E' di qualche giorno fa la notizia dell'iscrizione sul registro degli indagati di 23 persone per la vicenda dell'Hotel Rigopiano, spazzato via da una valanga il 18 gennaio scorso. Tra gli altri, il sindaco di Farindola Ilaria Lacchetta, il presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco e l'ex prefetto Francesco Provolo.
Per Provolo, l'accusa è di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose plurime. Stessa contestazione che i magistrati muovono a Ida De Cesaris e a Leonardo Bianco, rispettivamente dirigente e capo di gabinetto della Prefettura. Secondo i carabinieri forestali che hanno condotto le indagini, la Prefettura si attivò troppo tardi; l'allora prefetto riunì il comitato per l'ordine e la sicurezza alle 10, e solo a mezzogiorno invitò gli operatori a scendere nella sala operativa della Protezione civile. "È mancato il raccordo - si legge in una intercettazione telefonica tra il direttore provinciale del settore viabilità e responsabile della Protezione civile Paolo D'Incecco, anch'egli indagato, e una consigliera provinciale; "quasi non ha senso aprire la sala operativa adesso che i sindaci sono al collasso", sottolinea la consigliera. D'Incecco non solo le dà ragione, ma dice pure che la sala operativa doveva essere aperta dieci giorni prima.
Troppe emergenze, tutte insieme: la macchina dei soccorsi - partita con evidente ritardo - non è in grado di dare risposte, tanto che D'Incecco ipotizza che si potrebbe chiamare l'esercito, e l'elisoccorso in caso di ammalati che hanno bisogno; la consigliera che ha partecipato con Di Marco all'incontro di poco prima glielo dice chiaro, però: "Il prefetto ha detto di no". E D'Incecco sbotta, "se ne assume lui la responsabilità e la colpa".
Dagli atti dell'inchiesta emerge anche altro, tuttavia. La mattina del 18 gennaio, con tre quarti del territorio pescarese paralizzato dalla neve e gli ospiti dell'Hotel Rigopiano bloccati lassù a Farindola dalla strada impraticabile, il problema della Provincia è salvare la faccia. Chiedere aiuto all'Anas per avere turbine spazzaneve aggiuntive, in quel momento, pareva inopportuno. Una soluzione da "ultima spiaggia". Tra le 8 e le 10, D'Incecco si sente più volte col funzionario provinciale Mauro Di Biasio; sono convinti che l'emergenza più grave non sia a Farindola, dove quaranta tra ospiti e personale sono chiusi nell'hotel, ma a Roccacaramanico, sulla Maiella. Hanno solo due turbine a disposizione, perché una si è rotta e un'altra, piccola, serve esclusivamente per il piazzale di Passolanciano. Di Blasio propone di chiamare l'Anas, per farsene mandare un'altra in tempi rapidi. Ma D'Incecco non è d'accordo, perché "così ci facciamo fare l'esproprio in casa. Se l'Anas va lassù e riapre, diranno: visto che bisogna passare all'Anas le strade?". Lavorano entrambi per la Provincia di Pescara, sanno che al loro ente, dopo la riforma, sono rimaste solo due competenze: le scuole e la viabilità. Se si fanno aiutare, temono di perdere anche questa. Chiamare l'Anas "potrebbe essere l'ultima spiaggia". E Di Blasio non chiama.
Così, tra le tante richieste da fronteggiare senza mezzi adeguati, quella del sindaco di Farindola viene liquidata in tutta fretta: "Non dove rompere...". D'Incesso sottolinea come, il giorno prima, sia stata liberata la via per Rigopiano, e Di Blasio concorda: "non è vero ciò che dice il sindaco". E aggiunge che "non dovrebbe rompere le scatole più di tanto", e che più tardi sarebbero andati all'albergo, il cui proprietario Roberto Del Rosso era già stato avvertito. Ma D'Incecco taglia corto: "Lascia perdere l'albergo, ha rotto il c.... con l'albergo".
Non c'è ancora stata la prima scossa di terremoto, verrà registrata alle 10:30, e neppure la valanga, che travolgerà l'Hotel Rigopiano alle 16:45. E però è un fatto che per tutta la giornata in Provincia e in Prefettura si sbattono in ogni modo per trovare mezzi frangineve da mandare nelle zone isolate. A sera, quando con due ore di ritardo partono i soccorsi, è proprio dell'Anas la turbina che da Penne (non lontano da Rigopiano) va ad aprire la strada. Non chiederla già dalla mattina, stando alle intercettazioni, fu una scelta.
C'è di più. Dai nastri acquisiti è stato possibile dimostrare che durante l'emergenza neve la scansione delle priorità degli interventi fu assai caotica, nonostante la Provincia avesse approvato nel 2016 un piano neve in teoria da rispettare. Il presidente Di Marco, ad esempio, si adoperò per far liberare le strade di Abbateggio, il comune in cui è sindaco. E dove, oggettivamente, la neve c'era e aveva isolato il paese. Lo stesso Di Marco, il 17 gennaio, telefonò alla Polizia Provinciale per far chiedere alla ditta fornitrice di mezzi spalatori una turbina per sgomberare la provinciale fino a Rigopiano (ma la strada era stata già liberata da tre mezzi a spinta). E in una conversazione sembra emergere anche la pressione del presidente della Regione Abruzzo, Luciano D'Alfonso, a favore della riapertura di Passo Lanciano.