Nuova udienza stamane nell'ambito dei processi al movimento aquilano per le manifestazioni del 2010. Al Tribunale di Bazzano (L'Aquila) è iniziato l'ennesimo procedimento, relativo questa volta al presidio che si tenne il 23 dicembre 2010 dentro e fuori il Palazzo dell'Emiciclo, sede della Regione Abruzzo a L'Aquila, che vede quattro persone sul banco degli imputati.
In quel pomeriggio pre-natalizio, centinaia di aquilani entrarono dentro il Palazzo dell'Emiciclo per protestare contro il mancato rinvio della sospensione della restituzione dei tributi non versati dopo il sisma. L'accusa per i quattro è di danneggiamento (del cancello antistante l'Emiciclo) e occupazione. Gli imputati chiaramente contestano il danneggiamento dei cancelli del palazzo e anche il reato stesso di occupazione, che fu "chiaramente a fini dimostrativi". Anche grazie a quella manifestazione il Governo Berlusconi si impegnò a prorogare di altri sei mesi l'inizio della restituzione dei tributi, reinserendo la norma nel “decreto milleproroghe”.
Durante il corso dell'udienza di oggi sono stati consegnati al giudice onorario Angelo Caporale diversi video relativi alla manifestazione ed è stata depositata la lista dei testimoni della difesa. E' stato poi il turno dei testimoni dell'accusa: l'assistente capo dell'ufficio Digos dell'Aquila Roberta Urbani ha riferito di aver riconosciuto la partecipazione alla manifestazione degli imputati ma non ha potuto confermare il danneggiamento di cancello di ingresso e portone interno da parte degli stessi. Un dato rilevante è rappresentato dalla mancata identificazione dei manifestanti durante il presidio. "Conosciamo gli indagati perché fanno parte dei comitati cittadini e perché intervengono nelle assemblee" ha riferito Roberta Urbani. Gli agenti della Digos erano presenti a tutte le assemblee che si fecero in quel periodo in piazza, il fatto che vengano denunciate persone ritenute 'attive' nel movimento cittadino è un dato politico importante e piuttosto inquietante. In altre parole, le persone che intervengono nelle assemblee sono note alle forze dell'ordine e quindi potenzialmente passibili di denuncia in caso di presidi e manifestazioni, anche e soprattutto se non viene posta in essere l'identificazione in loco da parte delle forze dell'ordine.
Oggi, dopo tre anni e più di sessanta denunce per quella stagione del movimento aquilano, i dubbi sono diversi. Il 2010 fu un anno di grande attivismo da parte della cittadinanza aquilana, che portò le carriole in centro storico, andò in massa a manifestare per la condizione in cui versava la città di fronte ai palazzi del potere romani, si ribellò. La strategia da parte della questura fu quella delle “denunce a scopo repressivo”, con l'obiettivo di scoraggiare le proteste e l'attivismo in città. Oggi, a distanza di tre anni, alcuni ne stanno pagando le conseguenze: vinto il cosiddetto “processo alle carriole”, in queste settimane sono tre le udienze per altrettanti processi, che vedono il coinvolgimento di decine di persone: dopo l'udienza di oggi, l'11 ottobre sarà la volta del procedimento relativo all'occupazione di CaseMatte, mentre quattro giorni più tardi a Roma avrà luogo una nuova udienza per i tre imputati nel processo per la manifestazione nella capitale il 7 luglio 2010.
Insomma, c'è chi in queste settimane passa le proprie giornate in Tribunale. E non è un eufemismo. Sarà un caso, ma le udienze che riguardano il movimento aquilano vengono trattate sempre tra le ultime, nonostante la convocazione alle 9 della mattina. Spesso, dunque, imputati, avvocati e testimoni si ritrovano all'attesa forzata a Bazzano, anche per nove ore consecutive.
Se a questo si aggiunge che i procedimenti nei quali è coinvolto il movimento aquilano sono per lo più grotteschi (lampante il caso delle carriole) la perdita di tempo e di denaro – da parte dello Stato e degli imputati – è paradossale.
Il processo rinizierà il 21 ottobre, quando ad essere ascoltati saranno ancora i testimoni dell'accusa.