Venerdì, 27 Settembre 2013 17:29

Processo alle #carriole, giustizia è fatta: assolti tutti gli imputati

di 

Non poteva che finire così. Uno dei processi più grotteschi della storia della Repubblica si conclude con l'assoluzione di tutti gli imputati: il fatto non sussiste o non costituisce reato. Resta l'amarezza, e l'indignazione, di aver visto otto cittadini costretti a difendesi per aver svelato, insieme a migliaia di persone, l'inganno della propaganda del governo Berlusconi. Armati di carriola e guanti da lavoro.

Era il febbraio 2010: appena rese pubbliche le intercettazioni degli imprenditori che ridevano alle 3e32 e poco dopo che la protezione civile lasciò il capoluogo abruzzese, successe qualcosa di importante e inatteso. I cittadini avevano una voglia irrefrenabile di rivedere la città, sentirsela di nuovo propria, accarezzarla e curarla, perché nessuno lo stava facendo. Le piazze erano piene di macerie, chiuse a chiave nella zona rossa. Quel popolo, che il 14 febbraio del 2010 iniziò a forzare il varco dei quattro cantoni e poi il 28 dello stesso mese si rivoltò, irrompendo in Piazza Palazzo per liberarla da sassi e calcinacci, è il popolo delle carriole. Seimila persone, centinaia e centinaia di carriole, secchi, guanti, caschetti, tute bianche da lavoro che, come in un'enorme quanto spontanea performance collettiva, si misero a collaborare. L'azienda municipalizzata che si occupa della nettezza urbana mise a disposizione i secchi. Si formò, così, una catena umana che andava da Piazza Palazzo, in zona rossa, a Piazza Duomo su un corridoio di due file che attraversavano tutto il Corso. Di mano in mano, la città iniziò ad essere liberata dalle macerie.

Simbolicamente, certo. Quel giorno, però, si capì che gli aquilani stavano scrivendo una storia, la loro storia, per la prima volta da protagonisti e non da comparse. Se le piazze poi furono celermente ripulite dall'esercito, che il Ministero si preoccupò all'improvviso di attivare, è grazie alla storia di quei giorni, a quei corpi che sfidarono i divieti per un bene superiore e che si è dimostrato giusto. Tutta Italia vide e trasse ispirazione da quello che stava accadendo. Centinaia di persone, ogni domenica arrivavano da fuori città e fuori regione per dare la loro solidarietà e il loro contributo, come era avvenuto tanti anni prima in occasione dell'alluvione di Firenze.

Oggi, alcuni di quei cittadini sono stati costretti a difendersi davanti ad un Giudice. Colpevoli di aver portato in centro storico una carriola posta sotto sequestro perché, scrissero sul verbale, "in pessimo stato di conservazione, con contenitore in ferro di colore blu e cerchio ruota di colore viola". E di essere i promotori di un rassemblamento in luogo pubblico, in Piazza IX Martiri, non comunicato all'autorità. Per questo secondo capo d'accusa, che risale all'articolo 18 del regio decreto 773 del 1931, rischiavano fino ad un anno di arresto.

Era il 28 marzo 2010. L'allora prefetto dell'Aquila, Franco Gabrielli, ora a capo della Protezione Civile, aveva dichiarato qualche giorno prima che avrebbe usato anche la forza per non far scendere in piazza i pericolosi mezzi a due ruote. Motivo? Quel giorno c'erano le elezioni provinciali e, secondo Gabrielli, si doveva mantenere il silenzio elettorale sancito dalla legge 212 del 1956, art 9 del codice civile.

Era solo un tentativo per fermare manifestazioni festose e pacifiche che stavano mettendo in imbarazzo il governo, smascherando la menzogna del 'miracolo aquilano'."Sentimmo un bisogno irrefrenabile di ritrovarci e vedere la città", ha raccontato a NewsTown Giusi Pitari, testimone della difesa insieme a Ettore Di Cesare "Ciascuno di noi ora ricorda di esser stato il promotore, e questo è il bello, perché vuol dire che ognuno si è sentito davvero protagonista di qualcosa che è avvenuto spontaneamente".

"I processi - aggiunge Pitari - sono ridicoli perché i capi di imputazione vorrebbero definire quelle giornate solo come manifestazioni di protesta e identificarne i promotori. Invece erano delle manifestazioni collettive che dicevano: siamo qua, siamo disperati, vogliamo partecipare, fateci capire come cosa sta succedendo". "Il problema - conclude la professoressa - è che leggere i capi di imputazioni oggi ci fa sorridere, al momento ci spiazzò e divise, proprio quello che volevano".

Ora, oltre all'assoluzione, restano la forza di un momento storico indimenticabile per la città con, sullo sfondo, il ricordo di un sequestro davvero incredibile.

Ultima modifica il Sabato, 28 Settembre 2013 00:18

Articoli correlati (da tag)

Chiudi