Martedì, 26 Aprile 2016 21:48

Perquisizioni nelle scuole. Anche L'Aquila si interroga. Giusto? C'è chi dice no

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Il tema ha raggiunto una certa rilevanza nazionale tramite la cassa di risonanza offerta dal caso del Liceo "Virgilio" di Roma, che ha acceso un forte dibattito e portato ad esporsi anche personaggi della politica nazionale.

Parliamo delle irruzioni da parte della Polizia nelle scuole medie superiori che avvengono un po' in tutta Italia. Anche a L'Aquila.

Controlli giusti e rassicuranti per alcuni, inutili metodi repressivi contro i ragazzi per altri. 

Quest'anno nelle scuole del capoluogo d'Abruzzo sono avvenuti in almeno due occasioni, entrambe con l'ausilio di cani dell'unità cinofila, in un periodo di tempo ravvicinato: il 7 aprile presso il Liceo Cotugno (per la prima volta nella sua storia) - e nell'Istituto Colecchi di Colle Sapone e poi il 13 dello stesso mese presso il Liceo Scientifico.

"Sono entrati all'improvviso dentro le classi alcuni agenti più il cane", racconta il rappresentante d'Istituto del Cotugno, William Giordano. "Ai ragazzi è stato chiesto di mettersi in fila nel corridoio mentre il cane annusava gli zaini, poi anche gli studenti venivano annusati nel corridoio uno a uno".

Risultato complessivo dei blitz, che ha riguardato scuole con migliaia di studenti, 15 grammi di hashish e marijuana sequestrati in un Istituto a quattro diversi studenti segnalati alle autorità per uso personale e sospesi per cinque giorni dalla scuola, e due grammi sequestrati ad ignoti in quanto rinvenuti dal cane nascosti dietro un termosifone.

E' giusto riservare tale trattamento a ragazzi tra i 14 e i 18 anni, senza tra l'altro poi ritrovare quantità di cannabis (e solo di cannabis) che lascino intendere scenari di spaccio o a qualche tipo d'emergenza? Che messaggio si invia ai ragazzi?

A rompere il silenzio tra il corpo docente è l'insegnante di religione dell'Istituto Colecchi, Luca Del Beato: "All'improvviso - racconta Del Beato riguardo il blitz nella sua scuola - normalissimi ragazzi che non hanno mai creato nessun problema, che non sono spacciatori né tantomeno dei prevaricatori, gli stessi che magari prendevano applausi per una recita scolastica, per qualche canna ritrovatagli addosso per uso personale, sono stati additati come dei 'pochi di buono', dei 'falliti', e sospesi per cinque giorni. Perché non va messo in secondo piano che la perquisizione avviene in un luogo pubblico e lascia una certa umiliazione ed un grosso imbarazzo. Qualcosa che ha zero valore pedagogico e da cui non si capisce bene cosa si voglia ottenere".

Secondo Del Beato "puoi avere un risultato pedagogico quando conquisti la fiducia, il rispetto e anche l'affetto di un ragazzo perché noi stiamo a scuola e non in una caserma dove devi avere per forza come primo riferimento il rispetto dell'autorità. Sono convinto che invece parlando, informando, confrontandosi, innanzi tutto si realizza quello che è più propriamente lo scopo della scuola e si evitano questi imbarazzi forti".

Mancanza di informazione, e necessità invece di momenti collettivi e dell'inizio di un dibattito, sembrano essere gli stessi argomenti utilizzati anche dagli studenti: "Se c'è un incremento di utilizzo delle sostanze da parte dei ragazzi bisognerebbe interrogarsi soprattutto dentro la scuola", afferma ancora Giordano, rappresentante al Cotugno. "Invece, senza aver mai fatto un'analisi o un percorso di informazione e sensibilizzazione, ci ritroviamo con la Polizia che entra  con i cani nelle classi per cercare qualcosa che poi alla fine neanche viene trovato. L'intervento è stato chiamato di 'prevenzione', a me non sembra: questo è solo controllo, segnalazione e punizione. Non è davvero la strada giusta"

Di proibizionismo e possibili alternative parla anche il rappresentate dello Scientifico Alessandro Conti: "Il fatto che la Polizia entri a scuola secondo me è lecito perché svolge la sua mansione. Il problema è a monte. Credo sia ancor più giusto depenalizzare le droghe leggere per regolamentarne e limitarne l'uso facendo informazione. Invece così sembra di stare nell'epoca del proibizionismo in America".

Recentemente anche la Direzione nazionale antimafia ha parlato di "fallimento della repressione" e di "depenalizzare" la Marijuana. Anche perché un'uscita di questa sostanza dai territori dell'illegalità, permetterebbe di fare finalmente informazione ai ragazzi che ne fanno uso, allontanandoli dai possibili abusi e magari dal contatto diretto con altre droghe.

"Capisco la preoccupazione dei genitori - continua il professor Del Beato - ma credo che questa sia figlia di un'immagine sbagliata che gli hanno propinato del fumatore di marijuana. Bisogna fargli capire che innanzitutto quel figlio non è un drogato come pensano, quando invece questi sono ragazzi che conservano intatta la ricchezza della loro narrazione interiore, che non s'impreziosisce certo segnalandoli, punendoli e additandoli pubblicamente. Poi chiaro che le esagerazioni valgono per tutto. Se dedichi la tua vita a fumarti le canne, qualcosa che non va c'è. Si tratta di non abusare".

 

MA PERCHE' A SCUOLA?

Di fronte a questi blitz sorge spontanea la domanda riguardo la necessità di farli a scuola durante l'orario di lezioni coinvolgendo migliaia di studenti. Quando la Polizia ha mezzi ed informazioni a sufficienza per stanare quando e dove vuole gli eventuali spacciatori. E' come se - rovesciando lo Stato di diritto - lo studente dovesse in qualche modo dimostrare la sua innocenza. Interessante in tal senso il contributo che un professore Bolognese, Antonio Vigilante, ha dato dopo aver assistito ad un'irruzione della Polizia nella sua classe avvenuta mentre stava parlando di Martin Heidegger:

"Quando io vengo a casa tua – perché la scuola è la casa degli studenti – e ti sottopongo a perquisizione, io ti sto dando diversi messaggi. Il primo è che ti considero una persona poco raccomandabile. Non è una questione personale: può essere che tu sia a posto, ma è poco raccomandabile la categoria cui appartieni. Il fatto stesso che si facciano controlli antidroga è una conseguenza dell'infimo status degli adolescenti nella nostra società. E' risaputo che l'alcol fa in Italia diverse migliaia di morti e causa tragedie terribili. [...] La droga, che fa meno morti dell'alcol, è invece roba da adolescenti, da ragazzetti, da soggetti con uno status marginale: dei minus habentes. E' significativo che il consumo e lo spaccio di hashish e marijuana siano perseguiti con molto più zelo del consumo e dello spaccio di cocaina, una sostanza molto diffusa tra soggetti dotati di uno status anche considerevole, come professionisti e politici. Non è la sostanza stupefacente il problema. Se così fosse, l'alcol sarebbe proibito. Il problema è chi consuma, non cosa consuma"

 

IL RUOLO DEI PRESIDI

Nel caso del Liceo Virgilio, a cui si fa riferimento all'inizio dell'articolo, le polemiche più aspre sono state rivolte verso la Preside dell'istituto Irene Baldriga. Molti ragazzi dopo l'ingresso e l'arresto di un ragazzo dentro la scuola, hanno dato vita prima a un'assemblea spontanea, poi ad una manifestazione di protesta. Il fronte dei genitori si è sostanzialmente spaccato in due. A Firenze invece un Preside, tra mille difficoltà, ha detto no alle perquisizioni nella sua scuola.

Questo giornale ha provato a contattare la Preside del Liceo Cotugno, la professoressa Fiorenza Papale, che purtroppo si è sottratta al telefono. Eppure un adulto, soprattutto per il ruolo che si trova a ricoprire, dovrebbe dare l'esempio e prendersi le proprie responsabilità. L'invito per una breve intervista comunque è sempre valido.

I Presidi sono avvertiti preventivamente dei Blitz della Polizia? Diciamo che il contrario sarebbe difficile da pensare.

Sono d'accordo? Evidentemente sì, ed un'intervento pubblico degli stessi contribuirebbe a spiegare e diffondere le ragioni della loro scelta. 

D'altronde anche la posizione dei direttori scolastici è molto delicata (ancor più forse dopo la riforma della Buona scuola) e anche nel caso non fossero pienamente d'accordo sulla consonanza di un intervento poliziesco, nello spazio dedicato alla pedagogia da loro presidiato, non sarebbe semplice mantenere la loro posizione. In più, una volta accettato l'intervento, sarebbe opportuno accertare che i presidi garantiscano un loro monitoraggio durante l'intervento della Polizia. Quanto accade in strada, è giusto avvenga anche a scuola mentre si sta ascoltando una lezione su Nietzsche?

Non ci resta che continuare a sollecitare un dibattito che appare solo agli inizi e che percorre tutto il Paese.

 

VERSO UN'ASSEMBLEA?

"Dovremmo sicuramente avere un momento di collettività perché siamo rimasti un po' perplessi da quello che è successo. Questo perché non ce l'aspettavamo e perché hanno fatto un ragionamento diverso da quello di voler fare una discussione, che magari coinvolgesse anche l'autorità con la presenza della Questura", è il pensiero di William Giordano, che chiosa: "Perché tanto dopo un intervento del genere non cambia niente e chi si faceva le canne continua a farlo. Anche a scuola."  

Ultima modifica il Mercoledì, 27 Aprile 2016 14:38

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