Attività illecite di varia natura allo scopo di smaltire in modo irregolare rifiuti liquidi, con l'effetto di inquinare il suolo in Abruzzo e il fiume Pescara, fino al Mare Adriatico.
Quaranta uomini del Corpo forestale dello Stato dei Comandi Provinciali di Chieti e Pescara, coordinati dalla Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia - dell'Aquila, hanno compiuto all'alba quattro arresti, il sequestro di un impianto, deputato alla depurazione di rifiuti liquidi ed acque reflue, e di ingenti somme di denaro. Il fulcro dell'inchiesta ruota attorno agli impianti del Consorzio Bonifica Centro di Chieti Scalo.
Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse per Roberto Roberti, presidente del Consorzio Bonifica Centro, Tommaso Valerio, direttore tecnico e responsabile dell'impianto di depurazione, Andrea De Luca, capo del settore Ecologia & ambiente dello stesso impianto, e Stefano Storto, amministratore del laboratorio analisi "Dace dott. Storto Srl". I reati per i quali si è proceduto agli arresti (domiciliari) sono traffico illecito di rifiuti, inquinamento ambientale, reati contro la Pubblica Amministrazione (abuso d'ufficio e peculato) e truffa.
Altri cinque sono invece indagati: Nicola Levorato, Angelo De Cesaris, Corrado Sorgentone, Fabrizio Mennilli e Giustino Angeloni.
Sono scattati i sigilli al depuratore del Consorzio Bonifica Centro, in località San Martino, e all'impianto Salvaiezzi di Depuracque Srl (ma l'attività degli impianti potrà proseguire). Il Consorzio è stato affidato ad Andrea Colantonio, amministratore giudiziario che ne garantirà la prosecuzione delle attività.
Agli indagati è stata inoltre sequestrata una somma di circa 308mila euro, secondo gli inquirenti indebitamente percepita. Gli impianti erano finiti nel mirino della procura distrettuale antimafia già lo scorso anno, quando furono inviati nove avvisi di garanzia per il reato di disatro ambientale.
I particolari sono stati forniti stamane nelle aule del tribunale dell'Aquila nel corso di una conferenza stampa, durante la quale è intervenuto anche il sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia (Dna), Antonio Laudati.
"Le indagini hanno svelato un'attività sistematicamente illecita - ha evidenziato il pm della Procura dell'Aquila David Mancini - attraverso diversi strumenti, dalla falsificazione dei codici di ingresso dei rifiuti liquidi, ai quantitativi incompatibili, fino allo sversamento dei rifiuti stessi nel fiume Pescara, e dunque nel Mare Adriatico".
"Le indagini sono nate anche grazie a segnalazioni anonime, e non, di cittadini di Chieti Scalo che si lamentavano dell'impossibilità di una vita quotidiana normale a causa degli odori nauseabondi che il Corsorzio emanava", ha invece sottolineato il pubblico ministero Antonietta Picardi.
Il comandante regionale del Corpo Forestale dello Stato, Ciro Lungo, ha ribadito "la piena consapevolezza di chi operava in modo irregolare", verificata nel corso dell'indagine - durata circa due anni - anche attraverso l'utilizzo di intercettazioni telefoniche ed ambientali.
Un'indagine partita da molto lontano e, come in parte ammesso anche dagli inquirenti, in qualche modo legata anche alla questione delle circa 13mila tonnellate di rifiuti liquidi trasportati dal centro oli Eni di Viggiano (Potenza) a Chieti Scalo, di cui questo giornale scriveva nello scorso aprile [leggi l'articolo]: "La questione è stata presa in considerazione nel corso delle indagini, come anche altri rapporti tra il Consorzio e realtà imprenditoriali - ha affermato Mancini - è possibile che ci saranno in futuro ulteriori sviluppi di indagine".
Approfondimento // I dettagli e le intercettazioni. L'indagine ha impiegato oltre cento unità nelle operazioni di campo, con 27 tra uffici ed abitazioni perquisiti con sequestro i centinaia di documenti, mesi di intercettazioni telefoniche ed ambientali e l'acquisizione di atti presso le pubbliche amministrazioni.
L'impianto è principalmente costituito da due sezioni: uno è il depuratore di reflui civili, scarichi industriali di aziende esterne (Depuracque Srl) e i reflui in uscita dall'impianto di pretrattamento; l'altro è l'impianto di pre-trattamento, con rifiuti liquidi conferiti da terzi su gomma, con "un traffico notturno costante di camion in entrata e in uscita dall'impianto", come ha sottolineato la pm Picardi.
Il traffico illecito di rifiuti riguarda essenzialmente la miscelazione dei fanghi e lo smaltimento irregolare. A proposito della pericolosità dei fanghi stessi, eloquente è un'intercettazione, durante la quale uno degli indagati afferma: "...poi i fanghi, cominciano a diventare pericolosi... poi o fai il bandito, facciamo i banditi, la colpa è la mia...". I fanghi miscelati venivano poi conferiti nelle due discariche di Torre San Patrizio (Fermo) e Bandissolo Argenta (Ferrara).
Tra l'ottobre e il novembre del 2015, 37 viaggi di rifiuti di percolato di discarica (1090,45 tonnellate), contenenti alti valori di arsenico accettati senza abbattimento del metallo pesante, falsificazione delle analisi - dalle conversazioni telefoniche e ambientali con il laboratorio di fiducia è emerso l'accordo per falsare i risultati delle analisi - e la miscelazione dei fanghi si sono tradotti nello sversamento di reflui nelle acque di scarico nel fiume Pescara - e dunque nel Mare Adriatico - con ampio superamento dei limiti, con valori di oltre il triplo dei limiti assentiti.
Per quanto riguarda l'arrivo dei rifiuti liquidi in Abruzzo, il percolato veniva conferito nell'impianto chietino dalla discarica Bulera di Pisa: "...dalla Toscana, da lassù viene fino qua per portare quella roba! Perché nessuno la vuole con l'arsenico a cinquanta!!!".
Tra le attività illegali degli indagati, anche gli "illeciti guadagni", definiti tali stamane dagli inquirenti: costanti approvvigionamenti di rifiuti con caratteristiche chimico analitiche "pesanti" (come la presenza di arsenico), e poi la truffa al Comune di Chieti - tramite l'ottenimento indebito di contributi - e l'abbattimento dei costi di smaltimento attraverso la miscelazione dei fanghi, oltre che gli affidamenti diretti a società di favore per i servizi e le forniture, nonostante il Consorzio sia un ente pubblico a tutti gli effetti.
Forum H2O: rafforzare enti di controllo come l'ARTA
"L'arsenico è un cancerogeno, un inquinante persistente. L'indagine è l'ennesima dimostrazione che la Val Pescara è un vero e proprio buco nero dell'ambiente, peccato però che i contaminanti non spariscono".
Così il Forum H2O sull'inchiesta della Magistratura e del Corpo Forestale. "Sconvolge che persone operanti per un soggetto pubblico come il Consorzio siano accusate di reati così gravi. Possibile che con tutti i problemi ambientali che abbiamo in Abruzzo le strutture del Consorzio siano diventate negli anni un punto di riferimento per lo smaltimento di rifiuti da tutta Italia? A parte le questioni di eventuali illeciti che accerteranno i giudici, possibile che era questa la missione data al Consorzio?".
Il Forum ovviamente sostiene l'opera degli inquirenti ma ritiene fondamentale operare su tre settori che riguardano le strutture amministrative. "Infatti, bisogna prosciugare il brodo di coltura fatto di incapacità, inadempienze diffuse e superficialità su cui poi può prosperare l'illegalità. In particolare bisogna:
- rafforzare tutti i soggetti della pubblica amministrazione deputati al controllo, a partire dall'ARTA. In una condizione di emergenza come quella che viviamo in val Pescara bisogna garantire risorse aggiuntive all'agenzia per macchinari, turni e reperibilità del personale nonché nuove assunzioni con professionalità adeguate. Qui invece la Regione continua a tagliare, ma non è possibile che sia sempre la Magistratura a cercare di fare le veci di uno Stato per altri versi assente. Abbiamo appreso che la Regione Abruzzo vuole emanare un bando per il nuovo Direttore dell'ARTA. Bene, per l'accesso al concorso chieda titoli come pubblicazioni scientifiche a livello internazionale e affidi ad un organismo terzo, possibilmente con esperti stranieri, la valutazione dei candidati. L'immobilismo delle ASL di Chieti e Pescara sul tema dell'inquinamento è inaccettabile e serve anche qui una svolta dando obiettivi chiari e pubblici ai dipartimenti di prevenzione;
- garantire la bonifica proprio a partire dal Sito regionale di Bonifiche di Chieti scalo che è contaminato quasi come Bussi. Su quest'ultimo sito dobbiamo ricordare che da otto anni è perimetrato come Sito nazionale di Bonifica ma non è stato bonificato neanche un granello di terreno. Non ci si lamenti se poi nei sedimenti del fiume Pescara alla foce si ritrova mercurio in gran quantità, tanto da risultare presente anche in scampi e capelli dei pescatori;
- attuare una grande opera di trasparenza degli atti, dai monitoraggi ai documenti riguardanti l'ambiente. Ricordiamo che solo per ottenere la pubblicazione dei dati dei controlli ai depuratori ci sono voluti 6 anni! Dal 2005 esiste un decreto, il 195/2005 che obbliga gli enti alla pubblicazione. Si proceda a tutti i livelli con la trasparenza, la Regione si faccia garante partendo dalla propria documentazione".