Lunedì, 02 Settembre 2013 15:54

Impianto di Piazza d'Armi, a breve l'inaugurazione: non mancano le polemiche

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Una struttura sportiva di cui andare fieri, all'avanguardia in Europa. Tra un mesetto, la data non è stata ancora confermata, verrà inaugurato il nuovo impianto d'atletica leggera di Piazza d'Armi. I lavori sono a buon punto: la pista del salto in lungo è pronta, in attesa della sabbia, così come le pedane del lancio del peso e del martello, del salto in alto e del giavellotto. Nei prossimi giorni si dovranno posizionare i seggiolini sulla tribunetta in legno che potrà ospitare fino a 600 spettatori e il manto della pista. Che si candida ad ospitare competizioni sportive nazionali ed internazionali. Sarà ad otto corsie bidirezionali, infatti, in gomma ecocompatibile “Mondotrack sx”, conforme alla normative vigenti IAAF e FIDAL. Per intenderci, lo stesso materiale utilizzato a Londra, in occasione dei Giochi Olimpici del 2012: l'ideale per un'ottima performance degli atleti. Così come l'altura della città dell'Aquila che si prepara, così, a divenire una delle "capitali" dell'atletica leggera.

Resta da sciogliere il nodo della gestione che, in questi giorni, sta facendo molto discutere. Ad oggi, infatti, i costi stimati superano i 60mila euro annui: un impegno rilevante che necessita di entrate adeguate. L'amministrazione comunale ha proposto alle quattro società d'atletica della città di gestire insieme l'impianto: una risposta è attesa entro il 10 settembre. Altrimenti bisognerà bandire una gara. E' chiaro, comunque che la struttura non potrà più essere aperta al pubblico, come in passato: potranno entrarvi solo i tesserati o chi deciderà di pagare un biglietto di ingresso. Nessun ingresso libero sarà più consentito. Non solo sulla pista, ma nell'intero impianto.

L'idea, insomna, è di dare in gestione l'impianto alle società che ne fruiranno che, in cambio, saranno chiamate ad attuare una politica di divulgazione dello sport tra i più giovani. In questo senso, il primo cittadino starebbe pensando ad una tassa sulla cultura (ossia destinare a sport e cultura una parte della tassa di occupazione del suolo pubblico pagata dalle Imprese e scaturita dall'annullamento dell'agevolazione) e alla gratuità in base al reddito Isee per i bambini della nostra città.

L'assessore allo sport, Emanuela Iorio, sembra avere le idee molto chiare: "Nella convenzione di gestione, il primo interesse esplicitato sarà la connotazione della pista, che è quella di struttura sportiva per l'atletica. D'altronde non si ha libero accesso agli impianti sportivi, non si ha libero accesso allo Stadio, non lo si ha alla pista di atletica di Rieti. Non lo si potrà avere neanche a L'Aquila. Nel merito basterà essere tesserati a società sportive o amatoriali per essere responsabilizzati da ciò che ne deriva e nell'utilizzo appropriato dell'impianto. Ricordo che adiacente alla struttura sportiva nascerà un grande parco urbano per la città".

Parole che hanno scatenato un polverone di polemiche. E riflessioni molto interessanti sul futuro degli spazi pubblici della città. "Piazza d'Armi era uno spazio pubblico ampiamente fruito dalla gente", ha scritto su Facebook l'antropologo e ricercatore universitario Antonello Ciccozzi. "Privatizzarlo significa usurpare un bene comune. Siccome è un gioiello non può essere per tutti... questo principio è in sé molto discutibile, ma diventa inaccettabile quando per fare questo gioiello si è sottratto un bene pubblico alla cittadinanza, in una situazione in cui c'è una carenza drammatica di ambiti di socializzazione (e va ricordato che la giunta aquilana è, a parole, di sinistra). Come minimo dovrebbero ristorare la popolazione con uno spazio equivalente a quello che era accessibile fino a qualche anno fa".

Pronta la replica dell'assessore Iorio: "Caro Antonello, ma sei dell'Aquila o vieni da Milano? Lo spazio di cui parliamo era diventato, inappropriatamente e per tanti anni, di uso comune. I risultati erano sotto gli occhi di tutti. Mi auguro che un professore universitario come te abbia la capacità di comprendere fino in fondo le scelte che questa amministrazione sta facendo per ottimizzare gli spazi sportivi che noi abbiamo o stiamo ricreando. Inoltre ti invito ad andare nel campo di atletica di Rieti o dello stadio Olimpico in Roma e provare ad entrare senza essere tesserato".

"Se quello spazio era diventato comune in modo spontaneo (dove, però, non mi pare per niente corretto il giochetto retorico di attribuire il degrado solo e unicamente all'inciviltà della popolazione, in quanto le strutture non erano curate dall'amministrazione), questo non vuol dire che il privatizzarlo non si traduca, in pratica, in una sottrazione", chiarisce l'antropologo. "Poi, può essere anche istituzionalmente lecita (e questo lo riconosco) ma il punto è che nella città, ad ora, non ci sono spazi pubblici decenti (e la direzione di questo recupero va nella sottrazione della fruizione comune, questo mi pare lecito rilevarlo come tendenza generale, seppure date le circostanze del caso è corretto che l'accesso sia condizionato). Speriamo che si recupererà con Piazza d'Armi (e infatti auspicavo che quello spazio sottratto all'uso pubblico potesse essere ristorato da un'alternativa, non mi pare un ragionamento poi tanto criprico)".

Riflessioni interessanti, dicevamo. La città soffre terribilmente la mancanza di spazi pubblici dove ri-creare il senso di comunità polverizzato dal sisma del 6 aprile 2009. E lo sport, in questo senso, potrebbe giocare un ruolo assai importante. In altre parole, se è vero che l'impianto andrà necessariamente curato e tutelato, evitando il degrado in cui versava la struttura di Piazza d'Armi, e che le principali strutture sportivi in Italia non sono certo aperte al pubblico, è vero anche che in una città come L'Aquila lo sport, e gli spazi pubblici più in generale, assumono significati e connotazioni ben più profonde che altrove.

Utile, in questo senso, un lavoro firmato da Elena Donaggio e Andrea Zorzi nel 2011: "Spazi per lo sport e città: politiche e pratiche per ripensare il welfare materiale". La tesi che si intende sostenere nel paper è che "riportare lo sport negli spazi pubblici, aiutandolo a non chiudersi nei luoghi e negli impianti in cui si è confinato e ripensandolo come una funzione rilevante della qualità e della vivibilità delle nostre città, può contribuire anche alla riappropriazione dello spazio pubblico da parte dei cittadini, favorendone al contempo la salute ed il benessere e ricostruendo un legame più stretto con i luoghi e con il territorio".

Un'idea che presuppone il ripensamento e la ridefinizione del concetto di sport e dei luoghi ad esso deputati unitamente alla promozione dell’attività fisica e sportiva. "Se si riguarda all’evoluzione degli spazi sportivi nella città, a partire da una fase in cui lo sport veniva praticato in luoghi dai confini spaziali assai poco definiti e molto accessibili, si è passati progressivamente a luoghi sempre più chiusi e rigidamente delimitati, con un accesso sempre più controllato", si legge nel lavoro di ricerca che raccoglie anche "casi ed esperienze di utilizzo di spazi pubblici per la pratica sportiva promosse in diverse città europee, che mostrano come sia possibile immaginare risposte innovative e sperimentali per integrare lo sport con il welfare locale e gli spazi collettivi della città".

Una lettura interessante, che vi consigliamo. Chissà che non significhi anche questo praticare partecipazione: coinvolgere la città e le sue intelligenze nel ripensare concetti comunitari e aggregativi. C'è ancora tempo per farlo. Magari a partire proprio dallo sport: si tratterebbe di un investimento sul futuro della ricostruzione, materiale e immateriale.

Ultima modifica il Lunedì, 02 Settembre 2013 17:44

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