di Enrico Perilli* - Le Regioni del Centro Italia, in particolar modo quelle attraversate dalla catena montuosa Appenninica con esclusione della zona tosco-emiliana, stanno vivendo una tragedia epocale. La domanda in questo caso è conosciuta: quanta responsabilità ha l’uomo con il suo operato e con l’organizzazione socioeconomica che si è dato? Quanto si poteva evitare di questa tragedia? Il modo più corretto di porre la domanda sarebbe: cosa si poteva fare di diverso da quello che abbiamo fatto sia in termini di risposta post-emergenziale sia in termini di prevenzione?
Vediamo sommariamente l’atteggiamento dei singoli attori che hanno delle responsabilità primarie di governo e gestione del territorio.
ENEL: la Rete elettrica si è rivelata di una fragilità assoluta, 100.000 persone senza elettricità per più di una settimana credo sia un record nel “civile” occidente. Eppure Enel riceve dai cittadini contribuenti una quota parte della bolletta per la manutenzione e risoluzione dei guasti della linea. Perché centinaia di tralicci erano senza manutenzione da anni? Perché i gruppi elettrogeni non erano in dotazione all’Enel? Questa Regione, soprattutto l’area limitrofa a Bomba (CH) conosce l’arroganza di Enel e del suo socio Terna…! Sono state chieste dalla conferenza dei Capigruppo in Regione le dimissioni dei vertici ENEL.
ANAS: un tempo esistevano le case cantoniere con mezzi e personale per l’ordinaria manutenzione viaria e per affrontare la prima emergenza. Furono considerate un residuato di un’epoca arcaica e diseconomiche e quindi dismesse. La manutenzione delle nostre strade statali non è migliorata, anzi è peggiorata, e in caso di prima emergenza l’ANAS raramente è tra le prime ad arrivare sul posto; è del tutto evidente che se si lasciano accumulare sulle strade metri di neve diviene un’opera improba renderle agibili, bisogna intervenire nell’immediatezza delle precipitazioni nevose e per questo è necessario avere dei presidi sul territorio.
Nel frattempo, però, ANAS con i suoi rampanti Capidipartimento, l’ing. Marasco ne è un fulgido esempio, si è data alle progettazione e agli appalti milionari. Le popolazioni della nostra città da anni lottano contro i megaprogetti ANAS, Variante Sud su tutti, chiedendo più attenzione al rispetto dell’ambiente, delle storie e delle tradizioni dei singoli territori che i progetti ANAS andrebbero a colpire. Una delle richieste pressanti dei comitati e dei rappresentanti dei territori è quella di procedere non a nuovi mastodontici progetti ma alla messa sicurezza dell’esistente. Ma si sa un nuovo progetto “offre più opportunità” di una messa in sicurezza.
La gestione delle strade è però carente, le turbine di ANAS non c’erano o sono arrivate dopo giorni, i mezzi erano pochi e mal collocati, le “vecchie statali” sono quasi senza manutenzione.
Gli amministratori Regionali dovrebbe chiedere anche le dimissioni “dell’amico Marasco”, dipendente apicale ANAS al pari di D’Alfonso. Il flirt invece continua più appassionato che mai… ponte dopo ponte, tunnel dopo tunnel.
AUTOSTRADE DEI PARCHI: ai tempi delle case cantoniere esisteva anche la gestione pubblica delle autostrade, compresa la A24. In caso di neve l’autostrada non chiudeva. L’attuale gestione privatistica del Gruppo Toto chiude con cadenza regolare l’autostrada in caso di neve. Due certezze la gestione Toto dà agli utenti: l’aumento delle tariffe e la chiusura in caso di neve.
Se nevica i costi di gestione aumentano, i rischi anche e allora è meglio chiudere, isolando l’intera Regione.
Recentemente il Gruppo Toto ha presentato al Ministero un progetto di messa in sicurezza dell’autostrada, in cambio ha chiesto la gestione per 99 anni. Il progetto non prevede un potenziamento del sistema operativo in caso di mal tempo o un potenziamento di mezzi e uomini, ma tunnel e ponti di nessuna utilità tanto da essere rifiutato persino dall’allora Governo Renzi.
Va notato come Regione, Anas e Gruppo Toto potrebbero rappresentarsi come un triangolo con al centro il Presidente D’Alfonso, dipendente Anas e appassionato di infrastrutture pesanti, ai due cateti l’Anas che finanzia e progetta opere e Toto che le realizza e gestisce.
Tutti e tre questi soggetti sonno oggettivamente più interessati a costruire grandi opere che invece pensare, progettare e realizzare la messa in sicurezza delle infrastrutture esistenti e la loro manutenzione.
Se analizziamo il comportamento e la capacità di interventi pre e post emergenza degli Enti Pubblici il risultato in termini di risultati non cambia, in termini di responsabilità però ci sono delle profonde differenze.
PROVINCE: Le provincie, per tre quarti smantellate dalla scellerata e demagogica Riforma Renzi, non hanno più mezzi, personale, sapere (sempre legato ovviamente agli uomini) per poter intervenire. Sull'edilizia scolastica (vicenda Liceo Cotugno) o sulla gestione delle strade le Provincie hanno dimostrato questa impossibilità amministrativa.
COMUNI: i Comuni soprattutto quelli di piccole dimensioni sono stati negli anni colpiti da una feroce politica di tagli che li hanno condannati ad un’esistenza precaria.
I piccoli Comuni, come Farindola, ai quali si chiede prontezza di intervento sono pressoché spopolati, con un ‘organico di 5 o 6 dipendenti ed un bilancio annuale che in caso di acquisto di un mezzo spazzaneve li manderebbe in default.
Hanno subito negli anni, Penne ne è un fulgido esempio, la chiusura di distretti sanitari, scuole, servizi postali e ridimensionamento dei trasporti. Tutto questo ha causato lo spopolamento e la conseguente incuria dei luoghi (boschi, montagne, colline, ecc. ecc) tanto determinante in caso di catastrofi ambientali (incendi, frane). La risposta dei Governi Regionali e Nazionali è sempre e solo stata in termini di infrastrutture, non riapro il distretto sanitario e il plesso scolastico ma ti faccio un bel ponte… cui prodest?
Onestamente va aggiunto che in molti casi la visione dei Sindaci dei piccoli centri è assolutamente complice di quanto descritto, si dedicano a tempo pieno a guerre senza quartiere ai Parchi e Riserve naturali e auspicano per i loro territori lottizzazioni e speculazioni modello anni sessanta non comprendendo che è proprio questa prospettiva che porterà ulteriore spopolamento e abbandono dei luoghi.
Nella mia lunga esperienza politico-amministrativa ho visto quotidianamente amministratori dei piccoli Comuni chiedere impianti sciistici, edifici, ponti e tunnel e molto raramente scuole, ambulatori e servizi di ogni genere.
Se il contesto è questo è del tutto naturale che i cittadini si sentano soli, in balia del destino, destino che la Commissione Grandi Rischi, con il gusto della vendetta, ci dice che potrebbe essere molto cattivo. Per poi salutarci senza neanche farci un in bocca al lupo.
La Commissione Grandi Rischi inaugura lo spettacolo dei piccoli e grandi opportunismi: amministratori di Enti Pubblici, Comuni, Regioni, Università, Consorzi, pongono domande sulla sicurezza a cui loro, in virtù del loro incarico presente e/o passato, dovrebbero dare delle risposte! Resistere però alla tentazione di cavalcare le paure per fini di consenso individuale è impossibile, dimenticando che una comunità depressa e in attesa dell’apocalisse diviene imprevedibile e pericolosa per se stessi e gli altri e a quel punto non servirà a nulla avere un piccolo o grande consenso.
In conclusione gli interventi emergenziali rivelano sempre la struttura di fondo di una società, la visione del Mondo di chi governa, la cultura, i valori e le idee dominanti.
Risulta evidente che lo spirito che anima l’azione degli enti gestori è la ricerca del massimo profitto, che produce l’accumulazione della ricchezza, spesso smisurato arricchimento per pochi. Che in un sistema capitalistico l’assunto di base sia l’accumulazione e la ricerca del profitto è naturale, la novità rispetto al passato è che gli enti istituzionali pubblici o para pubblici sono piegati all’interesse individuale in maniera trasparente e, tranne rare opposizioni, accettata collettivamente.
La cura dei cittadini è assolutamente relegata sullo sfondo dell’azione politico-amministrativa e la consapevolezza di questo abbandono genera paure, spaesamento, frammentazione ed isolamento che l’emergenza non può che amplificare.
*Enrico Perilli, capogruppo di Rifondazione comunista nel Consiglio comunale dell'Aquila e presidente della Commissione consiliare territorio