Sono infuriati diversi sindaci del cratere sismico abruzzese del 2009, rispetto alla nota della Commissione grandi rischi, che non esclude prossime scosse di magnitudo 6-7 Richter, ma non è seguita da azioni da parte del governo, da cui dipende.
Undici primi cittadini di altrettanti comuni dell'area omogenea 8 del cratere 2009 hanno scritto una lettera indirizzata al Dipartimento della Protezione Civile, alla Regione Abruzzo, al presidente della Provincia dell'Aquila, al sindaco del capoluogo e alla Prefettura. Si tratta dei comuni di Acciano, Barisciano, Fagnano Alto, Fontecchio, Fossa, Ocre, Poggio Picenze, San Demetrio ne' Vestini, Sant'Eusanio Forconese, Tione degli Abruzzi e Villa Sant'Angelo.
Nella missiva i toni sono inequivocabili: gli edifici pubblici e privati che non hanno subito danni strutturali dopo il terremoto del 2009 (quelli classificati A, B e C) non hanno gli indici di vulnerabilità sismica e quindi, alla luce della relazione della Commissione grandi rischi, necessitano di verifiche urgenti.
Queste verifiche, però, non possono essere effettuate dai Comuni, perché non hanno risorse economiche né personale. E' un cul de sac, dunque, quello nel quale si trovano migliaia di abruzzesi. Il brutto risveglio dopo un incubo, se non il fallimento delle politiche di prevenzione tanto richieste (e millantate) negli ultimi anni.
Per questo i sindaci degli undici comuni, premettendo che "per il futuro si temono forti disagi nella popolazione dovuti alla tensione scaturita dallo sciame sismico e dalla relazione della Commissione", chiedono "adeguate risorse economiche per la determinazione della vulnerabilità sismica di tutti gli edifici pubblici" e "coordinamento dei vari Centri operativi comunali (Coc), con particolare riferimento a quello dell'Aquila, per l'individuazione nei territori delle disponibilità alloggiative".
Insomma, dopo sette anni e mezzo è rivolta contro il governo per ottenere più risorse per la prevenzione del rischio sismico.