Il taglio degli stipendi dei consiglieri regionali è stato uno dei temi ricorrenti dell'ultima campagna elettorale, una misura annunciata - seppure con accenti, sottolineature e sfumature diverse - da tutti e quattro i candidati alla carica di presidente. Uno dei pochi punti in grado di accomunare i rispettivi programmi di governo, per il resto assai diversi.
Ad averne fatto un refrain martellante nella propria strategia comunicativa era stato soprattutto il Movimento 5 Stelle: "Ridurremo i compensi dei consiglieri a 5mila euro lordi al mese (dagli 11 mila attuali, ndr) e con i soldi risparmiati costituiremo un fondo per le piccole e medie imprese" aveva detto Sara Marcozzi. La riduzione dei costi della politica e la battaglia contro i privilegi della casta, del resto, è, da sempre, uno dei cavalli di battaglia dei pentastellati.
Ma anche Luciano D'Alfonso non era stato da meno. Forse timoroso di lasciarsi imporre i temi della campagna elettorale dai "grillini", nel suo solito stile concettoso aveva rilanciato: "Le corrispondenze delle competenze economiche ai parlamentari regionali verranno parametrate a quelle del sindaco della città capoluogo di regione". Cioè a circa 3.500 euro, quanto, appunto, guadagna oggi il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente.
Il medesimo impegno era stato assunto anche da molti candidati consiglieri, a destra come a sinistra.
D'Alfonso, come si sa, ha vinto ma la sua promessa, a oltre due mesi dall'elezione, è rimasta lettera morta.
La sforbiciata agli emolumenti dei consiglieri non è stata inserita nella lista dei provvedimenti che la giunta ha posto come prioritari per dare l'abbrivio a questo inizio di legislatura.
Il tanto atteso taglio, però, sembra essersi eclissato, in generale, dalla discussione pubblica, scomparendo dall'agenda di tutti i partiti: non solo quelli di maggioranza ma anche quelli di opposizione, Cinque Stelle in testa.
Solo il vice coordinatore provinciale di Forza Italia L'Aquila, Roberto Santangelo, nei giorni scorsi, è tornato sull'argomento. Un intervento seguito, ieri, da una nuova presa di posizione: "Il 17 Luglio" scrive Santangelo "sono intervenuto a mezzo stampa per far presente come a distanza di 6 settimane dal suo insediamento il presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, non avesse ancora dato un segnale concreto per l’attuazione di uno dei punti simbolici della sua campagna elettorale: l’adeguamento degli emolumenti dei consiglieri regionali, equiparandoli ai Sindaci di città Capoluogo. Si tratta di una posizione su cui si erano espressi favorevolmente anche autorevoli esponenti della sua maggioranza come Pierpaolo Pietrucci e Sandro Mariani. La mia “nota”, pur avendo avuto grande risalto mediatico, non ha suscitato nessuna reazione politica né nel centrosinistra abruzzese né tanto meno tra grillini eletti in regione che della battaglia dei “costi della politica” hanno fatto una delle loro bandiere. E al momento non è stata presentata nessuna concreta iniziativa in questa direzione".
Per la verità, nemmeno il partito cui Santangelo appartiene ha detto o fatto nulla. La sua sembra essere una voce abbastanza isolata all'interno del centrodestra.
Quel che esce dalla porta, però, rientra dalla finestra. A molti magari è sfuggitto ma il ddl Boschi, infatti, quello (appena approvato) che riforma il Senato e il Titolo V della Costituzione, contiene un articolo, il numero 34, che stabilisce un nuovo limite agli stipendi dei componenti degli organi regionali, presidente e assessori compresi: gli emolumenti, si legge nel testo, "non potranno superare l'importo di quelli spettanti ai sindaci dei comuni del capoluogo di regione". In sostanza, si tratta di una misura analoga a quella annunciata da D'Alfonso.
Il ddl, però, non avrà effetti immediati. Quella ottenuta in Senato l'8 agosto è solo la prima vittoria. Il testo, trattandosi di una legge di riforma costituzionale, dovrà essere discusso e votato dalla Camera e poi passare attraverso una seconda lettura in tutti e due i rami del Parlamento. E, se necessario, essere sottoposto anche a referendum confermativo.
Si prospettano, insomma, tempi piuttosto lunghi.
A questo punto la giunta D'Alfonso ma in generale tutto il consiglio regionale hanno due possibilità: recepire il ddl solo dopo che quest'ultimo sarà andato in porto e, fino a quel momento, cioè fino all'approvazione definitiva, mantenere tutto immutato; o accelerare i tempi e applicare subito il nuovo tetto votando una legge regionale prima dell'entrata in vigore della riforma, così come lo stesso D'Alfonso e tutti gli altri partiti avevano promesso di fare in campagna elettorale.
Anche se il risultato, alla fine, sarà lo stesso, tra un percorso e l'altro, politicamente parlando, c'è una differenza sostanziale, in termini di credibilità. Soprattutto per Luciano D'Alfonso e per la maggioranza che lo sostiene.