Il ddl Boschi che riforma Titolo V della Costituzione e Senato stabilisce che, in futuro, gli stipendi dei consiglieri regionali, degli assessori e dei presidenti di giunta, dovranno essere equiparati a quello dei sindaci dei capoluoghi di regione.
La norma è contenuta nell'articolo 34 del disegno di legge, approvato in prima lettura lo scorso 8 agosto in Senato.
Il taglio dei compensi previsto dalla riforma era stata una delle principali promesse fatte in periodo di campagna elettorale alle scorse elezioni regionali. Dai Cinque Stelle a Forza Italia, tutti i partiti avevano annunciato o messo nero su bianco una forte riduzione. Lo stesso Luciano D'Alfonso ne aveva fatto uno dei punti principali del proprio programma e aveva dichiarato che, una volta al governo, avrebbe ottemperato all'impegno.
Passate le elezioni, però, l'argomento è passato in cavalleria ed è uscito fuori dall'agenda politica. Certo, sono trascorsi solo due mesi dall'inizio della nuova legislatura ma la "cura dimagrante" sbandierata in campagna elettorale non figura nell'elenco delle misure prioritarie annunciate dalla nuova maggioranza.
La scorsa settimana avevamo scritto che il consiglio avrebbe dato un segnale politico forte e significativo se fosse arrivato a votare una legge regionale con un nuovo tetto agli stipendi prima dell'approvazione definitiva della legge Boschi (che, essendo una legge di revisione costituzionale, avrà bisogno di tempi lunghi prima di entrare in vigore).
Ma come hanno reagito i consiglieri regionali abruzzesi alla norma inserita nella riforma Boschi? Altrove, ad esempio in Lombardia, il provvedimento ha già sollevato un ampio dibattito, fatto di opposte reazioni.
Nell'assise abruzzese, invece, il tema sembra non riscuotere molto interesse.
Sara Marcozzi, del M5S, una delle forze politiche che più avevano cavalcato, in campagna elettorale, la battaglia contro gli sprechi e i costi della "casta", afferma di non aver dimenticato le promesse fatte e annuncia: "La questione non è affatto scomparsa dalla nostra agenda, sto redigendo la proposta di legge regionale che sarà la prima proposta di legge che avanzeremo come Movimento 5 Stelle. E' il nostro primo obiettivo, perché, nel momento in cui si chiedono sacrifici ai cittadini, dobbiamo essere noi i primi a dimostrare di poterlo fare".
"Niente contro la legge Boschi ma sarebbe il caso di verificare prima chi vive di politica e chi invece, per fare politica, mette a rischio la propria attività professionale" afferma invece il capogruppo di Forza Italia Mauro Febbo. "E' un tema che fa molta audience e solleva molto qualunquismo".
Camillo D'Alessandro, del Pd, fa spallucce mentre va già alla ricerca del cavillo: "Il ddl deve essere ancora approvato ma dobbiamo capire prima alcune cose, per esempio cosa significa esattamente la parola 'emolumento' o la questione dei rimborsi ai gruppi. Vedremo".
A bollare la misura come una "stupidaggine" dal sapore demagogico è invece l'ex presidente Gianni Chiodi. "Non è giusto che un presidente della Regione debba essere pagato tanto quanto un sindaco, che ha compiti inferiori e meno rischiosi" sostiene Chiodi. "Mi sembra una proposta molto demagogica. Per quanto riguarda l'Abruzzo, gli sprechi sono già stati ridotti, lo abbiamo fatto noi nella passata legislatura eliminando ad esempio i vitalizi dei consiglieri, quello sì un assurdo privilegio. Il vero problema, in Italia, sono gli stipendi dei parlamentari ordinari. Tolti quei trenta che lavorano, tutti i nostri parlamentari sono dei vacanzieri, non prendono decisioni come invece fanno ogni giorno sindaci, assessori e presidenti di regione, che governano, amministrano, si assumono dei rischi. Sono i parlamentari che dovrebbero ridursi i compensi. Non per rispndere a un'esigenza demagogica ma perché non hanno responsabilità".