A molti magari è sfuggito, ma nel ddl Boschi di riforma costituzionale appena approvato in seconda lettura al Senato ci sono due articoli che assestano un doppio colpo di mannaia agli stipendi dei consiglieri regionali e ai rimborsi corrisposti ai gruppi consiliari.
Vediamo di cosa si tratta.
L'art 34 del disegno di legge - Limiti agli emolumenti dei componenti degli organi regionali – recita: All'articolo 122, primo comma, della Costituzione, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e i relativi emolumenti nel limite dell'importo di quelli attribuiti ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione».
Il taglio dei compensi ai consiglieri – o, come ama chiamarli, ai parlamentari regionali – era stata una delle solenni promesse fatte da Luciano D'Alfonso nella vittoriosa campagna elettorale del 2014.
D'Alfonso, in particolare, aveva annunciato che gli stipendi - che attualmente si aggirano sugli 11 mila euro lordi al mese (i capigruppo, i presidenti di Giunta e Consiglio, gli assessori e i presidenti di commissione possono arrivare, però, anche a cifre più alte, oscillanti tra i 13 e i 15 mila euro) - sarebbero stati equiparati a quello percepito dal sindaco dell'Aquila (poco più di 4 mila euro al mese).
Annunci analoghi erano stati fatti anche da altri candidati, in primis Sara Marcozzi del Movimento Cinque Stelle.
Ad oggi, i pentastellati sono gli unici ad aver mantenuto gli impegni presentando un disegno di legge che propone di dimezzare gli emolumenti di assessori, presidente e consiglieri.
Arrivato in commissione bilancio la scorsa primavera, il testo del M5S, neanche a dirlo, non è mai stato discusso.
L'unico ad essersi sempre mostrato contrario a tagli e sforbiciate è Gianni Chiodi, che le ha bollate come estemporanee trovate demagogiche e propagandistiche. Secondo l'ex governatore, siccome i compiti e le responsabilità in capo ai presidenti di Regione sono di gran lunga superiori a quelle detenute dai sindaci, è giusto che i primi guadagnino di più.
Ora, quello che né D'Alfonso né i supi predecessori hanno fatto è stato fatto d'imperio dal governo.
La riforma costituzionale, com'è noto, non è ancora entrata in vigore: affinché diventi effettiva occorreranno un ulteriore passaggio alla Camera dei deputati e poi il referendum confermativo (in programma nel 2016).
La norma avrà due effetti pratici. Uno nazionale: i consiglieri regionali italiani non guadagneranno tutti la stessa cifra. Dipenderà dall’indennità che percepisce il sindaco del capoluogo. Cifra che non è per tutti i primi cittadini uguale, ma fissata da decreto ministeriale per fasce di popolazione.
L'altro effetto riguarda l'Abruzzo ed è la decurtazione di quasi due terzi delle buste paga dei consiglieri.
A questo colpo di scure se ne aggiunge un altro, contenuto nell'articolo 39 della riforma, che afferma: Non possono essere corrisposti rimborsi o analoghi trasferimenti monetari recanti oneri a carico della finanza pubblica in favore dei gruppi politici presenti nei Consigli regionali.
E' la misura che metterebbe fine ai ricchi rimborsi spese che i partiti e i gruppi presenti all'interno delle assise regionali prendono (quelli con i quali, per intenderci, pagano collaboratori, consulenti e assistenti) a mo' di forfait, sui quali, spesso, non c'è trasparenza circa il modo in cui vengono spesi.
Lilli Mandara, nel suo blog, ha fatto due calcoli su quanto hanno incassato, dall'inizio della nuova legislatura a oggi, i gruppi politici del consiglio regionale abruzzese: negli ultimi sei mesi del 2014, il Partito democratico che ha il gruppo più grande alla Regione, quindi da giugno a dicembre, ha incassato più di 233 mila euro e ne ha spesi 97 mila, di cui più di 60 mila solo di personale e 13 mila di consulenze, che in un anno raddoppiano. Forza Italia, cinque consiglieri, ha intascato 113 mila euro e rotti e ne ha spesi 77 mila, 45 mila solo per il personale. Il Movimento cinque stelle: 152 mila euro di entrate, 52 mila di uscite, con 27 mila e rotti per il personale”.