"Mafia e corruzione: il ruolo dei cittadini". Era eloquente il titolo dell'incontro organizzato martedì scorso dal presidio abruzzese di Libera e dalla Biblipaganica, all'interno della club house del Paganica Rugby, all'Aquila.
Presente Franco La Torre, responsabile di Libera Europa e figlio di Pio, parlamentare ucciso dalla mafia siciliana nel 1982, e presente anche il vice sindaco Nicola Trifuoggi. Con un tema così importante, e in un momento così delicato per L'Aquila – nell'occhio del ciclone per diverse vicende giudiziare che intrecciano più o meno intensamente amministrazioni pubbliche e ricostruzione privata – era inevitabile che, a un certo punto, il dibattito debordasse nell'attualità dell'Aquila post-sismica, piuttosto che attorno alle comunque sempre importanti riflessioni sulle mafie.
Quando si pensa a mafie e cittadini insieme, all'Aquila non può che venir in mente la ricostruzione privata: questo magma vulcanico privo di regole che vede protagoniste le case dei privati cittadini, pronte per essere ricostruite con soldi dello Stato. E' l'annoso – ormai cronico – problema di quella che è stata più volte definita "corruzione tra privati", anche se appare improprio parlarne in questi termini, perché non esiste nell'ordinamento un reato di "corruzione tra privati".
Ci si barcamena dunque tra privato e pubblico, legale e illegale, "mini gare" d'appalto e affidamenti diretti. Un mondo dentro al quale trova difficoltà nel navigare anche un magistrato esperto come Trifuoggi, sceso in politica dopo lo scandalo tangenti nel Comune dell'Aquila del gennaio 2014, e rimasto a suo agio, almeno finora, nel prestigioso ruolo di vice sindaco. Anche ieri, come sua recente abitudine, Trifuoggi non ha risparmiato critiche alla gestione della cosa pubblica all'Aquila negli anni del post-terremoto, dimostrando quell'atteggiamento da dentro-fuori che lo contraddistingue: un posto, quello del vice sindaco con delega alla "legalità" che sembra sempre di più un mix che unisce il ruolo di un controllore, con un quasi-commissariamento del sindaco Massimo Cialente.
"E' incredibile che, con tutte le tragedie che accadano in Italia ogni anno, non ci sia una legge quadro sulle emergenze", ha esordito ieri Trifuoggi, aggiungendo che nell'ambito della ricostruzione privata "è il sistema ad essere sbagliato". E questo sembra chiaro: c'è un controllo, anche blando, di pura natura documentale delle carte (comprese quelle riguardanti le certificazioni antimafia) presentate per ottenere il contributo a ricostruire l'edificio, ma non esiste nessun controllo in loco, per verificare la corrispondenza tra le carte e la realtà. Ed è lì che "ci si rifa' il bagno con le mattonelle d'oro", una sorta di contropartita dell'affidamento alle imprese che vanno a ricostruire, come alcuni cittadini hanno affermato ieri e come è vox populi da tempo all'Aquila e nel cratere abruzzese.
E' la contemporanea assenza di regole e controlli, che favorisce, ad esempio, una impresa senza dipendenti, che per conoscenze con i proprietari dell'edificio ottiene il lavoro e lo rivende, di fatto, al 70% dell'importo, a un'altra impresa. Guadagnandoci, senza colpo ferire, un succoso 30%. In un intreccio pericoloso di progettisti, tecnici, imprese, amministratori di condominio, presidenti di consorzi e proprietari: il ruolo dei cittadini, tra mafie e corruzione, appunto.
Certo, la maggioranza degli affidamenti è palcoscenico dell'onesta degli attori protagonisti, ma esiste una certa percentuale – non perseguibile per legge, lo ribadiamo – che si comporta come fosse al mercato.
Lo ha ribadito ieri anche lo stesso Trifuoggi: "All'Aquila esistono due grandi categorie. Anzi, una piccola e una grande: la prima è composta dai nobili e dall'alta borghesia della città, che ritiene di essere intoccabile. La seconda è fatta di tutti gli altri, che subiscono i notabili". E' probabile, aggiungiamo noi, che la prima categoria sia stata decisiva per l'elezione della maggioranza in Comune, di cui Trifuoggi è - che voglia o meno - importante esponente. Le "famiglie" che, si sa, tra le mura cittadine hanno sempre avuto un peso economico, politico e sociale rilevante.
Che fare, dunque, per risolvere i problemi della ricostruzione privata? Cambiare regole è ancora possibile e auspicabile, per un semplice motivo: non siamo alla fine della ricostruzione, ma solo all'inizio, soprattutto se consideriamo i lavori e gli affidamenti nei centri storici, compreso quello dell'Aquila capoluogo.
Messa l'anima in pace ormai da tempo su una legge quadro riguardante la gestione post-sisma (e magari uno strumento creato ad hoc che avrebbe potuto definire un compromesso nella dicotomia contributo-indennizzo), da più di un anno la dirigenza del centrosinistra aquilano – in primis la senatrice Stefania Pezzopane – parlano di una legge che, però, ancora non esiste.
Nel frattempo, permane lo status quo. Con una amara certezza: i palazzi dell'Aquila di domani avranno bagni bellissimi.