Vietato l’accesso ai non addetti ai lavori. Di cartelli con questa scritta il nostro centro storico è pieno, e quest’anno dopo cinque anni sembra che i lavori siano partiti davvero.
Tanti i cantieri aperti, se ne ha una percezione reale solo passeggiando nei vicoli alle prime ore del mattino. Camion di ogni genere e dimensione, gru e travi che danzano sospese sui tetti dei grandi palazzi insieme all’odore di polvere e cemento, a gruppi di giovani operai e alle immancabili forze dell’ordine che si aggirano supervisionando il tanto atteso, difficile, e chiacchierato processo di ricostruzione della città.
Ovviamente, dicevamo, l’accesso ai cantieri e agli edifici puntellati è vietato ai non addetti ai lavori. Ma oggi, per un giorno, l’addetta ai lavori ero anch’io. Infatti, mi è stato chiesto di recarmi, insieme ad un collega e per conto dell’Università, a Palazzo Camponeschi, la storica sede della Facoltà di Lettere e Filosofia. Una motivazione un po' triste ci ha portato lì, che però ha generato in me il solito, eccessivo, senso del dovere: il recupero di libri e materiali dallo studio del compianto Prof. Gaetano Messineo, docente di Archeologia Classica scomparso nel 2010.
Non ci ho pensato molto fino a ieri sera, quando ho messo a caricare la macchinetta fotografica convinta di non poter perdere l’occasione di fissare nella memoria le immagini di un palazzo dove non ero più entrata dall’aprile 2009 e dove potrò tornare chissà quando. Mi sono chiesta, mi emozionerò? Non sarà facile per me rientrare nello studio del professore che fino al 2009 seguivo con costanza, essendo sua studente e poi sua laureanda, quel professore a cui devo la forte passione per l’archeologia e la storia del mondo antico. In fondo, se oggi sono in viale Nizza, dopo 10 anni, nel Laboratorio di Archeologia Medievale, lo devo anche a lui.
Le sue lezioni erano resoconti del grand tour dei viaggiatori del passato, erano fotografie di luoghi splendidi vicini e lontani raccontate con quel luccichio negli occhi che faceva sembrare ogni cosa l’ottava meraviglia del mondo. Dall’Asia Minore e la Grecia fino a Roma e all’Abruzzo. Nello studio del Prof. Messineo abbiamo trovato tutto questo. Libri, appunti, diapositive, tesi di laurea, vecchie fotografie: difficile stabilire cosa prendere subito, cosa tenere da parte per la biblioteca che verrà, cosa lasciare al tempo, alla rovina, all’immondizia.
Come in un trasloco. Come in una fase che si chiude, anzi, che si è chiusa da tempo. E che ha coinvolto tutti i professori della vecchia facoltà: i corridoi puntellati di Palazzo Camponeschi, con pavimento divelto e macerie qui e là, sono costellati di scatoloni con i nomi di tutti, che sono lì in attesa di esser trasportati nei magazzini dell’università, a Bazzano, perché nella nuova sede non c’è spazio.
Ho avuto il tempo di “gustare” questo ritorno al passato, nelle tre ore impiegate per inscatolare tutto. Ho avuto il tempo di fotografare senza troppa esitazione quello che vedevo intorno, con attenzione a particolari come la leggendaria aula F con la sua pantera sulla porta, o le bacheche con gli annunci di cercasi case e cercasi libri. Ho fotografato anche angoli nascosti che il terremoto ha svelato: un camino, comparso in aula F, l’intelaiatura originale in paglia della volta sulle scale, e il tetto originale in legno, visibile solo oggi che i soffitti son venuti giù.
Abbiamo finito il nostro lavoro, adesso anche gli scatoloni di Messineo si sono aggiunti agli altri. Ci avviamo all’uscita, non senza dare uno sguardo agli altri studi e all’aula magna, dove sono ancora accatastati, intatti, divanetti, tavoli, armadi, persino un pianoforte. Mi affaccio nel cortile, arrivo fino in fondo al corridoio del piano terra, dove non senza una bella dose di ansia puntualmente noi studenti ci spingevamo con passo solenne per iscriverci agli esami sui cari vecchi registri cartacei.
Ah! Saluto Palazzo Camponeschi. Chiudo il grande portone di legno. Un po' di nostalgia, ma una serena e forse fredda certezza. Quello è un tempo che non c’è più. E dunque, come in ogni trasloco, avanti.
La fotogallery