UN ANNO PRIMA - Lo scorso anno, dopo la brusca interruzione di marzo, i cinema riaprirono il 15 giugno, ma molte sale scelsero di non farlo, anche perché estate e primavera sono solitamente stagioni meno ricche di film ‘forti’ e di pubblico numeroso. Nei dati complessivi si arrivò a un -92% degli ingressi.
Il sito del Cinetel che registra gli incassi cinematografici in Italia, fino al luglio 2020 vedeva al primo posto Tolo tolo di Checco Zalone, da gennaio, con più di 46 milioni, seguiva Me contro te – il film con 9 milioni e mezzo di euro, circa e Odio l’estate di Massimo Venier con 7.464.691 euro. Il bilancio complessivo per il 2020 di tutto il comparto spettacolo lo fornisce la Siae: eventi ridotti del 69,29%, gli ingressi del pubblico crollati del 72,9%, la spesa del pubblico, nel confronto con il 2019, è diminuita dell'82,24% ovvero di oltre 4,1 miliardi di euro.
APRIRE PER INCASSARE - Nelle scorse settimane abbiamo appreso che in Cina, durante il periodo del capodanno cinese, i cinema hanno ripreso la loro programmazione con incassi in linea con quelli degli anni precedenti, ma per film prodotti in casa, non per i blockbuster hollywoodiani che hanno per lo più scelto la via dello streaming, scrive Paolo Salom sul Corriere della sera che il dato impensierisce i grandi produttori americani. Dal 5 marzo invece, a New York, le sale dovrebbero tornare in funzione, con accesso ridotto al 25 per cento e obbligo di tenere la mascherina, parola del governatore dello Stato, Andrew Cuomo. L’apertura verrà sfruttata da Disney per il lancio di Raya e l’ultimo drago.
In Europa teatri e cinema sono chiusi in Francia, Germania, Regno Unito, Belgio, Portogallo. E in Italia si sta discutendo sulle decisioni da prendere; cauto, ma possibilista, il ministro Dario Franceschini, cui fa eco Francesco Rutelli, presidente Anica (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive) che augura una riapertura meditata che non induca a richiudere a stretto giro, mettendo in crisi un sistema complesso. Si rincorrono i pronostici sulla data della riapertura, tra fine marzo e inizio aprile.
E il 23 febbraio i lavoratori dello spettacolo sono scesi in piazza con l’iniziativa "Torniamo a fare spettacolo", organizzata dai sindacati Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom per chiedere la programmazione della riapertura dello spettacolo dal vivo e del cinema con protocolli di sicurezza, indennità, ristori e investimenti mirati.
FUORI SALA - Intanto la produzione e distribuzione audiovisiva non è ferma e il panorama continua a evolvere velocemente, consolidando i mutamenti in corso da prima della pandemia. YouTube ha pagato più di trenta miliardi di dollari a organizzazioni, creatori e artisti negli ultimi tre anni. Lo ha annunciato l’amministratrice delegata dell’azienda, Susan Wojcicki. “La pandemia ha accelerato le nostre vite digitali. Durante il primo trimestre dello scorso anno, abbiamo registrato un aumento del 25 per cento del tempo di visualizzazione in tutto il mondo”, riporta Gaia Berruto su Internazionale.
Nasce ancora una nuova piattaforma streaming, è Paramount+, in abbonamento, negli Stati Uniti debutterà il 4 marzo con film e serie tv. Netflix per il 2021 dovrebbe aprire la sua sede a Roma e varare un piano di assunzioni per la produzione di film e serie tv italiane.
FILM NON SOLO CONTENUTI - In questa vorticosa produzione di “contenuti” chiudiamo con la riflessione/saggio di Martin Scorsese su Harper's Magazine in cui analizza il cinema di Federico Fellini, per sottolineare come una certa idea di cinema, inteso come arte, metafora, evocazione visiva, sia sempre più residuale nei circuiti produttivi e distributivi contemporanei, rivolti al grande pubblico.
Cinema come arte o cinema come industria e intrattenimento, il binomio che da sempre ha accompagnato la storia del cinema. Secondo il regista lo streaming fa male al cinema, pur riconoscendo che Netflix e Apple hanno permesso di realizzare The Irishman, e Killers of the Flower Moon, tuttavia “l'arte del cinema viene sistematicamente svalutata, messa da parte, sminuita e ridotta al suo minimo comune denominatore dalla concettualizzazione dei film come contenuto[…]Non più di 15 anni fa il termine 'contenuto' era utilizzato solo da persone che discutevano di cinema a un livello serio, mettendolo in relazione e misurandolo in rapporto alla forma”, ossia alle soluzioni visive usate per rappresentare un determinato contenuto. Poi, "gradualmente, è stato utilizzato sempre più dalle persone che hanno rilevato le società dei media, molti dei quali non conoscono la storia del cinema come forma d'arte, e nemmeno si preoccupano di doverla conoscere”.
“Contenuto' - prosegue - è diventato un termine commerciale applicato a ogni immagine in movimento: un film di David Lean, un video con i gatti, uno spot del Super Bowl, il sequel di un film di supereroi, l'episodio di una serie tv. Legato, ovviamente, non all'esperienza in una sala ma alla visione da casa, sulle piattaforme di streaming che sono arrivate a superare l'esperienza cinematografica, proprio come Amazon ha superato i negozi fisici”.