Mercoledì, 29 Maggio 2013 13:26

Quale destino per la ex Sercom? Il Sindaco ne discute su Facebook

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Il gruppo di Policentrica, nei giorni scorsi, ha visitato il complesso ex Sercom, una cattedrale abbandonata tra le abitazioni del progetto C.A.S.E. di Pagliare di Sassa. Una struttura di 24mila mq, ancora inutilizzata, concepita per essere il primo centro commerciale della città e, insieme, un centro polifunzionale. Nel progetto era prevista anche la realizzazione di un palazzetto del ghiaccio, di una discoteca e di un ristorante, in strutture mai realizzate. Il complesso potrebbe oggi ospitare tutte le attività necessarie al servizio delle comunità che vivono nelle frazioni vicine e alle tante famiglie trasferite nei moduli abitativi della zona. Almeno è quello che vorrebbe Dario Verzulli, di L’Aquila che vogliamo, che ha sempre pensato alla struttura come ad un polo di attività sociali al pari del Centro polifunzionale di Paganica.

Il destino della ex Sercom si intreccia, tra l’altro, con altre incompiute. Da tempo, proprio a Pagliare di Sassa, si discute della realizzazione di 16 casette della Fondazione "Con Noi e Dopo" per garantire la residenza ad adulti disabili. “Forse il recupero della struttura abbandonata e la valorizzazione degli appartamenti del progetto C.A.S.E. di Pagliare -scrive Verzulli, in una lunga discussione che si è scatenata su Facebook dopo la pubblicazione del reportage fotografico di Policentrica- potrebbero far risparmiare risorse (circa 2,4 milioni per la realizzazione dell'intervento e circa 617.000 l'anno per la gestione) e territorio, finora utilizzato con troppa violenza”.

Una discussione che ha coinvolto anche Walter Cavalieri, di Policentrica, e il sindaco Massimo Cialente, invitato a spendere due parole sul complesso e sulle intenzioni dell’amministrazione alla luce del fatto che era stato proprio il primo cittadino a parlare di centro polifunzionale per la ex Sercom, nel programma di mandato 2002-2007. E il Sindaco, in effetti, qualche risposta l’ha data: “anzitutto la struttura non è del Comune - ha scritto - ma della banca che ha ripreso l'immobile dalla società in fallimento controllato. Stiamo lavorando, come sempre con determinazione, per acquisirla al Comune senza però esborsi particolari. La giunta non l'ha requisita, ha solo applicato l'art.17 della convenzione firmata da Bonanni e Tempesta. Attualmente vi è un contenzioso che stiamo cercando di risolvere. Proprio la scorsa settimana ho incontrato i vertici della banca”.

“Nel nuovo programma di mandato - aggiunge il primo cittadino - l'ex Sercom viene pensata come sito produttivo. Due i motivi. Il primo perché in questo momento è solo uno scheletro, ed occorrerebbero almeno 6 o 10 o forse più milioni per renderla agibile. Cifra che non abbiamo. La seconda è che oggi la questione occupazionale è centrale. Si tratta di una struttura che potrebbe dare sino a 400 posti di lavoro nel settore manifatturiero. Stiamo provando a portare un’azienda che sembra interessata. Per il sociale ed altre iniziative possiamo e dobbiamo trovare altri spazi, ma il tutto con finanziamenti certi ed in spazi adeguati”.

Risposte interessanti, quelle del primo cittadino, che non hanno però convinto chi da tempo si batte per restituire alla comunità il complesso. “Mi sembra che per le strutture produttive o gli incubatori d'impresa ci sia già la ex Italtel, no?”, si domanda Walter Cavalieri. “O lì dobbiamo fare la movida? Giustissima la priorità del lavoro, ma quando Dario Verzulli parla di poli della solidarietà, esprime già un’idea di città con le due polarità sociali di Sassa e di Paganica. Invece, pare che il Comune continui a mancare di una visione che dia senso al territorio e lo salvaguardi da nuove speculazioni”.

“Credo che oggi in Italia non esista un’azienda in grado di recuperare uno spazio simile assumendo circa 400 persone”, sottolinea Verzulli. “Se fosse davvero interessata a L'Aquila, andrebbe supportata da tutte le forze politiche e sociali ma solo dopo aver diffuso un Business plan dove si evidenziano chiaramente investimenti, tipologia di produzione e ricaduta sociale. Sarebbe auspicabile prima il recupero della Ex Italtel, acquistata dal Comune proprio per tali scopi. Inoltre, il parere dell'avvocatura comunale indica chiaramente che, in ottemperanza alle norme e a quanto disposto nella convenzione, il sito e le strutture hanno solo due destini: ripristino integrale allo stato preesistente o destinazione a pubblica utilità”.

“Sul discorso della proprietà”, continua Verzulli, “faccio fatica a comprendere quale ruolo possa avere una banca per due motivi: 1) con la delibera di Consiglio Comunale n.59 si recepisce la volontà della Giunta con cui si determina l'acquisizione al patrimonio comunale della struttura. Negli atti non vi è alcuna citazione di banche, debiti o complicazioni di sorta; 2) con il DPCM 1463 del 3 aprile tutte le particelle sono assegnate a titolo definitivo al Comune di L'Aquila, inclusa la particella 1070 che individua l'edificio in costruzione di Pagliare di Sassa meglio noto come ex Sercom”

Dunque il sindaco sta mentendo, o è poco informato? La risposta non tarda ad arrivare: “l'azienda Accord Phoenix, che con fatica dovrebbe aprire entro l'anno, occuperebbe tutti gli spazi. A regime 240 lavoratori, anzitutto con riassunzione di quelli in mobilità dell'ex polo elettronico. È chiaro che le trattative con l'azienda che dovrebbe venire a Sassa stanno andando avanti. Sarebbe un colpo da totocalcio. Anche perché porterebbe un grande indotto con altre ricadute occupazionali. Lavoriamoci”. Per quel che riguarda la proprietà dei terreni e della struttura, invece, il sindaco chiarisce che “la Banca è proprietaria. Il comune non la può requisire. Con la delibera di giunta, applicando l'art.17 della Convenzione, abbiamo di fatto annullato l'atto. Cosa comporta? Che il proprietario resta la Banca (che infatti assumerà l'esproprio) ma che i terreni tornano allo stato di destinazione urbanistica precedente. Il manufatto è divenuto quindi un abuso edilizio e deve essere abbattuto. La Banca non ci sta, i costi sarebbero enormi, ed ha già proposto due ricorsi. Se in Italia la giustizia funzionasse, avremmo un verdetto in tempi brevi, ma qui si parla di minimo 10 se non più anni. Allora stiamo ragionando per trovare un accordo. Il terreno viene espropriato, ma l'edificio resterebbe comunque loro (è complicato ma è così). Siamo in trattativa. Quanto vale il capannone? Quanto costerebbe la demolizione? Quale è la differenza? Troviamoci a metà strada sulla differenza. Facile no? Se il giochino riesce, a quel punto il Consiglio Comunale dovrà sanare lo stabile, visto che ora non esiste come destinazione urbanistica. Con quale destinazione? Nel programma di mandato attuale avevo proposto che vi andassero le imprese artigiane, con un meccanismo di investimento delle aziende come acconto di affitto. Adesso sono già quattro volte che incontro un'azienda che vorrebbe impiantare un'industria dolciaria. Posti di lavoro. A me l'idea piacerebbe da morire. Mi scorrono sempre davanti agli occhi i visi delle persone che disperatamente cercano lavoro. Oggi, giorno di ricevimento, ho parlato con almeno 15 famiglie in difficoltà”.

"Scusi sindaco - la replica di Dario Verzulli - ma come mai dalla documentazione del catasto urbano l'edificio risulta di proprietà comunale dal 3 aprile 2012 (particella 1070)? Dalla visura storica si evidenza il DPCM 1463 del 3 aprile 2012 che ha assegnato al comune tutte le aree e pertinenze dei progetti CASE inclusa la particella 1070 che identifica un edificio in costruzione. Cosa si può fare per far apparire il legittimo proprietario, cioè la banca che lei cita, nella scrittura del l'agenzia del territorio?”
“Ma può essere che pensate sempre di saperne di più?”, la risposta piccata di Cialente. “Alla prossima riunione vi invito come auditori. Forse è arrivato il momento che capiate i problemi che vi sono”.

“E' chiedere troppo di vedere le carte che attestano la proprietà di questa banca? E poi di quale banca si tratta? E perchè sapendo che l'immobile non è del Comune, lo si è inserito nel nuovo programma di mandato? Bluff elettorale, buon auspicio o altro?”. Le domande di Walter Cavalieri sono pertinenti, non c’è dubbio. Bisognerà aspettare il prossimo post del sindaco Cialente per capirci qualcosa di più. E’ la democrazia del web, partecipazione 2.0 alla maniera aquilana, evidentemente.

Possibile, viene da chiedersi, che una discussione tanto importante per il futuro della città debba consumarsi tra le pagine di un social network? E’ questa la partecipazione perseguita dall’amministrazione? “In una situazione del genere dovrebbero essere i cittadini, e ancor più quelli che ormai abitano lì intorno, a decidere il destino di quella megastruttura la cui permanenza in quello stato è un fastidioso pericolo reale, oltre che segno certo di degrado”, scrive Ezio Bianchi, dell’Assemblea cittadina.

“Questo sarebbe un caso tipico in cui la partecipazione potrebbe produrre effetti positivi, anche di coesione, in cui mettere realmente alla prova gli Uffici adibiti: smettiamola di giocare. Aver localizzato l'intervento C.A.S.E. tutt'intorno la struttura, purtroppo o per fortuna, ne ha definitivamente minato le già scarse possibilità di utilizzo commerciale: reperire oggi il rapporto con l'area obbligatoria da destinare a parcheggio è assurdo, e impossibile. Bisogna pensare altro. Questo è un dato concreto, com'è concreto l'abbandono da orami troppi anni, e il degrado! Rendiamo noti i progetti, le ipotesi, i vincoli eventuali, prendiamone coscienza tutti: siano i cittadini, informati, a determinare la destinazione”.

Siamo sicuri che un Urban center non servirebbe davvero?

Ultima modifica il Mercoledì, 29 Maggio 2013 13:51

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