E' stato condannato alla pena di due anni e otto mesi di reclusione Giorgio D'Ambrosio, ex deputato del Partito Democratico ed ex presidente dell'Ato 4 di Pescara.
Il tribunale di Pescara, presieduto dal giudice Rossana Villani, lo ha riconosciuto colpevole di peculato, per aver utilizzato l'auto e il telepass a disposizione dell'ente, per una serie di viaggi a Roma tra il 2006 e il 2007. La condanna rientra nell'ambito del processo al cosiddetto "partito dell'acqua", che negli anni scorsi ha fatto parlare di sé fuori e dentro le aule di tribunali, per una serie di attività nell'ambito dell'Ato pescarese.
D'Ambrosio è stato condannato anche a risarcire di 5mila euro l'associazione Codici, costituitasi parte civile. Il pubblico ministero aveva chiesto sei anni di reclusione. Si tratta tuttavia di una parziale vittoria per D'Ambrosio, prosciolto insieme agli altri imputati dalle più pesanti accuse di corruzione nell'ambito del servizio idrico pescarese.
L'ex parlamentare dem era risalito alla ribalta delle cronache politiche regionali a causa della sua travagliata possibile candidatura alle ultime elezioni regionali, con un braccio di ferro tra la coalizione di centro sinistra e il suo candidato, poi diventato governatore, Luciano D'Alfonso, che inizialmente avrebbe voluto utilizzarlo come cavallo di battaglia nella lista del Centro Democratico [leggi l'articolo].
Per quanto riguarda i presunti reati di falso e abuso d'ufficio - in relazione a una delibera dell'Ato sulla proroga di alcuni incarichi e per altri aspetti attinenti le procedure di affidamento - è scattata invece la prescrizione per lo stesso D'Ambrosio, per il dirigente dell'Ato Nino Pagano, per l'ex sindaco di Montesilvano (Pescara) Pasquale Cordoma, per l'ex primo cittadino di Francavilla al Mare (Chieti) Roberto Angelucci, per gli ex componenti del cda dell'Ato Gabriele Pasqualone e Franco Feliciani e per l'ex dirigente dell'Ato Alessandro Antonacci.
Assolti tutti gli imputati per i reati di corruzione, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsità ideologica, distruzione di documenti, truffa ai danni dello Stato, e per ulteriori episodi di abuso d'ufficio e peculato. Sono inoltre cadute le contestazioni riguardanti il caso della presunta laurea comprata da D'Ambrosio, con la complicità del docente dell'università D'Annunzio Luigi Panzone (anche lui assolto).
Tra 90 giorni si conosceranno le motivazioni della sentenza.