“Il commissario alla ricostruzione di Amatrice e degli altri borghi colpiti dal terremoto dovrebbe essere Daniele Kihlgren”.
A dirlo è stato Vittorio Sgarbi nel corso della trasmissione In Onda, su La 7.
Ai conduttori, Tommaso Labate e Davide Parente, Sgarbi ha detto che “esiste un modello di ricostruzione da seguire ed è quello di S. Stefano di Sessanio, di Daniele Kihlgren che, quindici anni prima del terremoto dell'Aquila, prese un borgo e lo ristrutturò così bene che, quando arrivò il sisma che distrusse ogni cosa intorno, a S. Stefano crollò solo la torre che era stata rinforzata con il cemento armato mentre tutto il resto rimase in piedi”.
Per questo, ha aggiunto Sgarbi, dovrebbe essere l'imprenditore milanese e non Renzo Piano a occuparsi non solo della ricostruzione di Amatrice e degli altri paesi distrutti ma anche della ristrutturazione e del piano di messa in sicurezza antisismica annunciato da Renzi: “Piano è una bella idea sul piano dell'immagine ma non ha esperienza, non si è mai applicato alla ricostruzione organica dei borghi. Kihlgren invece sì”.
Un altro nome spendibile, ha aggiunto Sgarbi, sarebbe quello dell'avvocato aquilano Walter Mazzitti, già presidente, dal 2002 al 2007, del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, attualmente dipendente presso la Presidenza del Consiglio: “Renzi non dovrebbe nemmeno fare fatica a cercarlo” ha commentato Sgarbi.
Nel corso del suo intervento, il critico d'arte è tornato a parlare anche della ricostruzione dell'Aquila, dove la filosofia del com'era dov'era, del recupero monumentale (quella che Sgarbi difende), si è seguita solo per il centro storico della città e non per i borghi: “L'assurda costruzione delle new town ha portato allo sconforto gli abitanti. Si è pensato a mandare la gente ad abitare in questi piccoli villaggi orribili, costruiti poco lontano da paesi come Onna e S. Gregorio, borghi che non avranno mai più né la ricostruzione, perché nel frattempo è stato costruito altro in muratura, né chi vorrà tornare in quelle case ritenute scomode”.
L'unica strada percorribile, secondo Sgarbi, per la ricostruzione di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto e delle loro frazioni dovrebbe essere, invece, quella del com'era e dov'era. Niente new town, dunque, ma solo “case di legno, che diano il segno della provvisorietà e non diventino una consuetudine, che, dopo 2 o 3 anni, vengano lasciate nella loro dimensione semplice e poco strutturata per tornare nelle case dei centri storici, ristrutturate secondo un percorso urbanistico che deve salvaguardare solo quello che è importante e non rimettere in piedi gli orrori degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta. Una ricostruzione selettiva”.