Per salvare le vite umane era necessario evacuare l'Hotel Rigopiano due giorni prima della tragedia.
A metterlo nero su bianco sono i periti della Procura di Pescara: "L'evacuazione avrebbe dovuto avvenire già dal primo pomeriggio del 16 gennaio, quando sia i bollettini meteorologici e il relativo avviso di condizioni meteorologiche avverse che il bollettino valanghe emesso dal Servizio Meteomont avevano confermato lo scenario di precipitazioni nevose intense e di possibile attività valanghiva".
Circa l'entità della valanga, si è valutato che - in corrispondenza del bacino di distacco, collocato ad una quota di compresa tra i 1.890 e i 1.760 sul livello del mare, con una pendenza media di 32 gradi - ha interessato verosimilmente un'area totale pari a circa 38.509 metri quadri, cui corrispondono un volume di manto nevoso mobilizzato pari a 77.019 metri cubi e una massa di circa 19.255 tonnellate. Nella perizia, i tecnici sottolineano comunque che lungo il percorso la valanga ha notevolmente aumentato massa e volume, "erodendo il manto nevoso ivi presente e reclutando alberi e detriti che ne hanno ulteriormente incrementato il potere distruttivo".
E si può aggiungere, "con una ragionevole certezza", che le scosse di terremoto registrate la mattina del 18 gennaio non furono la causa della valanga, "innescata, invece, dal carico gravitativo".
L'evento del 18 gennaio "può essere considerato relativamente eccezionale per la sua entità ma certamente e oggettivamente prevedibile sulla base di analisi, anche routinarie, in materia di geologia, geomorfologia, nivologia, climatologia e ingegneria della montagna", chiariscono i periti. Uno di loro, Igor Chiambretti, al Tgr Abruzzo aveva già anticipato, settimana scorsa, come si potesse "evitare la perdita delle vite umane. Il danno all'edificio era non evitabile, essendo le pressioni d'impatto tali che avrebbero distrutto anche un bunker in cemento armato". Piuttosto, si poteva - e doveva - evacuare la struttura considerato pure che la nevicata di gennaio, "pur rientrando nel novero degli eventi di precipitazione intensa e, in qualche misura, eccezionali sulla base dei quantitativi cumulati settimanali, è stato un fenomeno tutt'altro che infrequente negli anni dopo il 2000. Questo ne evidenzia la prevedibilità oggettiva e anche soggettiva per i soggetti preposti all'emergenza meteo e allo sgombero delle strade".
Inoltre, "non è possibile invocare un'eccessiva distanza temporale tra gli eventi di precipitazione intensa precedenti - prosegue la perizia della Procura scritta da Berardino Chiaia, lo stesso Igor Chiambretti e Barbara Frigo - Stante la ricorsività negli anni duemila, questi eventi non possono affatto dirsi eventi di precipitazione solida sconosciuti alla memoria storica (tanto collettiva quanto individuale) ed inusitati, visto che già nel marzo del 2015, e forse anche in altre occasioni prima di tale data, l'Hotel Rigopiano era rimasto isolato per tre giorni consecutivi a causa delle abbondanti nevicate. L'unico carattere sufficientemente peculiare ed anomalo della nevicata - aggiungono i periti - è stata la sua caratteristica termica (nevicata prevalentemente fredda per le basse temperature dell'aria e, quindi, a densità inferiore rispetto ai valori usuali per il settore adriatico della catena Appenninica) che ha, conseguentemente, influenzato l'equilibrio della materia del fenomeno valanghivo. L'evento di precipitazione nevosa occorso nel periodo 15 - 18 gennaio 2017, in tema di causalità dell'azione non può quindi avere alcun carattere d'imprevedibilità, idoneo a perfezionare il requisito d'eccezionalità di entità, non solo perché poteva essere immaginato dall'agente modello sulla scorta delle previsione meteorologiche e degli avvisi di condizioni meteo avverse disponibili con largo anticipo, bensì anche perché si era già verificato, diverse volte".
In ultimo, i periti Chiaia, Chiambretti e Frigo, confermano quanto già emerso nel gennaio scorso, a seguito dell'inchiesta svolta dal Forum H2O che, per primo, aveva denunciato come l'Hotel fosse stato costruito sui detriti, conoidi delle valanghe. "L'analisi morfometrica sin qui svolta, e la comparazione di diverse riprese aeree fotografiche (che coprono il periodo tra il 1945 e l'attuale), consentono di confermare la presenza di due conoidi miste i cui agenti morfogenetici e deposizionali sono ascrivibili, con sicurezza, ai processi gravitativi di versante (colate detritiche, valanghe, processi eluvio-colluviali e frane di crollo)", sottolineano. "Si rileva altresì un'assoluta negligenza da parte dei soggetti preposti nel fatto di non aver considerato l'area in oggetto come area valanghivo, anche in assenza di studi specifici commissionati".
Dalla lettura delle carte aeree, quindi, si comprende come "il vallone in particolare, che insiste sulla località di Rigopiano, mostri evidenti e numerose tracce di attività valanghiva avvenuta nel corso dell'inverno 1944-1945. Buona parte del bosco risulta rimosso lungo il percorso della valanga e la conoide è pressoché priva di alberi, salvo alcune piante isolate. Sono ben visibili, nelle valli limitrofe, numerose tracce penetranti (corridoi di deforestazione di colore grigio chiaro) causati dallo scorrimento di valanghe nella fascia occupata dalle faggete".