"Alle 14 riconsegnerò la fascia da sindaco al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Gli operai del Comune stanno già rimuovendo il tricolore da tutti gli uffici pubblici". Parole del sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, nel corso di una conferenza stampa convocata d'urgenza questa mattina. "Se entro 15 giorni non arrivano i soldi, me ne vado".
La fascia tricolore del sindaco dell'Aquila sarà consegnata alla portineria del Quirinale. E' in viaggio con destinazione Roma in questi minuti. Intanto, le bandiere dagli uffici pubblici del capoluogo sono già state tutte staccate dagli operai del Comune capoluogo. Non è la prima volta che il Sindaco annuncia decisioni clamorose. Si era già dimesso nel marzo 2011. Dimissioni poi ritirate. Oggi, l’annuncio a sorpresa. O quasi. La notizia, infatti, era stata in qualche modo anticipata dall’Ansa che, sabato pomeriggio, ha svelato i contenuti di una lettera inviata da Cialente al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e al presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta. “Bisogna porre fine a questa situazione”, ha scritto. “La burocrazia romana si comporta come se si trattasse di una strada qualsiasi in attesa da 20 anni".
Il primo cittadino ha ragione. La ricostruzione dell’Aquila è bloccata, non ci sono fondi certi per i prossimi anni e, a stento, si è riusciti a trovare, tra le pieghe dello stanziamento Cipe di 2miliardi e 245 milioni, mezzo miliardo per portare avanti almeno le pratiche giacenti negli uffici del Genio civile.
La situazione è disperata. Il Sindaco, però, dovrebbe iniziare a fare i conti anche con le sue responsabilità e con quelle della Giunta comunale. E dovrebbe, innanzitutto, iniziare a rendere conto alla città delle sue affermazioni, spesso incaute, e del reale stato delle cose. Quanti soldi ci sono in cassa? Quanti ne sono arrivati? Quanti dovranno arrivarne?
E’ importante che i cittadini capiscano cosa sta succedendo: dal 21 marzo ad oggi, sono arrivate informazioni contraddittorie e poco chiare.
Lo ricorderete: il giorno della “primavera aquilana”, accompagnato dall’allora ministro alla Coesione territoriale Fabrizio Barca, da Gianni Letta e Gianni Chiodi, il Sindaco aveva annunciato con soddisfazione l’inizio della ricostruzione. C’erano, si disse, i soldi per iniziare. C’era il cronoprogramma, approvato la settimana successiva dal Consiglio comunale, che avrebbe permesso all’Amministrazione di poter sedere ai tavoli romani per chiedere finanziamenti ulteriori. Finalmente la macchina si era sbloccata, si raccontò alla città.
Non era affatto così. Tanto che qualche settimana dopo, il 16 aprile, Cialente si presentò a palazzo Chigi con carriole piene delle pratiche della ricostruzione bloccate. Con lui, alcuni consiglieri comunali e la senatrice Stefania Pezzopane. Vennero ricevuti dall’allora sottosegretario, Antonio Catricalà. Mezz’ora di incontro e poi l’annuncio a favore di telecamere: “c’è un miliardo per la ricostruzione”.
Un piccolo passo, si pensò. Che avrebbe permesso di continuare i lavori per almeno un anno. Il governo aveva finalmente capito le criticità che viveva la città. L’obiettivo è di arrivare ora ad avere finanziamenti certi per i prossimi anni attraverso la Cassa deposito e prestiti, si raccontò. Il giorno dopo, 17 di aprile, Massimo Cialente disse di essere in contatto con il presidente Napolitano: “il decreto per lo stanziamento del miliardo potrebbe essere firmato entro la scadenza del suo mandato. Avremo una risposta a metà della prossima settimana. Sono molto soddisfatto di come sono andate le cose ieri a Roma. C'era una emergenza, il governo ne ha preso atto. E’ stata una operazione giusta. Avevo 1914 motori accesi ai quali non riuscivo a mettere la benzina. Ora si possono sbloccare tanti progetti».
Qualche giorno dopo, però, il 22 di aprile, il racconto cambia tono: “abbiamo chiesto un miliardo subito con un decreto legge e io speravo arrivasse domani ma non so se il governo Monti terrà il suo ultimo Consiglio dei ministri prima di quello che si auspica essere un nuovo governo. Chiediamo che la ricostruzione dell'Aquila sia una priorità per il nuovo esecutivo”.
Due giorni dopo, il 24 aprile, l’ennesimo annuncio: “il decreto con 1 miliardo di euro per la ricostruzione dell’Aquila sarà uno dei primi provvedimenti del nuovo governo Letta. E’ una prima vittoria centrata dalla nostra manifestazione a Roma, che non è una pagliacciata come dice il vice presidente del Consiglio regionale Giorgio De Matteis”. Massimo Cialente spiegò quel giorno che “il decreto che pone L’Aquila tra le grandi emergenze nazionali, come gli esodati e la cassa integrazione, un provvedimento da 8 miliardi, è già pronto. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano lo aveva visto e concordato, ma ha deciso di non firmarlo perché, dato che si tratta di un decreto di spesa a differenza di quello di oggi, era giusto, dopo la sua rielezione e l’incarico a Enrico Letta, che lo facesse il nuovo governo”.
Ancora sei giorni, e il sindaco racconta di aver parlato con Filippo Patroni Griffi, appena insediato: “è pronta la norma per il miliardo”. Era il 30 aprile. Il 4 maggio viene spedita la lettera di denuncia: "la città è uccisa dalla burocrazia romana che da 5 mesi blocca l'invio dei fondi e intanto la ricostruzione è ferma. E’una vergogna". Oggi, l’ultimo colpo di teatro.
Le responsabilità dei mancati fondi per la ricostruzione non sono certo imputabili solo al Sindaco e alla sua Giunta. In Emilia Romagna, la regione guidata da Vasco Errani sta giocando un ruolo decisivo per la rinascita del territorio. Qui a L’Aquila, invece, Gianni Chiodi ha mostrato evidenti limiti nella gestione dell’emergenza. Anche l’opposizione in Consiglio comunale, a parte qualche eccezione, ha le sue responsabilità. Inoltre, il momento politico ed economico del paese è stato, ed è tutt’ora, difficilissimo.
E’ giusto, però, che la città sappia che cosa sta succedendo, è giusto che i cittadini sappiano per quanto tempo ancora dovranno restare fuori dalle loro case, per quanto saranno ancora esclusi dal centro storico dell’Aquila. Il tempo delle promesse, degli annunci urlanti, delle scelte ad effetto, del rimpallo di responsabilità è davvero finito.
Potete leggere qui la lettera inviata da Cialente a Napolitano e Letta.