Il Partito Democratico continua gli incontri in vista del suo congresso, ieri si è tenuta una assemblea sulla sanità aquilana e sulle criticità della ASL Avezzano Sulmona L'Aquila. Riportiamo, integralmente, il loro rendiconto.
“Con la partecipata assemblea organizzata ieri, abbiamo assunto un impegno preciso: per noi, la sanità è un bene comune e, a partire dall'ordine del giorno approvato all'unanimità dal Consiglio comunale su iniziativa delle opposizioni, lavoreremo ogni giorno con impegno costante e proposte concrete, fino a mettere in campo manifestazioni di lotta e protesta se necessario, affinché il diritto alla salute venga garantito a tutte e tutti”.
Si legge in una nota del Partito democratico dell’Aquila, all’indomani dell’incontro sulla sanità tenutosi al Csv nell’ambito della Costituente ‘L’Aquila domani’; all’evento sono intervenuti i consiglieri comunali dem Eva Fascetti, Stefania Pezzopane e Stefano Albano, i consiglieri regionali Silvio Paolucci e Pierpaolo Pietrucci, l’ex sindaco e medico pneumologo Massimo Cialente, il segretario provinciale della FIMMG Vito Albano, il prof. Carlo Masciocchi, il segretario provinciale di Articolo 1 Guido Iapadre, medico di famiglia, il segretario provinciale della Cgil Francesco Marrelli e Luca Guerrini, in rappresentanza dei Giovani democratici.
Erano inoltre presenti operatori e associazioni del terzo settore. La salute, si è detto nel corso dell’incontro, è argomento nevralgico, centrale, determinante per qualsiasi comunità; è determinante all’Aquila che, con il suo ospedale e le consolidate professionalità, la Facoltà di Medicina dell’Università e i presidi della medicina territoriale, potrebbe ambire a tornare un’eccellenza regionale.
Tuttavia, la fase che stiamo vivendo è particolarmente delicata. Sebbene risieda nella organizzazione dei servizi alla salute un pezzo importante del futuro della città e del territorio, oltre che della sua competitività, l’amministrazione comunale fa finta di non ascoltare i ripetuti allarmi che sono arrivati, in questi mesi, dai professionisti della sanità oltre che dai cittadini, costretti – nonostante le indiscusse qualità di medici, infermieri e oss - a file estenuanti nei Pronto soccorso, a sopportare liste d’attesa interminabili, a subire gli effetti di disservizi dovuti alla mancata pianificazione e alla cattiva gestione dell’azienda sanitaria.
Nel silenzio complice della Giunta regionale a trazione Fratelli d’Italia che, in questi anni di governo, ha ‘catapultato’ sul territorio manager romani chiamati, semplicemente, ad operare tagli ‘lacrime e sangue’. L’ordine del giorno delle opposizioni, approvato all’unanimità dal Consiglio comunale che, così, ha smentito fragorosamente la retorica del sindaco Pierluigi Biondi che aveva provato a far passare il messaggio, pericolosissimo, di una sanità territoriale rispondente alle esigenze delle cittadine e dei cittadini, è soltanto un punto di partenza nella battaglia che andrà combattuta nei prossimi mesi.
Certo, si è già ottenuto molto grazie al lavoro delle opposizioni: la chiamata all’impegno del primo cittadino affinché convochi, finalmente con regolarità, il Comitato ristretto dei sindaci con la messa a disposizione dei verbali, dal 2016 ad oggi; l’impegno della Giunta a rendere noto il piano circa le iniziative che si ritiene debbano essere attivate alla luce di quanto previsto dal PNRR, in particolare per quanto riguarda l’organizzazione della medicina territoriale; l’istituzione di una Consulta comunale sulla sanità; la richiesta di uno sforzo concreto alla Asl per arrivare alla pubblicazione di bandi di concorso per figure di ruolo e non facenti funzione, oltre che alla stabilizzazione del personale precario.
Il sindaco è stato impegnato, altresì, a promuovere un riequilibrio nella ripartizione dei finanziamenti con criteri che tengano conto anche della grandezza del territorio di competenze delle aziende sanitarie e non solo della densità di popolazione. C’è ancora tanto da fare, però. Non si può far finta di nulla, come vorrebbe Biondi, rispetto alla ripartizione dei fondi per l’emergenza, con 58 milioni assegnati a Pescara, 48 a Teramo e Chieti e solo 19 all’Aquila. Non si può far finta di nulla rispetto alla ripartizione dei fondi ex articolo 20, con la ASL 1 che ha ricevuto soltanto l’1% degli stanziamenti regionali totali.
Se l’ospedale di Pescara ha potuto inaugurare un covid hospital da 220 posti, che doveva servire l’intera regione e non l’ha fatto, al San Salvatore dell’Aquila ci sono ancora reparti strategici convertiti al covid. Non solo. Le prestazioni erogate nel nostro ospedale sono state tagliate del 20% circa rispetto agli anni passati, passando da una media di 21 mila, ai tempi della giunta regionale di centrosinistra, alle attuali 15 mila.
E non si dica che è colpa della pandemia: così fosse, non si sarebbero registrate ripercussioni negative sulla mobilità passiva; al contrario, la Corte dei Conti ha certificato un saldo negativo di 15 milioni di euro per la mobilità passiva extra-regionale (significa che la Asl 1 ha dovuto coprire per 15 milioni di euro prestazioni alle cittadine e ai cittadini della provincia dell’Aquila che sono stati costretti a migrare fuori regione per farsi curare) e 7 milioni di euro per la mobilità passiva inter-regionale (con i pazienti della nostra Asl che hanno fatto riferimento ad altre strutture regionali fuori provincia).
Questo sta accadendo. Non resteremo in silenzio. Così come non resteremo in silenzio rispetto alla vaghezza della programmazione dei fondi del Pnrr, alle poche idee, e confuse, che emergono rispetto alla localizzazione delle Case di comunità con il nostro impegno affinché venga riqualificato, nel senso di una ramificazione territoriale dei servizi, l’ex ospedale psichiatrico di Collemaggio, con il sostegno ai nuclei di cura primaria che potranno giocare un ruolo fondamentale per garantire davvero una sanità di qualità sui territori.
E’ c’è un altro aspetto su cui vigileremo, quello del personale: dal 2014 ad oggi, il picco più basso del numero di rapporti di lavoro a tempo indeterminato si è registrato nel 2020 e nel 2021, nel pieno della pandemia; dopo il primo anno di covid, anzi, il numero degli occupati stabili nella nostra azienda si è persino abbassato.
Ad oggi, il 25% del personale della Asl 1 è precario, e tanti di questi operatori non matureranno le condizioni per una assunzione stabile; 611 lavoratori hanno tra i 60 e i 64 anni, 139 tra i 65 e i 67: entro i prossimi tre anni, andranno in pensione più di 700 persone e non c’è alcun piano per affrontare l’emergenza che verrà. Ci chiediamo: con quale personale verranno aperte le Case di comunità? Non vorremmo mai si regalassero a privati strutture realizzate con fondi pubblici. Su questo, e altro, il Pd ci sarà e farà sentire la sua voce.