Appartamenti pieni zeppi di mazzette e maxi truffe internazionali ci portano ad una busta con dentro 476.600 lire ritrovata a L’Aquila nel 2009. Soldi sporchi e soldi puliti si scontrano fra un’affascinante sacralità del tempo passato e la profanazione continua che ci viene sbattuta in faccia in questi giorni. Ma di cosa stiamo parlando?
Partiamo da lontano con una riflessione per giungere poi ad un episodio nostrano.
Le notizie che ci arrivano da Bruxelles, non solo ci portano indietro di anni luce al buio di tangentopoli, ma provocano anche uno spaesamento al quale segue un profondo ribrezzo. Tutto ciò non fa altro che picconare l’intera struttura della democrazia rappresentativa ad ogni suo livello.
Le notizie, di quello che viene chiamato giornalisticamente parlando "Qatargate",che stanno travolgendo il Parlamento Europeo tra Europarlamentari e vice presidenti con valigie straripanti di denaro, mogli spendaccione e fidanzati traffichini, ci raccontano di quanto quel palazzo di vetro, segno di trasparenza e limpidezza in realtà sia stato molto più opaco di quanto credevamo.
Quel palazzo di vetro non si allontana dal palazzo di cristallo da cui era terrorizzato Dostoevskij nelle Memoria del sottosuolo.
L’autore russo, in uno dei suoi libri più celebri e affascinanti, esprimeva il suo timore per quel palazzo di cristallo, in quanto proprio la sua trasparenza sottrae all’individuo la sua libertà, per cui non si può nemmeno tirar fuori la lingua di soppiatto e nemmeno ribellarsi “di nascosto” senza esser visti. Il grandioso palazzo di cristallo si oppone all’angusto buco di cantina in cui vive il narratore amareggiato e solo, ma libero. Le conclusioni che possiamo trarre da quanto accaduto sono due: o quel palazzo che avremmo voluto puro, limpido e cristallino era in realtà sordido; oppure quel timore di compiere azioni ignobili alla luce del sole è svanito, cosicché nel palazzo di vetro si possono compiere azioni ben peggiori di una linguaccia.Forse quel decoro per ciò che accade davanti a tutti è scomparso, facendo fuoriuscire quella libertà anche di fare il male dal buco di quella cantina in cui l’uomo del sottosuolo si era rintanato.
A questa riflessione potremmo aggiungere quanto detto da Berlinguer quando parlava della questione morale, dei partiti divenuti delle macchine di potere e di clientela, oppure le parole di Gianni Cuperlo al quotidiano La Stampa, in cui contestualizza e analizza la questione morale di oggi fatta di carrierismo dovuto proprio al deterioramento culturale dei soggetti politici. Ma invece di perderci in grandi riflessioni ritengo ben più utile dimostrare che una politica pulita, diversa da questa sozzura che siamo chiamati a vedere, non è solo il racconto astratto di qualche nostalgico, ma è una realtà esistita, possibile e perché no ripetibile.
Veniamo dunque alle 476.600 lire nominate all’inizio dell’articolo, si tratta di una busta risalente al 1986 in cui sono custoditi ancora oggi i fondi della sezione Togliatti dell’Aquila. Questo episodio ci è stato raccontato dall’ultimo segretario della federazione provinciale del PCI dell’Aquila, Fulvio Angelini, il quale nel ricordare quella comunità quella politica differente dal partitismo di oggi ci ha mostrato l’involucro della busta sul quale l’allora tesoriere del partito Roberto Epifano trascrisse con dedizione la cifra contenuta nella busta e la trasmissione dell’avanzo di fondo cassa ai suoi successori.
La busta in questione, è sbucata nel 2009 quando l’ex sindaco Massimo Cialente l’ha rinvenuta, all’interno di uno scatolone contenente le scartoffie di quando era un giovane segretario di Sezione.
Quelle 476.600 lire, di cui nemmeno una moneta è andata perduta o è stata sottratta, sono sopravvissute a passaggi di mani, a cambi di dirigenze e segreterie, allo scioglimento di un partito. Soldi degli iscritti e dunque della politica che quasi come un sacro obolo purificante vengono custoditi in maniera preziosa senza che nessuno ne rubi un solo centesimo.
Una politica differente, di un altro peso ma non un qualcosa di divino ed inarrivabile bensì il frutto di una comunità, di un’ideologia, di un sistema di valori all’interno del quale era il bene collettivo a guidare le ambizioni individuali.
Non un olimpo trascendente ma una base mortale fatta di dediti e fiduciosi militanti.
Nell’intervista video che vi proponiamo qui sotto viene raccontata nel dettaglio la storia di questa busta. Ad ascoltarla verrebbe da risondere così come risponde il bambino al vecchio in una nota canzone di Francesco Guccini: "Mi piaccion le fiabe raccontane altre". Invece no. non possiamo relegare questa storia e questo ad un qualcosa di ormai fiabesco, parliamo di fatti concreti, di un passato reale e di una politica da non rinnegare.
Chissà che qualcosa in noi si possa risvegliare al racconto di questi avvenimenti... Buona visione