La delibera sull’housing sociale è un atto “contraddittorio” e “illogico”, contrastante con precedenti delibere di giunta e di consiglio e potenzialmente discriminatorio nei confronti di alcuni cittadini.
Sono queste le ragioni principali con cui il dirigente del settore Servizi per il benessere della persona Fabrizio Giannangeli ha motivato, rispondendo venerdì scorso in consiglio comunale a un’interrogazione del consigliere di Articolo 1-Mdp Giustino Masciocco, l’atto di indirizzo – in realtà una semplice lettera inviata alla dirigente dell’epoca Dania Aniceti - con cui il sindaco Pierluigi Biondi, il 3 novembre scorso, bloccò il cosiddetto bando sull’housing sociale voluto dalla giunta Cialente.
Quella di Giannangeli è la prima, vera risposta ufficiale data dall’attuale amministrazione a chi aveva chiesto invano, in questi mesi, di conoscere le ragioni della sospensione. Una decisione, quest’ultima, che non è mai stata formalizzata né scritta nero su bianco in atti ufficiali e che è stata giustificata con la motivazione "ufficiosa" secondo cui il bando avrebbe finito per avvantaggiare, nell’assegnazione degli alloggi Case e Map, nuclei familiari non aquilani.
Il bando
Il cosiddetto bando sull’housing per l'assegnazione degli alloggi Case e Map, previsto dalla delibera di giunta 525 del 20 dicembre 2016, era rivolto a cittadini italiani, Ue e non Ue in possesso di un regolare permesso di soggiorno, residenti da almeno un anno nel comune dell’Aquila, non titolari di un immobile di proprietà e con un reddito non superiore a 40mila euro.
Al bando, scaduto il 30 gennaio 2017, hanno risposto 1156 famiglie. Le domande ammesse sono state 993. Di queste, 146 sono state presentate da famiglie che risultavano già assegnatarie.
Perché il bando sarebbe illegittimo
Secondo la risposta data da Giannangeli, la delibera sull’housing sociale presenta una serie di criticità.
Anzitutto sarebbe illogica, visto che, assieme al limite massimo dei 40mila euro di reddito annui, non viene fissato, contestualmente, un limite di reddito minimo. Nel bando, inoltre, è scritto che le famiglie assegnatarie devono poter garantire il pagamento dei canoni di compartecipazione e locazione e il versamento a mo’ di cauzione di 3 mensilità. Misure, scrive Giannangeli, potenzialmente penalizzanti per i nuclei familiari svantaggiati con redditi bassi.
Secondo il dirigente, inoltre, il bando sarebbe in contraddizione con due vecchie delibere: la 29 del 2015, che fissava canoni di compartecipazione e locazione agevolati (pari a 15, 20 e 50 euro mensili, a seconda delle fasce reddituali) alle famiglie con fragilità sociali (reddito Isee inferiore a 12mila euro); e la 353 del 2017, quella con cui venne dato il via al censimento degli assegnatari affittuari, i cittadini residenti nei progetti Case o nei Map tenuti al pagamento dei canoni di locazione. Anche in quel caso, la delibera prevedeva l’abbattimento dei canoni per le famiglie con Isee inferiore a 12mila euro, misura non contemplata, invece, dal bando sull’housing sociale, che, come detto, non fissa limiti di reddito minimi.
Infine, ha osservato Giannangeli, il bando potrebbe introdurre alcune disparità di trattamento tra i cittadini, anzitutto favorendo le 146 famiglie che hanno fatto domanda essendo già assegnatarie (per loro l’istruttoria potrebbe essere più veloce); in secondo luogo penalizzando le famiglie più numerose. Bisogna considerare infatti, scrive il dirigente, che il numero di appartamenti disponibile per le assegnazioni è limitato (in totale sono circa un’ottantina) e che sono tutti, o quasi, di piccole dimensioni, inadatti a ospitare nuclei con molti figli. “Nel bando” scrive Giannangeli “non vengono fissati né il numero né la tipologia degli alloggi da assegnare né viene specificata la durata delle graduatorie”. Né viene specificata in maniera precisa la definizione di "richiedente". Il rischio è che la composizione dei nuclei possa essere modificata ad arte, per esempio aggiungendo o escludendo alcuni membri, per avere punteggi più alti.
Giannangeli afferma, poi, che prima di procedere a nuove assegnazioni, bisognerebbe mettere ordine alla situazione esistente “semplificando le numerose fattispecie di accoglienza normate nel tempo”, tenendo conto del fatto che, a seguito di una ricognizione fatta dalla banca dati del Comune, sono emersi 447 contratti per i quali non sono stati specificati i requisiti di assegnazione e decine di altri casi che presentano anomalie e carenze di vario genere. Una gestione inefficace e confusionaria che ha generato, finora, un disavanzo per le casse comunali di 2,3 milioni di euro.
Il dirigente conclude scrivendo che “si provvederà con l’Avvocatura dell’ente a individuare l’iter più adeguato ad assicurare, in sede di riesame della deliberazione di giunta 525/2016, la tutela degli interessi pubblici coinvolti nella vicenda”.
Detto altrimenti, con la sospensione decretata di imperio da Biondi la maggioranza è consapevole di essersi andata a ficcare in un ginepraio e ora sta studiando il modo migliore e più indolore - sia da da un punto di vista politico che da quello giuridico-amminisrativo - per uscire da questo cul de sac.
Un'idea precisa sul nuovo indirizzo politico a cui attenersi non c'è, anche se l’assessore al Sociale Bignotti ha annunciato un paio di mesi fa partecipando a una commissione Garanzia che l’intenzione è quella di far pagare di più gli assegnatari affittuari con redditi bassi. In base ai dati forniti dall’assessore, oltre mille nuclei, con Isee compreso tra 7mila e 10mila euro, pagherebbero al momento meno di 50 euro al mese. E’ quasi scontato, dunque, che si andrà verso un aumento degli affitti. "Pochi euro in più al mese” aveva detto Bignotti “Una scelta impopolarema inevitabile”.
Quanto al caos e al mercato delle assegnazioni denunciato da Giannangeli, nel corso del consiglio comunale di venerdì scorso è venuto fuori che in questi mesi di sospensione del bando sull’housing sociale, mentre migliaia di famiglie rimanevano in attesa, sono proseguite le assegnazioni fatte con ordinanza sindacale, in sostanza a totale e insindacabile arbitrio del primo cittadino. Una pratica già in uso con Cialente e che Biondi, a dispetto delle promesse fatte in campagna elettorale, ha portato avanti.
Secondo alcune cifre fornite dall’opposizione, i casi sarebbero almeno una sessantina. Tra questi ci sarebbero anche assegnazioni accordate a ex consiglieri comunali.
Pelini: "Quer pasticciaccio brutto de via Carabba"
"L'avevano fatta grossa. Veramente grossa. E non sapevano proprio come uscirne. E così, dopo aver sparato alle quaglie con allarmi demagogici e infondati (la presenza preponderante di stranieri tra i richiedenti), ed essere passati ad un imbarazzante balbettio dopo aver capito che i numeri che cercavano di veicolare erano ben lontani dalla realtà, oggi - a distanza di quasi un anno - giustificano la sospensione del bando di housing sociale a cui avevano risposto quasi 1200 famiglie con motivazioni risibili e senza alcun fondamento. Utili, probabilmente, ad evitare la Corte dei Conti tentando di far passare non la sospensione del bando, pericoloso, anzi pericolosissimo, dato il numero elevatissimo e crescente di alloggi liberi e i conti sempre più in rosso, ma il suo annullamento".
L'affondo è di Fabio Pelini che, fino a giugno scorso, è stato assessore all'assistenza alla popolazione della Giunta Cialente. "Non si capisce cosa ci sia di illogico nel non aver previsto un limite di reddito minimo per accedere al bando", l'affondo; "è esattamente il contrario! La logica derivava dalla mancata ricostruzione (finora) di gran parte del patrimonio ATER, che ordinariamente si occupa proprio di quelle famiglie con redditi bassi e bassissimi che quindi con la previsione di un reddito minimo avrebbe tagliato fuori proprio loro, i più bisognosi. Dove sarebbe poi la contraddizione con due vecchi delibere? La 29 del 2015 era finalizzata esclusivamente alle fragilità sociali e introducendo canoni agevolati fissava contestualmente un reddito ISEE cui riferirsi (che nel bando in questione, non a caso, non c'è, ma c'è il reddito imponibile, sul modello di quanto applicato dall'Edilizia residenziale pubblica); la 353 del 2017, il cosiddetto censimento, serviva invece per fotografare la situazione variegata dei beneficiari affittuari del progetto CASE e MAP proprio per mettere ordine ad una situazione che si era sedimentata nel tempo in seguito a ordinanze della Protezione Civile, direttive della SGE, delibere comunali".
Come dire, un lascito alla nuova Amministrazione, affinché potesse operare con un quadro chiaro e definito. E coadiuvante esattamente del bando di housing sociale. "Altro che disparità di trattamento, esattamente il contrario! Il bando serviva esattamente ad omogenizzare situazioni diverse, figlie di contesti e fasi diverse. Ma l'obiettivo di fondo era quello di dare una risposta abitativa ai tanti (soprattutto aquilani, che avevano 10 punti in graduatoria, più di tutte le altre tipologie, con buona pace dello sciocchezzario messo in campo dai paladini del 'prima gli aquilani') che non ce la facevano ai normali prezzi di mercato, conseguendo nello stesso tempo l'obiettivo per l'Ente comunale di avere un introito e tentare di mantenere un equilibrio economico-finanziario".
Evidentemente, "pareva troppo facile per i rompitori di meccanismi. Che troppo concentrati con furia iconoclastica a distruggere tutto ciò fatto dai predecessori, non hanno avuto il tempo di studiare. E i risultati, infatti, sono sotto gli occhi di tutti. Con oltre 700 alloggi vuoti (a carico di tutti gli aquilani), senza un minimo di strategia su utilizzo, razionalizzazione, riqualificazione e una voragine nei conti che cresce esponenzialmente. Mentre, nel frattempo, il Sindaco assegna alloggi in maniera del tutto discrezionale: chi ne ha bisogno, vada a Palazzo Fibbioni, giuri fedeltà sulla purezza della razza e avrà assegnato un alloggio per direttissima".