Nei giorni scorsi, su alcuni quotidiani digitali è apparso un articolo – un pubbliredazione, e cioè una informazione a pagamento impaginata come un normale articolo - sulla possibilità d’acquisto di una prima casa a L’Aquila “senza il terrore di contrarre un mutuo, con la formula dell'affitto a canone concordato e riscatto finale”; le abitazioni in questione sono locate in via di Sfrizzoli 9, a Pettino. Sono proprietà di DeA Capital Real Estate SGR - società di gestione del risparmio, specializzata in fondi d’investimento immobiliare - che, leggiamo dal pubbliredazionale, offre una serie di vantaggi ai possibili acquirenti: in particolare, canoni agevolati d’affitto a partire da 280 euro mensili (per un alloggio monocamera) oltre ad oneri condominiali, riscatto dell’abitazione dopo 6+2 anni col riconoscimento dell’80% delle rate d’affitto. Il prezzo degli immobili, però, non è indicato.
Via di Sfrizzoli vi dice qualcosa? Tra agosto e settembre 2014, quegli appartamenti furono al centro di un braccio di ferro tra l’allora amministrazione Cialente e le 69 famiglie che lì risiedevano a seguito del terremoto del 6 aprile 2009 – per lo più inquilini delle case Ater di Preturo e persone che non riuscivano a trovare una casa poiché affittuari d’abitazioni classificate B o C a seguito del sisma – costrette a lasciare l’alloggio per trasferirsi nel progetto Case. L’amministrazione comunale aveva sottoscritto col fondo una convenzione nel novembre 2011 per rispondere, così, all’emergenza abitativa non ancora risolta; attraverso il 'Fondo Gamma', IDeA Fimit SGR Spa acquistò 80 appartamenti da destinare agli sfollati: i fitti sarebbero stati corrisposti dallo Stato attraverso il Comune dell’Aquila, con le risorse destinate alle diverse forme d’assistenza alla popolazione – parliamo di circa 50 mila euro al mese – che, tuttavia, proprio a metà del 2014 stavano andando ad esaurimento. Insomma, soldi non ce n’erano più e l’Ente non era in grado di far fronte ai canoni: dunque, la proposta agli inquilini di trasferirsi in alloggi del progetto Case che, nel frattempo, si erano svuotati, a meno che le famiglie non avessero deciso di pagare di tasca propria l’affitto.
Torniamo al fondo immobiliare.
DeA Capital Real Estate è una delle due SGR controllate da DeA Capital Spa; a metà del 2017, ha cambiato denominazione: fino ad allora, infatti, si chiamava appunto IDeA Fimit SGR Spa. E questo nome dovrebbe dirvi qualcosa.
Un passo indietro, necessario, all'immediato post sisma e alla 'intuizione', definiamola così, dell'allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi: per fronteggiare l'emergenza abitativa, società finanziarie di gestione del risparmio (possessori di capitali, liquidità e garanzie bancarie) vennero agevolate in ogni modo nell’acquisto di immobili che, poi, avrebbero affittato al Comune dell'Aquila per ospitare gli sfollati rimasti fuori dal progetto Case, ad un canone calmierato concordato, fino alla fine dell’emergenza. Un rapporto Ance parlava di 3 mila appartamenti sfitti pronti per essere requisiti, ma gli imprenditori edili preferivano affittare ai prezzi di un mercato che stava lievitando e, d'altra parte, c'erano costruttori con l'acqua alla gola interessati a vendere per rientrare con i fidi ed i mutui accesi presso le banche. Anche per questo, l'allora prefetto Franco Gabrielli non ebbe successo con le requisizioni.
Entrò così in scena Antonio Napoleone, faccendiere abruzzese; attraverso Europa Risorse Sgr, una società di gestione del risparmio, diede vita ad un fondo immobiliare speculativo, il ‘Fondo Aq’, per acquistare case con uno sconto del 25% rispetto al prezzo pre-sisma. Il fondo intendeva attrarre capitali per 100 milioni di euro e acquistare in tutto 500 appartamenti da cedere al Comune per alloggiare le famiglie la cui casa era stata dichiarata inagibile; in realtà, le abitazioni acquistate furono 320.
L'affitto da versare era stabilito con ordinanza della Protezione civile, parliamo di 500 euro al mese di media, più o meno.
Il fondo venne pubblicizzato come "etico" e vinse addirittura il "mattone d'oro" per la finanza solidale durante i Real Estate Awards. Tuttavia, non c’era alcuna garanzia che il guadagno fosse davvero etico; in effetti, il ‘Fondo Aq’ non fu vincolato a vendere o affittare gli appartamenti a prezzo calmierato, finita l’emergenza. D’altra parte, avrebbe dovuto offrire agli investitori - a fronte di un rischio importante - alti rendimenti; insomma, fin da allora un fondo immobiliare etico parve una vera e propria anomalia. Tra l’altro, il ‘Fondo Aq’ era stato sottoscritto da Fintecna e Fimit; il resto arrivò da un pool di banche capitanate dalla Banca popolare dell'Emilia Romagna, attraverso un mutuo, anche questo "etico", con tasso fisso all'1%.
Fintecna era la ben conosciuta finanziaria a capitale statale che controllava al 100% Fintecna immobiliare e Patrimonio dello Stato Spa, società che aveva come obiettivo "gestire, valorizzare ed alienare il patrimonio dello Stato"; quindi vendere con profitto. Fimit, invece, era una società di gestione risorse (Sgr) con diversi azionisti, per lo più enti previdenziali: Inarcassa (5%) Enasarco (10%) Enpals (19%) e Inpdap (30.72%). Il resto apparteneva ad una società di diritto lussemburghese, la Lbrep III, società di gestione di fondi della fallita Lehman Brothers, e un 17% restava al management, cioè la Ifim di Massimo Caputi, che era anche amministratore delegato di Fimit, uomo forte di Caltagirone nel consiglio d’amministrazione del Monte dei Paschi di Siena.
Fimit aderì al ‘Fondo Aq’ attraverso uno dei suoi tanti fondi immobiliari, il Senior. Nel comitato etico c'era anche il vescovo vicario dell'Aquila, monsignor Giovanni D'Ercole. In seguito, sarebbe confluita in Idea Fimit SGR spa, a seguito della fusione con Fare sgr. Fimit sgr era stata fondata nel 1998 da Mediocredito Centrale (60%) e Inpdap (40%) per la creazione di fondi comuni di investimento immobiliare chiusi, nell'ottica di privatizzare parte del patrimonio immobiliare pubblico. Lanciò il primo fondo nel 2001, Alpha, all'interno del quale Inpdap conferì 26 immobili, per un valore di 246.77 milioni di euro. Successivamente, nell'azionariato entrarono Enpals, Lehman Brothers III, FIMT S.a.r.l., Enasarco, Inarcassa, Istituto Fondi Immobiliari. Anche Fare sgr era nata nel 1998; nel 2006, lanciò il primo fondo, Atlantic 1, in cui erano presenti 46 immobili di Eni, GS e Telecom Italia per un valore totale di 636.7 milioni di euro. Nel 2008, il 70% di Fare sgr era stato acquisito da DeA Capital. Con la fusione tra Fare e Fimit nacque, insomma, la principale SGR italiana nel settore dei fondi immobiliari.
E torniamo così al punto di partenza.
DeA Capital Real Estate SGR, ieri IDeA Fimit SGR Spa, oltre ad aver partecipato al ‘Fondo Aq’ che, dal 2009 all’inizio 2015, allorquando si chiusero del tutto i rubinetti per le diverse forme d’assistenza, ha guadagnato circa 10 milioni di euro in locazioni, ha acquisito anche gli alloggi di via di Sfrizzoli, firmando poi una convenzione col Comune dell’Aquila, alcuni mesi dopo l’operazione con Europa Risorse. Ed ora, sta provando a venderli, come detto, dopo averli acquistati a prezzo d'affare e aver incassato i canoni fino alla metà del 2014.
Si è trattato di un’operazione etica? E soprattutto, cosa si nasconde dietro l’acquisto degli alloggi da parte dei fondi immobiliari? La domanda è più che lecita. E proviamo a spiegarvi perché.
Con una doverosa premessa: nove anni dopo, il direttore generale di Europa Risorse Antonio Napoleone e il consigliere delegato Fabrizio Antonini sono a processo con l’accusa di falso e truffa aggravata ai danni dello Stato. In sostanza, un’ordinanza della Presidenza del Consiglio prevedeva che i canoni d’affitto fossero quantificati a seconda del numero di stanze disponibili: ebbene, stando all’accusa i due imputati avrebbero fatto risultare che alcuni degli appartamenti affittati disponessero di un numero di locali abitabili maggiore di quello reale. La prima udienza – calendarizzata il 18 aprile scorso – è stata rinviata dal giudice Giuseppe Romano Gargarella al 27 giugno prossimo. Il Comune dell’Aquila si è costituito parte civile nel procedimento.
Detto ciò, ad oggi Dea Capital sta cercando di vendere gli appartamenti di via di Sfrizzoli, sebbene gli inquilini siano stati mandati via quasi quattro anni fa, e ci prova con inserzioni pubblicitarie sui quotidiani; evidentemente, non c’è molto mercato: d’altra parte, l’immobiliare è in difficoltà, considerata l’offerta di alloggi che supera di gran lunga la richiesta. E poi, a quanto si è potuto apprendere da alcune famiglie che pure erano interessate all’acquisto qualche anno fa, la valuazione all'epoca erano fuori mercato. Lo ribadiamo: ad oggi, negli articoli redazionali non si fa cenno al prezzo d'acquisto.
Gli altri 320 alloggi riferibili a Europa Risorse sono, per lo più, in condizione di totale abbandono, e si pensi al complesso di decine d’appartamenti sito in strada vicinale dei Cappuccini, a pochi metri dalla scuola ‘Galileo Galilei’, lasciati vuoti, nell’incuria e nel degrado, in attesa, si può ipotizzare, di poterne trarre il massimo vantaggio possibile. Intanto, ed è davvero incomprensibile stante la situazione, la proprietà sta intimando lo sfratto ad alcuni degli assegnatari che vivono ancora in immobili del fondo in città. A farla breve, finiti i soldi per le diverse forme d’assistenza, Europa Risorse pretendeva che gli assegnatari pagassero la stessa cifra che era riconosciuta dallo Stato tramite il Comune dell’Aquila, assolutamente incongruente e fuori mercato; per questo, gli inquilini hanno provato a trattare, chiedendo che il dovuto fosse parametrato ai valori medi dei così detti ‘patti territoriali’: una trattativa lunga ed estenuante che si è risolta con un nulla di fatto. Ed ora, Europa Risorse intende cacciare i cittadini che abitano gli alloggi chiedendo, come detto, le somme non versate dal maggio 2015 ad oggi, e chiede indietro i soldi anche alle famiglie che nel frattempo hanno accettato il trasferimento in un progetto Case o sono tornate a casa – sebbene gli inquilini raccontino di non aver avuto neanche un conto corrente dove versare eventualmente il dovuto – con una ulteriore indennità d’occupazione pari a 40 euro per ogni giorno trascorso negli alloggi dalla fine del regime emergenziale.
Una somma spropositata: ad alcune famiglie vengono chiesti indietro oltre 60mila euro.
Viene da chiedersi, cosa intende farci Europa Risorse con gli alloggi? Lasciarli in stato d’abbandono, come in via dei Cappuccini, o provare a venderli come sta tentando di fare DeA Capital in via di Sfrizzoli, sebbene il mercato sia saturo dal punto di vista dell’offerta? E a che prezzo? Come mai il fondo – definitosi etico – non accetta di calmierare gli affitti agli attuali inquilini parametrandoli ai patti territoriali e, così, attirando magari anche altre famiglie negli alloggi vuoti piuttosto che tenerli vuoti? Che interessi sono in gioco?