Rosa ha pagato un prezzo altissimo per una notte di divertimento. Stuprata selvaggiamente, abbandonata con una forte emorragia in mezzo alla neve, in piena notte, è viva per miracolo. Dopo lo stupro ha dovuto subire un linciaggio mediatico che ci ha fatto tornare indietro ai tempi di “Processo per stupro” e infine, con una forza enorme, ha affrontato tutto il processo.
Nel frattempo l’esercito, preposto a salvaguardare la “sicurezza” dei cittadini terremotati, e quindi, presenza massiccia nel territorio, ha dovuto aspettare il comunicato del 3e32 e poi le pressioni della stampa per annunciare che il militare, a L’Aquila per prendere parte all’operazione “strade sicure”, sarebbe stato sospeso dall’incarico.
L’atteggiamento indifferente e prepotente dell’esercito è proseguito anche dopo la condanna (otto anni per stupro e lesioni gravissime) quando non una parola è stata spesa nei confronti della ragazza e dell’intera cittadinanza ma ci si è limitati a precisare che Tuccia non avrebbe ripreso servizio causa il mancato rinnovo del contratto.
Adesso si ricomincia da capo con il processo d’appello su cui gli avvocati difensori puntano per ribaltare la sentenza: “Siamo fiduciosi che il processo in Appello possa notevolmente ridimensionarsi”, affermano.
Noi non lo permetteremo! Saremo vicine a Rosa da ora e fino alla conclusione del processo, continueremo ad affermare con forza che se toccano una toccano tutte. La consensualità ad un rapporto sessuale non è consenso ad essere stuprate, l'autodeterminazione è un nostro diritto e né i nostri comportamenti né i nostri vestiti giustificano la violenza. Non abbiamo bisogno di tutori, di difensori, di militari. Non siamo soggetti deboli da tutelare: siamo persone e, in quanto tali, pretendiamo giustizia e rispetto.