Giovedì, 23 Agosto 2018 16:59

24 agosto 2016, ore 3:36: due anni fa, il terremoto scuoteva il centro Italia. 730 giorni dopo, la ricostruzione è ferma al palo

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24 agosto 2016, ore 3:36; una scossa di magnitudo 6 scuote il centro Italia investendo quattro regioni: Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. 299 i morti, decine e decine i feriti, alcuni Comuni vengono rasi al suolo: Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto sono l’epicentro di una immane tragedia.

Passano due mesi, il 26 e il 30 di ottobre altre scosse di terremoto, una di magnitudo 6.5 – la più forte degli ultimi trent’anni in Italia – devasta ciò che resta al confine tra Marche e Umbria; Castelluccio, frazione di Norcia, viene distrutta.

Cresce il numero degli sfollati.

Dunque, il 18 gennaio 2017 altre quattro scosse oltre la magnitudo 5 - una dietro l’altro - scuotono il Lazio e l’Abruzzo, già falcidiato dal maltempo: è il giorno della terribile tragedia di Rigopiano; i morti saranno 34, 29 sotto le macerie del resort travolto dalla slavina sul versante pescarese del Gran Sasso.

Nel complesso, i danni causati dai terremoti che si susseguono tra la metà del 2016 e l’inizio del 2017 ammontano a quasi 24 miliardi di euro: così certifica la Protezione Civile in un fascicolo inviato all’Unione Europea. Sono 340 mila gli edifici danneggiati ‘sparsi’ su una vasta area di 8mila km quadrati, 140 i Comuni investiti, più di 70 montani, oltre i 900 metri di altitudine, la quasi totalità con meno di 10mila abitanti, addirittura 56 con meno di 1000 residenti, 600mila le persone coinvolte, per un quarto anziani con più di 65 anni.

Leggiamo dal rapporto pubblicato dall’allora Commissario Vasco Errani: “Gli eventi sismici colpiscono un territorio più complesso ed eterogeneo rispetto a quelli coinvolti negli eventi passati. Inoltre, si tratta di un territorio già fortemente provato dalla crisi economica e dal conseguente spopolamento, con istituzioni locali di piccole dimensioni che difficilmente possono sostenere, senza i necessari supporti, l’impatto, non soltanto economico ma anche procedurale, di una ricostruzione così vasta e significativa”.

Sono passati 2 anni esatti dalla prima scossa di terremoto, 730 lunghissimi giorni segnati da sofferenze e disagi nei territori martoriati dalle migliaia di eventi sismici che hanno accompagnato l’alternarsi delle stagioni. E la ricostruzione è ancora un miraggio. Errani aveva promesso “meno burocrazia possibile”, ed invece è proprio la confusione normativa che ha finito per ingessare drammaticamente i processi, tra decreti legge aggiornati e decine di ordinanze della struttura commissariale.

Più del 50% delle macerie prodotte – parliamo di un totale di 2milioni e 600mila tonnellate di materiale circa - è ancora per strada, alcuni borghi lungo la Salaria sono sospesi, congelati, come ci ritrovassimo all’indomani di quel terribile 24 agosto; le casette provvisorie sono state consegnate con notevoli ritardi, alcune presentano importanti problemi strutturali – ci sono alloggi che sono stati danneggiati dalla scossa del 10 aprile scorso, con epicentro a Muccia (Macerata) - e, comunque, le assegnazioni non sono concluse, ci sono famiglie che aspettano ancora.

Gli sfollati sono più di 50mila.

Per intendersi: ad un anno dal primo evento sismico, nei comuni investiti dagli eventi sismici erano state smaltite meno del 10% delle macerie ed erano state consegnate 400 casette sulle oltre 3600 richieste. Stesso ritardo si riscontrava anche nella distribuzione delle stalle agli allevatori che, a seguito del sisma, non potevano più utilizzare le proprie.

Due anni dopo

Ad oggi, due anni dopo, le opere pubbliche si contano sulle dita di una mano. Nonostante in questi anni con tre ordinanze (14 e 33 del 2017 e la 56 del 2018) siano stati previsti interventi di riqualificazione o nuove edificazioni per ben 235 edifici scolastici, sembrano tuttavia ancora lontani i tempi di realizzazione visto che la maggior parte dei cantieri sono ancora in fase di progettazione o di attuazione. In particolare, delle 21 scuole individuate con la prima ordinanza (n.14) e da realizzare entro l’anno scolastico 2017-2018, ne sono state ricostruite solo quattro: la nuova scuola di Leonessa, inagurata poche ore fa, la scuola per l’infanzia di Via Don Petruio a Fabriano, la scuola Romolo Capranica ad Amatrice e la scuola di Crognaleto; avviati i lavori di edificazione delle scuole di Giano e Foligno in Umbria, dei Poli scolastici di Macerata e San Ginesio nelle Marche e della scuola di Accumuli nel Lazio.

La ricostruzione privata conta poco più di 600 cantieri nel cratere diffuso. Una inerzia.

no selfieEppure, i soldi ci sono: nel bilancio dello Stato sono appostati 7.5 miliardi di euro, ne arrivati altri 1.2 dall’Unione Europea. In gennaio, l’allora presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha dichiarato che la ricostruzione “durerà anni”. E ci sono borghi che non verranno ricostruiti affatto; “No foto, no selfie: rispetto per le vittime” è scritto in rosso su grandi teli bianchi a Pescara del Tronto, comune di Arquata, piccolo scrigno sulla Salaria dove hanno trovato la morte 47 persone: “Riunirò l’assemblea dei residenti – ha spiegato il sindaco Aleandro Petrucci – e metteremo ai voti le soluzioni alternative che ci proporranno gli esperti. Sceglieremo a maggioranza dove ricostruire il paese. La vecchia Pescara del Tronto, invece, potrebbe diventare un museo della nostra memoria, è un’idea su cui stanno lavorando 70 architetti”.

Stessa situazione nel Lazio, nelle frazioni di Libertino, Tino e San Giovanni del comune di Accumoli che andranno abbandonate perché si trovano su terreni non sicuri; lo scorso anno, per decidere come e dove ricostruire, è stato incaricato un gruppo di lavoro, il Centro di micro-zonazione sismica, composto da 25 enti e centri di ricerca, geologi e ingegneri, con il compito di effettuare una radiografia della zona del cratere.

Sul fronte del recupero delle macerie pubbliche, sono 1.077.037 (40%) le macerie pubbliche che, al 31 luglio 2018, risultano essere state rimosse nelle quattro regioni (Abruzzo 12% macerie raccolte, Marche 43%, Lazio 39% e Umbria 72%) su un totale stimato di 2.667.000 tonnellate. I ritardi sono dovuti al tempo occorso per far partire la macchina. Ha pesato la mancanza di pianificazione preventiva, visto che ci sono voluti mesi per individuare e autorizzare siti temporanei idonei a conferire le macerie. In Abruzzo il sito presso la Cava di Mozzano a Capitignano, che riceve le macerie di Campotosto, Capitignano e Montereale, è stato reso operativo solo ad aprile 2018.

La mancanza di mappe del materiale pericoloso e di quello storico ha ulteriormente rallentato la rimozione.

D'altra parte, i tempi delle demolizioni e quelli della rimozione, affidati a soggetti diversi, molto spesso non sono coordinati. Non solo. I camion, nelle Marche ed in particolare nel Lazio, hanno dovuto percorrere lunghi tratti di strade dell’Appennino per depositare i materiali rimossi.

E poi c’è il problema della gestione delle macerie private, quelle che saranno prodotte dalle demolizioni che faranno i privati, di cui manca una stima e la partita innovativa da giocare legata al recupero degli inerti. In Umbria solo il 20% delle 70 mila tonnellate di inerti finora è stato utilizzato dai comuni. Nelle Marche le imprese a cui vengono conferiti gli inerti sono a rischio saturazione, se non si sollecita e si organizza la domanda di aggregati reciclati nella ricostruzione. Stesso discorso per Lazio e Abruzzo.

Per quanto riguarda invece le SAE (soluzioni abitative per l’emergenza), al 22 agosto 2018, stando agli ultimi dati riportati sul sito della Protezione civile, sono ancora 231 quelle che debbono essere consegnate ai sindaci di 10 comuni. Ma potrebbero essere molto di più le SAE che non sono state consegnate alle famiglie: la Protezione Civile, infatti, avverte che la consegna ai sindaci non vuole necessariamente significare che le case siano state consegnate alle famiglie.

Tra l’altro, alcuni tra i primi cittadini del cratere considerano le casette una sorta di spina nel fianco. "I villaggi sono tristissimi”, sospira Filippo Palombini, ingegnere, subentrato a Sergio Pirozzi - eletto nel frattempo consigliere regionale - alla guida di Amatrice. “Quegli alloggi costano un botto, durano poco e danno un sacco di problemi. Se li prenderò in gestione, dopo? Nella maniera più assoluta, farò le trincee. Se mi dicono che siamo obbligati, mi devono spiegare chi paga la rimozione. Piuttosto, noi chiediamo allo Stato di investire sulle seconde case, quella è l’economia del nostro territorio. O puntiamo a una ricostruzione fatta bene oppure dobbiamo andarcene tutti". Intanto, quasi tutte le attività economiche di Amatrice sono state riaperte nelle due strutture realizzate all'ingresso del borgo, "ma ora la sfida è riuscire a mantenerle – sottolinea il sindaco – C’è scarsa disponibilità di alloggi e seconde case, è faticoso". E il borgo del reatino, simbolo della tragedia, è assai avanti rispetto agli altri Comuni. 

A Roma ci si interroga su chi andrà a sostituire Paola De Micheli, già sottosegretaria con delega alla ricostruzione, che è subentrata al dimissionario Vasco Errani: una disputa tra Lega e M5S che non si è ancora risolta.

Il giorno del ricordo

Ad Amatrice e Accumoli è stata la notte del ricordo.

accumoliNei due comuni del reatino si stanno svolgendo diversi momenti di ricordo e preghiera. Alle 21, a Illica, il vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili, ha presieduto l’adorazione eucaristica in una delle frazioni di Accumoli che contò il maggior numero di vittime. La veglia di preghiera si è svolta, invece, ad Amatrice. Il raduno dei partecipanti è stato fissato presso la struttura appositamente allestita nell’area in cui sorgeva l’Istituto Alberghiero. La veglia ha avuto inizio alle 1:30.

A partire dalle 3, i presenti hanno raggiunto il monumento memoriale delle vittime nel parco ‘Padre Giovanni Minozzì con una fiaccolata cui ha partecipato anche il vice premier Luigi Di Maio. Qui c'è stato un momento di silenzio e raccoglimento per ricordare quanti hanno perso la vita quella notte. La preghiera ha avuto inizio alle 3:30 preceduta dai rintocchi della campana: uno per ognuno dei 239 caduti.

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, invece, ha partecipato alle commemorazioni a Pescara del Tronto. "Ora diamogli sotto", ha esortato uno dei partecipanti rivolto al premier. Conte dopo la commemorazione si è fermato a parlare con i parenti delle vittime, poi prima di andarsene è stato avvicinato da un comitato di terremotati. Gli avevano mandato una lettera, che però Conte ha detto di non aver visto. "Fatemela avere", ha chiesto loro, assicurando che stavolta non se la lascerà sfuggire.

Alle 11 del 24 agosto, la struttura allestita per la notte vedrà il vescovo Pompili presiedere la celebrazione eucaristica che sarà trasmessa in diretta su Rai Uno.

Il vescovo presiederà una messa anche ad Accumoli, alle 17, nella principale area Sae in cui sorge anche il monumento ai caduti

ActionAid: “E’ necessario un piano nazionale di prevenzione e risposta alle emergenze”

“È necessario un piano nazionale di prevenzione e risposta alle emergenze che aiuti e faciliti le comunità colpite dal terremoto nel lavoro di ricostruzione civile e concreta dei territori feriti e punti sulla partecipazione attiva delle cittadine e dei cittadini”.

Questa la richiesta di ActionAid alle Istituzioni in occasione del secondo anniversario del sisma in Centro Italia.

Sono passati 2 anni, 730 giorni trascorsi da quel minuto che ha scosso la terra e con essa la vita di migliaia di persone. Nulla è uguale a prima: la quotidianità, il paesaggio, le relazioni. E i territori colpiti dal sisma in Centro Italia non sono ancora stati ricostruiti, le macerie sono ancora lì. A segno inequivocabile dell’importanza di avere un piano nazionale di prevenzione e risposta alle emergenze che aiuti le istituzioni e le comunità ad essere adeguatamente preparate in caso di catastrofi naturali e che faciliti processi di ricostruzione rapidi, trasparenti e partecipati.

“L’Italia è il secondo paese europeo per incidenza di eventi sismici: se ne contano 10 di grande intensità e impatto solo negli ultimi 30 anni ma ancora non si è dotata di strumenti nazionali standardizzati di gestione del rischio”, sottolinea Elisa Visconti, responsabile dipartimento programmi ActionAid. “Oggi nel nostro paese, nonostante la terra da nord a sud stia ancora tremando per nuove scosse di terremoto, non si è fatto nulla. Chiediamo ancora una volta alle istituzioni di aprire un tavolo di consultazione partecipata che porti alla definizione di un piano nazionale di prevenzione e risposta alle emergenze”.

Ultima modifica il Venerdì, 24 Agosto 2018 09:03

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