Venerdì, 04 Luglio 2014 16:25

Francesco Landini: una star del Medioevo

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«Elli con ogni artista e filosofo gìo disputando non tanto della sua musica, ma in tutte l'arti liberali, perché di tutte quelle in buona parte erudito sì n'era.»  E’ con queste parole che nel Paradiso degli Alberti, Giovanni Gherardi definisce Francesco Landini e tutt’ora le opinioni su questo artista convergono nel riconoscere che il suo talento si espandeva in molteplici direzioni dalla composizione musicale a quella letteraria ed anche alla costruzione di strumenti musicali. Landini infatti realizzò uno strumento che chiamò syrena realizzato con l’unione di un liuto e di un «mezzo cannone», un modello trapezoidale di salterio tipicamente italiano.

Francesco Landini nacque a Fiesole nel 1325, Pirrotta però nei suoi ultimi studi fisserebbe questa data ad una decina di anni dopo. Francesco da bambino perse la vista a causa di un’infezione dovuta al vaiolo e venne così indirizzato agli studi musicali che rappresentavano una delle possibili carriere per i non vedenti. Bisogna tenere anche conto che era consueto trovare all’interno della stessa famiglia, e dello stesso ceto sociale, persone occupate  nello stesso ambito lavorativo. Francesco era infatti figlio del pittore Jacopo da Cosentino, ed i suoi fratelli, Matteo e Nuccio, furono rispettivamente pittore e musicista.

Probabilmente essendo il padre membro di una confraternita Francesco avrà cominciato ad avvicinarsi alla musica all’interno di essa. Nelle confraternite erano infatti presenti dei maestri che insegnavano ai fedeli ad intonare le laudi.
Sicuramente i suoi studi furono molto approfonditi, anche perché le testimonianze su di lui sono tutte concordi nell’affermare la sua preparazione musicale e letteraria. Scrisse infatti, oltre ad alcuni testi da lui musicati, anche  un poema in esametri dedicato al filosofo e francescano inglese Guglielmo di Ockham (1228 – 1349).
Landini fu organaro, organista e compositore e, verso il 1365, venne designato a ricoprire la carica di cappellano presso il capitolo di S. Lorenzo, dove figurava anche il compositore Lorenzo di Masino sino alla fine del 1372 anno in cui si colloca la morte di quest’ultimo.
Landini si occuperà di questo incarico fino alla sua morte che sopraggiunse il 2 settembre del 1397 a Firenze. Sulla sua lastra tombale, sormontata da due angeli musicanti rispettivamente raffigurati uno con la viella e l’altro con il liuto, c’è un’iscrizione di attribuzione incerta che recita:

Privato della vista, ma dalla mente capace di melodiosi canti, Francesco, il solo che sopra tutti la Musica elevò, qui ha le ceneri, oltre le stelle l'anima

Le attestazioni di stima nei confronti del Landini non si esauriscono nell’epitaffio sulla sua tomba, ma numerose sono le testimonianze che ce lo raffigurano come uno dei musicisti più apprezzati della sua epoca. Filippo Villani, Coluccio Salutati, Cino Rinuccini, Giovanni Gherardi, in diversi modi ma in maniera concorde testimoniano la sua fama presso i suoi contemporanei e non solo.  Lo storico fiorentino Filippo Villani (1325-1407) gli dedicò un capitolo, ancora vivente, del suo Liber de origine civitatis Florentie et eiusdem famosis civibus affermando che Francesco Landini era superiore a tutti i musicisti a lui contemporanei sebbene fosse cieco. Giovanni Gherardi da Prato gli dedicherà una lunga pagina nella sua opera Il Paradiso degli Alberti; in questo lavoro Landini è ritratto nella cerchia degli intellettuali che si incontravano presso la casa di Antonio di Niccolò degli Alberti.

Nella descrizione che Gherardi ci offre di Francesco Landini è di grande rilievo il fatto che lo definisca «musico teorico e pratico», unendo così in Francesco quelle competenze che erano ritenute separate dai teorici. Boezio infatti indicando le tre categorie di coloro che avevano a che fare con la musica, teneva separati i cantores, vale a dire gli esecutori sia musicisti che cantanti, i poetae che realizzavano musica e poesia e i musici cioè i teorici della musica.  Il Gherardi con la sua definizione afferma quindi che Landini supera questa divisione, aggiungendo inoltre che era anche «in buona parte erudito», tanto da poter competere con gli altri intellettuali in tutte le arti liberali.
Probabilmente la considerazione di cui godeva ha fatto in modo che «Francesco degli organi», così come veniva chiamato, sia stato il compositore medievale italiano di cui ci sono state trasmesse il maggiore numero di opere: 141 ballate, 12 madrigali, una caccia e un virelai, scritti per due e tre voci, ed i manoscritti che dedicano il maggior spazio a Landini sono il Panciatichi 26 della biblioteca nazionale di Firenze, ed il codice Squarcialupi.

La sua notorietà inoltre fece si che i suoi brani fossero presenti anche in raccolte europee e che gli stessi fossero utilizzati in forma di «cantasi come». Un esempio di questa prassi, ma anche della diffusione della sua musica, lo riscontriamo nel codice abruzzese di Guardiagrele (CH) del XV secolo, in cui è presente un Agnus Dei, inciso nel 2002 dall’ensemble Aquila Altera e dall’ insieme vocale aquilano Le Cantrici di Euterpe,  che è il contrafactum della ballata Questa fanciulla, amor.

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