Sabato, 08 Ottobre 2016 15:19

Aca, si torna al Cda: Luca Toro presidente. Il centrodestra: "Le mani del Pd sull'acqua"

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Come deciso dall'assemblea dei soci il 10 settembre scorso, con l'approvazione di un discusso documento - presentato da 28 sindaci - che chiedeva di preferire un consiglio d'amministrazione piuttosto che un amministratore unico, a parità di costi, l'Aca, azienda comprensoriale acquedottistica che serve 64 comuni del pescarese, riprende il vecchio verso e torna al Cda.

Stamane, l'assemblea ha eletto con 37 voti favorevoli e tre contrari (Castilenti, Città Sant'Angelo e Tocco da Casuria) l'imprenditore Luca Toro come presidente, Mirko Velluto e Giovanna Brandelli consiglieri. Le candidature erano state presentate a inizio seduta da 35 sindaci di centrosinistra. Al momento del voto, gli esponenti di centrodestra hanno abbandonato l'aula in segno di protesta.

A quanto si è potuto apprendere, infatti, c'è Luciano D'Alfonso 'dietro' la mossa dei sindaci che hanno chiesto la nomina di un Consiglio d'amministrazione. 'Bracci armati' in seno all'assemblea, il sindaco di Pescara Marco Alessandrini e il collega di Francavilla al mare Antonio Luciani. "Un cda serve perché con il percorso di risanamento bisogna programmare investimenti per far sì che i Comuni non debbano sostituirsi all’Aca", ha sottolineato Alessandrini. "La rete idrica non può essere un optional e il Comune di Pescara quest’anno si è sostituito all’Azienda: noi abbiamo trovato gli scarichi abusivi lungo il fiume, noi abbiamo evidenziato le rotture delle pompe di sollevamento. E’ necessario un salto di qualità. Bisogna raggiungere una situazione gestionale il più possibile efficiente. Aca deve essere un’azienda in grado di mettere piede nel terzo millennio".

Sulle stesse posizioni, e non poteva essere altrimenti visto il legame con D'Alfonso, il consigliere regionale Camillo D'Alessandro, presente all'assemblea del 10 settembre scorso in qualità di 'cittadino preoccupato': "Il cda costerà quanto l’amministratore unico - aveva ribadito - ma ci sarà collegialità nell’assunzione delle decisioni importanti. Ci si è limitati a presentare come risultato un concordato, ma la maggioranza dei sindaci ha posto un altro tema: il funzionamento dell’Aca".

Resta il problema rappresentato dal decreto Madia, tuttavia, entrato in vigore il 23 settembre scorso. Stando al professor Costantino Tessarolo, avvocato, cui è stato chiesto un parere proprio in riferimento al decreto, l'organo amministrativo delle società a controllo pubblico dovrebbe essere costituito, di norma, da un amministratore unico: il cda è eccezione alla regola, che dovrebbe essere approvato con decreto del presidente del Consiglio dei ministri.

La norma che prevede che le società a controllo pubblico sono amministrate da un amministratore unico sarebbe, quindi - secondo l'avvocato Tessarolo - immediatamente applicabile e non ammette, allo stato, alternative. Eppure, l'assemblea dei sindaci ha inteso tirare dritto con il rischio che l'organo appena eletto possa essere ritenuto in tempi brevi non legittimamente costituito.

"Era stato chiaro già dall'assemblea del 10 settembre che, sull'Aca, il Pd, che fa riferimento a D'Alfonso, e uno sparuto gruppetto di ‘interessati’ sindaci facenti capo alla senatrice Chiavaroli, avrebbero giocato sulla pelle della gente e dei Comuni al fine di rimettere le mani sulla gestione di stampo clientelare del sistema idrico integrato", hanno sottolineato, in una nota, i sindaci di Chieti, Arsita, Atri, Bisenti, Cappelle sul Tavo, Casalincontrada, Catignano, Civitella Casanova, Collecorvino, Elice, Montefino, Moscufo, Pianella, Rosciano e Scafa. "Accantonata la candidatura di Leombroni, troppo chiacchierata, e la scelta fatta 3 anni fa dal centrodestra dell'amministratore unico, D'Alfonso e compagnia hanno deciso di eleggere un Consiglio d’amministrazione con più poltrone da spartire", hanno aggiunto i sindaci che, come detto, al momento del voto hanno abbandonato i lavori per protesta.

"Nell'odierna assemblea il centrosinistra è andato avanti sulla strada della illegittimità nonostante il parere richiesto da Aca chiarisse in modo inequivocabile che la legge Madia impone la figura dell'amministratore unico, proprio per interrompere le perverse ingerenze della politica nelle attività gestionali che hanno disastrato migliaia di società partecipate. Nulla di nuovo sotto il sole anzi sotto l'acqua, l'Aca è tornata ad essere il luogo ideale degli intrecci politici, a cominciare dal rimpasto di giunta di Pescara che andava compensato con un posto nel Cda al commercialista Velluto in quota Teodoro, già nominato da Alessandrini nel collegio sindacale di Attiva, per continuare l'accordo sacramentato tra D’Alfonso e la Chiavaroli, che fa eleggere presidente un suo amico".

Dunque, l'affondo: "Contro questo voto presenteremo ricorso nei competenti Tribunali per riaffermare il rispetto delle regole ed aver e dare quella giustizia ai cittadini che dei sindaci poco responsabili hanno negato".

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