E dunque, sull'asfittico dibattito politico verso le elezioni amministrative del 2022 è piombato un sondaggio, di cui si parla da giorni, e di cui alcune testate giornalistiche hanno scritto in queste ore. Un sondaggio commissionato dall'ex presidente vicario di Regione Abruzzo Giovanni Lolli e di cui non forniremo dettagli, non essendo pubblico e non potendo, dunque, restituire un quadro puntuale e completo delle sue risultanze.
Paiono emergere alcuni aspetti di contesto, comunque; il primo: la contesa è apertissima col centrodestra che sconterebbe un giudizio non esattamente positivo sull'operato di Pierluigi Biondi; il secondo: ci sono alcune personalità politiche tra quelle sondaggiate che, in un eventuale ballottaggio, sarebbero favorite rispetto al sindaco uscente.
Sia chiaro, non si tratta di rivelazioni sorprendenti, tantomeno inattese: scriviamo da tempo che si respira una certa insoddisfazione per l'operato del primo cittadino e della sua Giunta anche in ambienti tradizionalmente di centrodestra; a differenza di ciò che accadde nel 2017, col candidato sindaco che trascinò una coalizione 'rabberciata' vincendo nel 'corpo a corpo' al secondo turno, stavolta le liste d'area saranno più strutturate - com'è ovvio che sia dopo cinque anni di governo - e l'auspicio dei maggiorenti del centrodestra è di riuscire a superare il 50%+1 dei voti al primo turno per evitare un ballottaggio che non lascia affatto tranquilli.
In sostanza, il timore più o meno dichiarato è che, a parti inverse, possa ripetersi la storia del 2017.
Timori che troverebbero conferma nel sondaggio. Così come troverebbe conferma, e non ci stupisce affatto, l'idea che rilevazioni di questo tipo, effettuati mesi prima delle elezioni - senza che siano ancora maturi i perimetri delle coalizioni in campo e i profili programmatici delle candidature a sindaco - tendano a premiare le personalità politiche più conosciute, da tempo 'visibili' e, dunque, maggiormente 'ri-conoscibili' che negli anni, nel bene e nel male, abbiano intessuto una 'relazione' con l'elettorato.
E' di tutta evidenza che se si fosse commissionato un sondaggio nel novembre 2016, il profilo di Pierluigi Biondi non sarebbe risultato vincente; d'altra parte, i sondaggi a 6 o 7 mesi dalle amministrative di Roma o di Napoli non avrebbero restituito l'esito che è poi maturato dalle urne, con la larga vittoria del campo progressista intorno alle candidature di Roberto Gualtieri e Gaetano Manfredi.
E qui sta il punto.
Sebbene il sondaggio possa rappresentare uno strumento utile di conoscenza, pure con i limiti suindicati, non può che essere interpretato come un'analisi di contesto, e nulla più.
Poi c'è la politica, o almeno dovrebbe esserci.
Le ultime amministrative, a Roma come a Napoli, a Sulmona come a Torino, ci dicono che i progressisti vincono laddove siano in grado di dare forma ad una coalizione larga e plurale - dai moderati alla sinistra passando, se possibile, per i 5 stelle e con una componente civica 'ricca' e partecipata - con un programma credibile, radicale nelle proposte di lungo respiro e nelle soluzioni immediate da offrire ad un elettorato stanco, sfiduciato e impaurito, che vuole essere rassicurato sulle proprie condizioni di vita, dall'ambito sanitario a quello lavorativo, e con un candidato sindaco percepito come competente e capace, che sia in grado di assumere posizioni chiare e, se necessario, anche scomode.
A farla breve: non si può pensare di mettere in campo una candidatura a sindaco a partire da un sondaggio - che ha testato, tra l'altro, soltanto alcuni profili politici e non altri - cucendogli addosso una coalizione e un programma di governo; il percorso dovrebbe essere inverso: prima vanno definiti i confini della coalizione, su un universo valoriale condiviso e su alcuni punti programmatici chiari, poi si costruisce un progetto di governo e s'individuano le modalità di selezione del candidato sindaco che dovrà dargli corpo.
Così dovrebbe essere, almeno.
Di certo, non dovrebbe essere un sondaggio a 'dettare la linea', se è vero che una candidatura a sindaco non può essere considerata 'neutra' e, come tale, calata in un contesto coalizionale indipendentemente dalle forze politiche in campo e dal percorso programmatico che s'intende costruire.
Oltre i sondaggi, all'Aquila si è già visto che non funziona così.