta da dopoguerra, un sindaco è stato eletto da poco più del 50% dell’elettorato. A Torino ha votato il 48,08% degli aventi diritto, a Roma il 48,83%.
E questo è un fortissimo segnale di malessere che non si può che tenere in attenta considerazione.
Un segnale che va interpretato e si può spiegare in vari modi: la disillusione dei cittadini sul fatto che si possano davvero cambiare le cose, e non sarebbe una sorpresa se le tendenze ci dicessero che sono le periferie ad aver disertato le urne; candidati a sindaco incapaci di riaccendere l’entusiasmo degli elettori, e di rassicurarli in piena pandemia sanitaria e con una contingenza economica difficilissima; partiti poco credibili in una fase storica in cui, al governo, c’è un tecnico che, di fatto, ha messo a tacere il confronto politico sui grandi temi.
Se metà degli elettori non vota, l’altra metà è tornata a disegnare un’Italia, di fatto, bipolare.
Si è esaurita la spinta di rottura del Movimento 5 Stelle che, cinque anni fa, conquistava Roma e Torino e, oggi, sprofonda laddove corre in solitaria; segno che i pentastellati si sono normalizzati: il partito di Conte può giocare un ruolo importante laddove si presenti in coalizione col centrosinistra; al contrario, diventa marginale se ripropone il vecchio schema della proposta di cambiamento alternativa al centrodestra e al centrosinistra.
La promessa originaria è stata disattesa e non fa più presa su un elettorato che preferisce spendere il proprio voto su una proposta politica solida e che possa essere vincente, laddove non decida di astenersi.
E ciò è effetto, anche, della radicalizzazione del voto ‘imposta’ dalla Lega che ha spinto sul fronte sovranista la coalizione di centrodestra. Un vento, quello cavalcato da Salvini, che inizia però a perdere d’intensità. Per il Carroccio è maturata una sconfitta dolorosa: il risultato di Milano è uno schiaffo a Salvini che, tra l’altro, ha subito il sorpasso di Meloni a Torino e Roma.
Torna in discussione la leadership del centrodestra e, d’altra parte, Fratelli d’Italia non sfonda, a differenza di ciò che prevedevano i sondaggi.
La metamorfosi del centrodestra, da coalizione moderata a sovranista, è oramai un dato di fatto, stante i risultati di Forza Italia che sprofonda ovunque; una metamorfosi che rischia, però, di mettere all’angolo Salvini e Meloni, dati dai sondaggi oltre il 40% ma incapaci di vincere le elezioni per aver condannato all'irrilevanza, con le loro politiche, il fronte moderato che, un tempo, si ritrovava sulla proposta di Forza Italia e, oggi, oscilla tra i due poli o si affida a chi promette di ricostituirlo quel campo, come accaduto con Calenda a Roma.
In questo senso, è un segnale piuttosto chiaro l’endorsement di Giorgetti - poi goffamente smentito - all’ex ministro: non è un mistero che il ‘numero due’ della Lega sia, da tempo, in rotta di collisione con Salvini, rappresentando l’anima governista di un partito, ancora radicato al nord, che inizia a mal sopportare le politiche del leader. Se sia già tempo di resa dei conti lo capiremo nei prossimi giorni: intanto, Salvini si è affrettato a confermare la fiducia al governo Draghi.
Al contrario, Meloni ha inteso sfidare il centrosinistra: il premier al Colle e andiamo al voto nella primavera del 2022, la proposta ad urne chiuse. E’ evidente che la presidente di Fratelli d’Italia voglia tentare di prendersi la leadership della destra italiana, sperando di vincere il ballottaggio a Roma, col rischio, però, che la sua parabola possa assomigliare a quella di Le Pen in Francia, radicale e radicata ma sempre all’opposizione del governo nazionale.
D’altra parte, c’è un aspetto che non si può che sottolineare: la crescita impetuosa di Lega e Fratelli d’Italia negli ultimi anni ha mostrato i limiti di una classe dirigente impreparata a governare. Non è un caso che sia stato piuttosto difficoltoso trovare i candidati a sindaco, con le scelte piuttosto discutibili, quasi pittoresche, di Bernardo e Michetti a Milano e Roma.
Sul fronte del centrosinistra, il Pd pare aver compreso - finalmente - la sua non autosufficienza, mettendosi a disposizione come forza federatrice di coalizioni larghe, con la sinistra, i movimenti civici e, laddove si è riusciti, col Movimento 5 stelle: una politica che ha evidentemente pagato, ed è un merito ascrivibile a Letta. Con un fronte largo, col riconoscimento del protagonismo della così detta ‘società civile’ e con candidature a sindaco credibili, non imposte da logiche partitiche ma condivise, il centrosinistra si dimostra capace di vincere le elezioni.
Certo, il risultato delle amministrative non può essere considerato la panacea di tutti i mali: le comunali non sono le politiche, è persino banale sottolinearlo, il centrosinistra, sui territori, ha una classe dirigente spesso credibile e capace di fare la differenza, oltre le ‘questioni’ nazionali. Inoltre, va strutturata l’alleanza col Movimento 5 stelle che, in alcune realtà – abbiamo già detto di Roma – si fa fatica a costruire. Tuttavia, la strada intrapresa pare quella giusta.
Vale lo stesso in Abruzzo dove il centrosinistra coglie un risultato inatteso, almeno alla vigilia, portando il centrodestra al ballottaggio in quattro delle cinque città con più di 15mila abitanti. A Vasto e Francavilla la coalizione ha sfiorato addirittura la vittoria al primo turno, con l’uscente Menna avanti di 26 punti percentuale sullo sfidante di centrodestra Giangiacomo e la candidata Russo, in continuità con l’oramai ex sindaco Luciani, 19 punti sopra il candidato di centrodestra Angelucci.
A Vasto il Pd è il primo partito col 15,45%; più che positive le performance delle liste civiche e della sinistra che con Sinistra per Vasto arriva al 5,12%. Deludenti i partiti di centrodestra: Fratelli d’Italia si attesta al 9,17%, la Lega è al 5,84% poco sopra Forza Italia. Il Movimento 5 stelle ottiene il 4,31% di lista: la candidata Carinci, sostenuta anche dalla civica ChiAma Vasto e da Sinistra Italiana Vasto d’Amare, arriva al 10,54%. Inutile dire che, se si fosse dato vita ad una alleanza di centrosinistra col Movimento, Menna avrebbe vinto facilmente al primo turno. Vedremo cosa accadrà al ballottaggio dove saranno determinati anche i voti della candidata Notaro che si è attestata al 18,21%.
A Francavilla spopola la lista civica dell’ex sindaco Luciani che ottiene il 14,15%; segue il Pd col 12,38%. Anche qui, deludente il centrodestra: Fratelli d’Italia è all’8,87%, la Lega al 5,06%, addirittura tre punti sotto Forza Italia che si attesta all’8,72%. Il Movimento 5 stelle fa il 4,71% di lista, la candidata Sarchese, sostenuta anche dalla civica Si Amo Francavilla, arriva al 7,58%. Di nuovo, una alleanza strutturata avrebbe portato alla vittoria al primo turno di Russo.
Sorprendente il risultato di Sulmona. La larga coalizione di centrosinistra con Pd, M5s, sinistra, civiche e Italia viva ha portato il candidato Di Piero, contro ogni previsione, al 39,65%, più di 5 punti sopra Andrea Gerosolimo; il candidato di centrodestra Masci si ferma al 23,45% e, a questo punto, sarà decisivo al ballottaggio. Il Pd è il primo partito in città col 10,53%; fanno benissimo la civica di riferimento di Italia viva, Sulmona Libera e Forte (oltre il 9%), e Sulmona Bene Comune; il Movimento si attesta al 4,67%. Sul fronte del centrodestra, la Lega è al 7,58%, Fratelli d’Italia si ferma addirittura al 5,15%, sotto la civica del sindaco, con Forza Italia al 2,31%.
Rapporto di forze invertito a Lanciano, come ampiamente annunciato: qui, il candidato di centrodestra Paolini sfiora la vittoria al primo turno col 49,77% ma lo sfidante di centrosinistra Marongiu, dato per sconfitto, tiene e arriva al 42,18%; considerato che il Movimento 5 stelle ha ottenuto il 5% col candidato Furia, è evidente come le coalizioni siano vicinissime e i giochi, per il ballottaggio, siano aperti. A Lanciano fa bene la Lega, all’11,7% poco sopra il Pd che arriva al 10,8%; Fratelli d’Italia si attesta al 9,87%. Forza Italia e Udc si fermano al 6,34%. Più che positive le performance delle civiche di centrosinistra Progetto Lanciano (8,28%) e Lanciano X tutti (7,50%).
Fa storia a sé Roseto degli Abruzzi: al ballottaggio vanno il candidato civico sostenuto da Azione Nugnes col 30,81% e Di Marco del centrodestra che è avanti di un centinaio di voti a Ginoble di Italia Viva. Fuori dai giochi il sindaco uscente di centrosinistra Di Girolamo che si ferma al 13,43% e la pentastellata Ciancaione con l’11,63%. Insieme, sarebbero andati al ballottaggio. La lista più votata è la civica del candidato Ginoble (10,83%), seguita dalla lista di Azione per Nugnes (8,96%). Lega e Fratelli d’Italia sono appaiate poco sotto l’8%, Forza Italia è addirittura sotto il 2%. Il Pd si ferma al 5,87%, il Movimento sta poco sotto il 4%.