Tra gli interventi approvati dalla Giunta comunale a valere sulle risorse del fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza c'è la "riqualificazione dell'area compresa tra il convento della Beata Antonia e via Sallustio".
Lo stanziamento previsto è di 610 mila euro.
Della valorizzazione del chiostro, restituito 'alla vista' a seguito dell'abbattimento del palazzo in calcestruzzo armato affacciato su via Sallustio, di proprietà delle suore di clausura, si sta discutendo da settimane.
Il dibattito è stato alimentato, in queste ore, da un interessante articolo di Vladimiro Placidi, pubblicato sul blog 'Fuori dal giro', che ha sottolineato come "il chiostro, ovvero il claustrum, è un luogo chiuso, dotato di alte mura, impermeabile alla vista esterna, un rifugio come la stessa derivazione etimologica di clausura ci certifica. La clausura è una fuga a saeculo, una rinuncia al mondo e un ritiro 'all’ombra del chiostro'. Il chiostro è necessariamente quadrilatero e porticato su tutti i lati, alle volte porticato anche al piano superiore".
Il Convento della Beata Antonia non sfugge a questo stigma, ma ne è un esempio identitario e qualitativo. "Nel 1941 - sottolinea Placidi nell'articolo - a causa di una visione urbanistica e costruttiva pseudo modernista fu operato uno sventramento della via, allora chiamata Vicolaccio, che abbattè parte del Convento e la parte settentrionale del chiostro lasciando la struttura praticamente monca. Tra gli anni 60/70 del secolo scorso fu riedificato, da parte delle suore, il compendio demolito attraverso una struttura come sede abitativa in calcestruzzo armato, che ricompose la chiusura planimetrica, ma senza riformulare i lati porticati del chiostro. Chiesa e chiostro - aggiunge Placidi - sono stati nel tempo visitabili in fasi alterne e mi colpisce lo stupore di alcuni cittadini davanti a questo monumento già oggetto di studi e ricerche. Ancor di più mi stupisce la proposta di non riedificare la parte su via Sallustio, quella ricostruita dopo l’abbattimento del 1941 per lasciare a vista ciò che è nato per essere coperto. La trovo una proposta alquanto bislacca per non sottolineare la sua antistoricità ovvero un ossimoro architettonico".
Ovviamente, c'è una parte di città che vorrebbe, invece, lasciare a vista il chiostro, valorizzandolo in un'ottica di complessiva riqualificazione dell'area, e ciò è anche comprensibile sebbene la presa di posizione di Placidi sia puntuale.
Non è questo il punto, però.
La domanda è un'altra: che intende fare l'amministrazione comunale?
Fino a che non si sono alzate le prime voci che hanno chiesto di lasciare a vista il chiostro della Beata Antonia, l'ipotesi non era stata minimamente presa in considerazione. Poi, sulla spinta emotiva dell'opinione pubblica, il progetto di "riqualificazione dell'area compresa tra il convento della Beata Antonia e via Sallustio" è apparso all'improvviso tra quelli da finanziare con il Pnrr. Ma che cosa si intende per riqualificazione dell'area tra il convento e via Sallustio: si sta pensando di non ricostruire l'edificio realizzato negli anni 60/70?
Un'amministrazione parla, o almeno dovrebbe parlare con atti: ebbene, gli atti assunti fino ad oggi ci dicono che l'abbattimento e la ricostruzione del manufatto in calcestruzzo armato sono stati finanziati con i fondi per la ricostruzione privata. I lavori sono stati affidati ad una ditta che ha già provveduto alla demolizione e a cui sono stati già corrisposti due stati d'avanzamento lavori.
Ne ha dato notizia l'ex assessore comunale Pietro Di Stefano che, d'altra parte, fa notare come la pratica relativa all'edificio, ricandendo lo stesso nella zona A del Piano regolatore generale, sia passata all'attenzione della Giunta e poi del Consiglio comunale per la concessione del permesso a costruire in deroga.
Dunque, il Comune dovrebbe ora fare marcia indietro per riqualificare l'area, facendola diventare pubblica con l'immissione al patrimonio.
E' così che intende muoversi l'amministrazione attiva?
Viene da chiedersi: stante il contratto sottoscritto dalle suore - proprietarie dell'immobile - con la ditta che sta eseguendo i lavori, e che legittimamente avanzerebbe richiesta di risarcimento del danno qualora le opere di ricostruzione venissero bloccate, chi pagherebbe? A che titolo, eventualmente, pagherebbe il Comune - aggiunge Di Stefano - se non è vincolato da alcun onere diretto? E i due Sal già pagati? Ci chiediamo ancora: l'amministrazione attiva ha avviato una interlocuzione con la Curia, e con le suore proprietarie dell'immobile, considerato che trattasi di un bene privato? A quanto ci risulta, non ci sarebbero stati contatti. E allora: come si fa a inserire la "riqualificazione dell'area compresa tra il convento della Beata Antonia e via Sallustio" tra i progetti da realizzare con il Pnrr?
Di nuovo, c'è un problema di mancata pianificazione: l'amministrazione avrebbe dovuto decidere prima di riqualificare l'area, non dopo, sull'onda della spinta emotiva dell'opinione pubblica. E comunque, pur volendo fare ora un passo indietro, dovrebbe indicare chiaramente le sue intenzioni, mettendo in campo, poi, una serie di atti amministrativi coerenti: ad oggi, gli atti vanno in una direzione e gli annunci propagandistici in un'altra.
Si può governare così?