Giovedì, 07 Novembre 2013 18:51

Si sgonfia allarme 'prostituzione minorile', D'Ercole fa passo indietro

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Continua a far discutere il presunto fenomeno di prostituzione minorile a L'Aquila. Dopo il caso limite raccontato dal Vescovo ausiliare dell'Aquila Giovanni D'Ercole durante una conferenza stampa di martedì scorso – minori che si sarebbero prostituite in cambio di una ricarica telefonica – sono diverse le voci che si sono alzate sull'argomento da parte di rappresentati politici (e non solo), anche a seguito della grande risonanza mediatica nazionale.

Il lancio dell'Ansa (la maggiore agenzia di stampa italiana) che parlava di "allarme all'Aquila" ha scatenato un vortice di polemiche, analisi e dichiarazioni, tra sgomento, indignazione, ma anche tanta prudenza. Uno tsunami così imponente da costringere D'Ercole a un comunicato, inviato oggi alla stampa: "Ho fatto riferimento al disagio degli adolescenti che, qui come altrove, conosce il fenomeno preoccupante dei minori che talora per una ricarica di cellulare e per 100 oppure 200 euro possono giungere anche a prostituirsi – afferma il Vescovo – ho citato a conferma la confidenza di un medico dell'ospedale aquilano che mi aveva parlato di circostanze preoccupanti di cui lui era venuto a conoscenza. Sull'identità del mio  informatore e sulla vicenda per ragioni legate alla mia missione di sacerdote ho mantenuto l’assoluto riserbo". L'espressione qui come altrove parla da sola; "Questo presunto fenomeno è una peculiarità aquilana?" ci domandavamo ieri. Oggi, anche alla luce delle parole di D'Ercole, la risposta appare piuttosto chiara.

Ma la parte più interessante della dichiarazione del religioso deve ancora arrivare: "Debbo infatti precisare che i fatti di cui sono venuto a conoscenza non si riferiscono ad abusi da parte di adulti nei confronti di minori, né tantomeno a casi di sfruttamento di prostituzione minorile. La mia denuncia riguarda quell’insieme di 'relazioni pericolose' fra minori con comportamenti sessuali e non solo che sono profondamente disordinati e costituiscono spesso l’anticamera dello sfruttamento della prostituzione. Come da più parti oggi viene sottolineato questa è una vera emergenza educativa che, sommata a quella sociale ed esistenziale, costituisce un serio rischio per i ragazzi". Insomma, D'Ercole fa un passo indietro, accenando vagamente a relazioni pericolose e comportamenti sessuali disordinati. "Con queste precisazioni intendo dunque ricondurre alla verità la mia denuncia, che rimane chiara e ferma”, conclude il Vescovo, riducendo di fatto la presunta 'notizia' di un allarme sociale riferibile al fenomeno diffuso di prostitute minorenni a L'Aquila, a una generica denuncia sul degrado sociale giovanile che nel capoluogo abruzzese, come altrove in Italia, è in atto anche a causa della crisi economica. Una forte crisi valoriale intollerabile per un uomo di chiesa.

D'altronde, già ieri D'Ercole aveva di fatto parzialmente smentito le sue dichiarazioni, riportate dallo scioccante lancio dell'Ansa: al Tg3 Abruzzo aveva dichiarato che "questa piaga non riguarda solo L'Aquila ma l'intero Paese" e poco più tardi, ospite de La Vita in Diretta su Rai1 sottolineava l'intenzione di "voler richiamare un fenomeno, non un fatto concreto". Giovanni D'Ercole, uomo di chiesa di indubbia intelligenza, sa benissimo che fenomeno è qualunque evento osservabile, e quindi qualunque fatto concreto reale.

La nota del Vescovo, dunque, appare come un dietrofront in seguito a una frase pronunciata pubblicamente con troppa leggerezza, più che la denuncia di un fenomeno diffuso che, allo stato dell'arte, non sembrerebbe esistere. Certo, casi di prostituzione minorile esistono anche a L'Aquila, non vogliamo negarlo. D'altronde, se dovesse venire a conoscenza di reati così gravi, il Vescovo dovrebbe (come un normale cittadino) rivolgersi alle forze dell'ordine, come gli ha ricordato ieri anche il questore Vittorio Rizzi: "Dai nostri atti non ci sono riscontri su attività di indagine rivolte al mondo della prostituzione minorile. Il fatto che il Vescovo abbia appreso da un medico notizie su presunti abusi subiti da minorenni lascia presupporre che lo stesso l'abbia riferito nell'esercizio delle proprie funzioni. I medici, voglio ricordarlo, hanno l'obbligo di legge di informare l'autorità giudiziaria attraverso il referto medico. Se ciò, invece, è avvenuto al di fuori dell'ambito lavorativo, sarebbe interessante sapere in che modo", ha tuonato ieri il Questore a Il Messaggero.

La prudenza ha guidato ieri anche l'intervento a mezzo stampa dell'intera Giunta comunale dell'Aquila, in cui si parla di semplici "dichiarazioni, sentori o impressioni". Un approccio confermato oggi dalla senatrice del Pd Stefania Pezzopane, che in una nota sottolinea come vada "compresa l’entità di questo fenomeno, quanto sia davvero diffuso tra le adolescenti abruzzesi", rinfrancandosi dell'avvio di una indagine preliminare da parte della Procura della Repubblica dell'Aquila. In realtà, però, quello della Procura è un atto dovuto e una prassi, nel momento in cui ci si trova di fronte a dichiarazioni così gravi da parte di un personaggio pubblico. Decisamente più duro è stato, invece, lo storico e giornalista aquilano Amedeo Esposito, che ha chiesto "le prove" delle dichiarazioni di D'Ercole, accusando quest'ultimo di essere un "uomo di televisione in cerca di visibilità". Probabilmente, all'avviso di chi scrive, le dichiarazioni del monsignore non erano volte alla ricerca di visibilità. Ma, come si sottolineava precedentemente, forse D'Ercole ha peccato di un po' di leggerezza.

Questo episodio, tutto interno al circuito mediatico-politico, dimostra quanto può essere incisivo un lancio di agenzia, condito da un titolo ad effetto e da dichiarazioni importanti di un personaggio di rilievo come il Vescovo ausiliare di un capoluogo di regione. Un caso creato ad uso e consumo di tante trasmissioni, come La Vita in Diretta, che vivono di storie, aneddoti e narrazioni, meglio se drammatiche. Un episodio in cui sguazzano diverse testate locali e nazionali, alla ricerca del titolo sensazionalista, al di là della verifica delle parole del dichiarante e soprattutto della veridicità del fatto dietro le parole stesse.

Un allarme creato intorno al nulla, almeno finora. A chi giova?

Ultima modifica il Venerdì, 08 Novembre 2013 12:09

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