Venerdì, 12 Giugno 2020 19:48

Set fermi e sale chiuse, il cinema prende tempo, magari il virus andasse via col vento

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SET AD ALTO RISCHIO – Sono le compagnie assicurative le protagoniste dei set cinematografici che non ripartono. Dopo l’accordo tra le associazioni di categoria sul protocollo di sicurezza per gestire le riprese sul set, tra tecnici, attori, autori, ci si è arenati sulla questione: che succede se le riprese di un film o di una serie dovessero bloccarsi a causa di un focolaio Covid sul set? Chi pagherebbe?

Nessuno, per ora. Fulvia Caprara su La Stampa riassume la situazione del blocco delle riprese in Italia, ascoltando alcuni dei soggetti coinvolti, tra questi il produttore Agostino Saccà reclama un coinvolgimento più diretto dello Stato in questo meccanismo di tutele. Ricorda che Netflix copre i rischi produttivi al 70% e così la tv pubblica tedesca, mentre la Rai non ha i fondi necessari a causa del canone basso, dice.

La partita è anche internazionale perché un mercato produttivo fermo impedisce anche le riprese di produzioni estere, si pensi a Mission Impossible che doveva essere girato a Venezia con Tom Cruise, si pensa ora a settembre. A Hollywood invece dal 12 giugno le riprese potranno svolgersi  secondo le direttive del dipartimento alla Salute Pubblica dello stato della California.

VORREI MA NON CONVIENE - Dal 15 giugno le sale cinematografiche italiane possono riaprire, in molti sceglieranno di non farlo, per i vincoli imposti dalla legge, ma anche per il timore di investire per adeguare le sale alle norme anti Covid e poi vederle vuote.

E cosa si potrà vedere in estate al cinema, stagione notoriamente debolissima per l’afflusso di pubblico?

Ci vogliono almeno 50 giorni per non dire 60 per posizionare un film e questo lo abbiamo detto al ministero. Noi stiamo lavorando a questo punto non sul breve ma sul medio termine. Per ora insieme all'Onward di Disney un gruppo di film non inediti del tutto tenta di ricongiungersi al pubblico nel buio della sala o all'aperto di un'arena: una piccola pattuglia di coraggiosi da prima linea all'arrembaggio: Un figlio di nome Erasmus di Alberto Ferrari (1 luglio), Gli anni più belli di Gabriele Muccino (15 luglio), Non nascondermi di Giorgio Diritti (15 agosto in arena, 20 in sala) e poi ancora il film Oscar 1917, il 'vincitore' dei Nastri Il Traditore di Marco Bellocchio, il Pinocchio di Matteo Garrone, l'ultimo Men in black. Per i film-bazooka bisognerà aspettare. Quanto a Tre Piani di Moretti, siamo nelle mani di Nanni, deciderà lui, è un grande autore e lo rispettiamo”, dice all'ANSA Luigi Lonigro, presidente della sezione distributori dell'Anica e direttore di 01 Distribution

Intanto sulle piattaforme streaming continuano ad uscire film in prima visione, come quello di Da 5 Bloods di Spike Lee o quello di Claudio Amendola: Il permesso - 48 ore fuori, solo per citare i titoli di questa settimana. E sarà l’estate dei cinema all’aperto che in questi giorni hanno anche accusato l’Anica di ostacolarli nel noleggio dei film già passati al cinema, l’Anica (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Multimediali) nega, ma è evidente che le rassegne estive possano togliere pubblico ai pochi cinema che stanno riaprendo.

LA FABBRICA DEI SOGNIVia col vento, il film di Victor Fleming, ritirato dalla piattaforma HBO Max dopo le proteste seguite all'uccisione di George Floyd, da parte della polizia di Minneapolis. Il film, girato nel 1939, presenta la sua versione della storia americana e dello schiavismo, frutto dei tempi in cui fu girato. HBO dice che lo renderà di nuovo disponibile preceduto da un intervento critico di contestualizzazione storica. Segue dibattito sulla stampa sull’opportunità della decisione, intanto Netflix, ad esempio, continua ad avere il titolo in catalogo, senza aggiungere altro. Ma se parliamo di storia del cinema e di film che hanno raccontato il loro tempo dovremmo allora cancellare molta parte dei western, solo per citare un esempio.

Internazionale ha riproposto una riflessione di Igiaba Scego sul film e sul personaggio di Mammy, dice l’autrice: “Non ero la remissiva gattamorta Melania e non ero di certo la spumeggiante Rossella O’Hara. Il mio cuore era tutto suo, di Mammy, succube di quella donna con la sua inquietante presenza di schiava obbediente...Ogni millimetro della sua pelle nera, nera come la mia, era umiliato. Ma lei non ci faceva caso. Non sentiva l’orgoglio della razza. Sentiva solo tanta benevolenza verso i bianchi che le avevano tolto la libertà”. Poi ricorda Hattie McDaniel, l’attrice che la interpretò “quando l’occasione arrivò, fece quello che Hollywood le chiese di fare. Ed è così che interpretò quasi trecento ruoli tra domestica e cuoca. Ma sarà proprio la Mammy di Via col vento a darle una notorietà incredibile. Purtroppo quello che sembra il raggiungimento di un traguardo, spesso è anche intriso di amarezza e ingiustizia. La sera degli Oscar Hattie fu fatta sedere lontano dagli altri. Nella foto di gruppo non è presente. Come del resto non festeggiò con gli altri attori del cast di Via col vento. Aveva mancato una serie di proiezioni pubbliche, tra le quali la prima ad Atlanta, perché nell’America della segregazione razziale a una nera non era consentito occupare lo stesso spazio dei bianchi... Hattie era consapevole delle barriere tra lei e il mondo. La sera dell’Oscar andò a festeggiare con i suoi amici afroamericani e, anche se il suo pianto durante la cerimonia dell’Oscar fu un filino retorico, la sua realtà di donna emancipata nera non lo era per niente. Certo non si era impegnata come altri afroamericani per i diritti civili, ma cercava a suo modo di rompere un meccanismo”. In una sua dichiarazione, riportata dall’Hollywood Reporter, diceva: “Preferisco interpretare una serva, piuttosto che esserlo nella vita vera”.

Tratto da: Hai letto di... #83 - frankenstein discrezionale di notizie di cinema, 7-12 giugno 2020

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