L'attentato di Luca Traini del 3 febbraio scorso è solo l'ultimo episodio di una serie di violenze di matrice neofascista, razzista e xenofoba.
Nell'ultimo triennio - 2015, 2016 e 2017 - le cronache hanno registrato, in Italia, una vera e propria escalation dei cosiddetti reati d'odio, quei crimini nei quali la vittima viene colpita in ragione della sua identità di gruppo (come la razza, l'origine nazionale o la religione).
In seguito a uno di questi episodi - il blitz squadrista dei militanti del Veneto Fronte Skinhead nella sede dell'associazione pro-migranti Como Senza Frontiere - il ministro della Giustizia Andrea Orlando avviò un censimento su questo tipo di reati e chiese alle 26 Corti d'Appello regionali (comprese, dunque, le sezioni distaccate) di inviare al ministero dati e informazioni relativi ai procedimenti aperti.
Il quadro che viene fuori dalla ricognizione, i cui risultati sono stati anticipati dal quotidiano Repubblica, è abbastanza sconfortante. Nell'ultimo triennio in Italia sono stati aperti complessivamente 853 procedimenti. Il che vuol dire che, nel nostro Paese, ogni due giorni viene commesso un reato ispirato all'odio razzione e alla xenofobia. Una deriva geograficamente trasversale ma con una incidenza diversa nelle varie regioni.
La classifica dei distretti giudiziari è guidata da Roma (circoscrizione Lazio) con 202 processi. subito dietro c'è Milano (Lombardia) con 134, quindi Bologna (Emilia Romagna) con 157. Più indietro ci sono Firenze (Toscana) con 57 casi, Palermo, Catania e Caltanissetta (Sicilia) con 39, Venezia con 34, Torino con 31, Napoli e Salerno per la Campania con 27, Genova con 25 e Cagliari e Sassari per la Sardegna con 18.
In alcune regioni del Sud il fenomeno sarebbe più circoscritto: sono solo 7 i processi istruiti dalle due corti d'appello pugliesei (Bari e Lecce), 11 quelli calabresi (8 Reggio, 3 Catanzaro), 6 quelli umbri (Perugia). L'Abruzzo si colloca in linea con questi dati riguardanti il Meridione: sono 11 i procedimenti aperti nella nostra regione registrati dalla Corte d'Appello dell'Aquila.