Mercoledì, 22 Giugno 2016 20:12

Sversamenti in mare, chiesto il rinvio a giudizio per il sindaco di Pescara Marco Alessandrini

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I sostituti procuratori del tribunale di Pescara Anna Rita Mantini e Mirvana Di Serio hanno chiesto il rinvio a giudizio per il sindaco di Pescara Marco Alessandrini, il suo vice, Enzo Del Vecchio, e il dirigente comunale Tommaso Vespasiano, "per concorso in omissione di atti d'ufficio".

L'inchiesta è quella relativa alla rottura della condotta dell'impianto di depurazione di via Raiale avvenuta il 28 luglio 2015, a causa della quale finirono in mare più di 30 mila metri cubi di liquami.

Secondo l'accusa, il Comune non diede subito indicazioni per imporre il divieto di balneazione, che arrivò solo il 3 agosto. In quei cinque giorni cittadini e turisti continuarono a farsi il bagno ignari dei rischi.

Scrivono i pm - lo riporta Il Messaggero - che Alessandrini, Del Vecchio e Di Serio "omettevano di emanare idonei provvedimenti amministrativi volti a tutelare la salute pubblica e ad impedire la pubblica balneazione di quel tratto costiero".

"Pur avendo avuto - si legge sempre nell'imputazione - piena contezza (in particolare direttamente Vespasiano e Del Vecchio) che sin dal 23 luglio il tratto di mare ricompreso entro il perimetro di costa antecedente quella di via Balilla e il porto di Pescara, fosse non idoneo alla balneazione (poiché le analisi di routine dell'Arta, eseguite il 21 luglio, accertavano il rilevante superamento dei parametri di legge) per il valore dell'escherichia coli; pur verificando (tutti) che a seguito della rottura dell'impianto di depurazione di via Raiale, intervenuta in data 28 luglio 2015, vi era stato un rilevante riversamento in mare di fanghi da sottoporre a smaltimento, omettevano di emanare i divieti di balneazione".

All'inizio Alessandrini era indagato per falso, accusa poi derubricata a omissione di atti d'ufficio (meno grave dal punto di vista penale). Tuttavia il gip che archiviò scrisse: "Nel caso in esame appare certo che entrambe le ordinanze (413 e 415) formate in data 3 agosto 2015, non rispondenti al vero unicamente nella parte relativa alla data di formazione dell'ordinanza 413, non solo non sono state mai pubblicate, ma emerge inequivocabilmente, proprio dalle risultanze dell'attività tecnica, che gli indagati, sin dal momento della loro stesura, non avevano alcuna intenzione di darne pubblicazione e quindi di creare un'apparenza di atto ordinatorio da attuarsi in frode ai suoi diretti destinatari, ma semplicemente di formare un atto meramente interno, volto a giustificare, in ambito meramente politico, le valutazioni operate nella problematica insorta".

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