Come annunciato dal giudice onorario Angelo Caporale sono state rese note, a trenta giorni dalla sentenza, le motivazioni con cui il giudice ha condannato il 16 dicembre scorso quattro attivisti dei movimenti aquilani nel post-sisma a sei mesi di reclusione, in relazione al presidio dentro e fuori la sede della Regione Abruzzo svoltosi all'Aquila il 23 dicembre 2010.
A leggere le motivazioni della sentenza, sono state decisive le testimonianze dei due ispettori della Digos dell'Aquila Roberta Urbani e Roberto Mancini, di cui vi abbiamo raccontato nei mesi del processo. Nelle motivazioni si riporta la testimonianza di Urbani: "Queste persone sono arrivate davanti alla sede della Regione di via Iacobucci [...] lì hanno cominciato a gridare di aprire il cancello alle guardie giurate, hanno cominciato a tirare palle di neve e pezzi di ghiaccio [...] hanno preso il cancello scuotendolo violentemente, quindi hanno danneggiato il motore. Il cancello si è poi aperto manualmente...". Sulla stessa linea la testimonianza di Mancini che, tuttavia, adduce il danneggiamento del cancello carrabile alla calca: "Queste persone erano svariate decine [...] hanno cominciato ad accalcarsi tutti quanti al cancello carrabile della sede. La calca ha provocato la rottura del motore del cancello elettrico e, non essendo più gestibile elettronicamente, si è potuto aprire manualmente. Le persone che erano presenti, parecchie persone, hanno aperto il cancello. Tra la moltitudine di persone che c'era lì, riconoscevo gli imputati".
Già nell'udienza del 7 ottobre scorso, gli stessi Urbani e Mancini spiegavano che il riconoscimento dei manifestanti che sarebbero stati poi indagati e processati non è avvenuto in loco, ma per una sorta di 'conoscenza personale': "Conosciamo gli indagati perché fanno parte dei comitati cittadini e perché intervengono nelle assemblee", affermava Roberta Urbani. Gli agenti della Digos erano presenti a tutte le assemblee che si svolgevano in quel periodo in piazza. Il fatto che, in questi anni, siano state denunciate decine di persone tra gli animatori delle assemblee e delle manifestazioni cittadine, è un dato politico importante e piuttosto inquietante. In altre parole, le persone che intervengono nelle assemblee sono note alle forze dell'ordine e quindi potenzialmente passibili di denuncia in caso di presidi e manifestazioni, anche e soprattutto se non viene posta in essere l'identificazione in loco da parte delle forze dell'ordine.
Ad ogni modo, Caporale ha ritenuto che ci fosse una condotta violenta da parte dei quattro imputati: "In ragione di quanto sopra (le testimonianze di Urbani e Mancini, ndr) deve ritenersi raggiunta la prova della sussistenza del fatto reato ascritto agli imputati, i quali con violenza contro il cancello carrabile (quanto ai primi due coimputati) e contro il portone della sala consiliare (quanto agli altri due coimputati) invadevano ed occupavano la sede del consiglio regionale abruzzese. Ciascuno degli imputati con la propria azione, comunque violenza ai danni di beni pubblici, ha concorso in modo decisivo, quanto ai primi due coimputati, allo scardinamento della sezione del cancello carrabile, quanto agli altri due al danneggiamento del portone della sala consiliare".
Alla luce delle motivazioni, sulla sentenza rimangono forti dubbi. In primo luogo, Paolo Costanzi - direttore amministrativo della Regione Abruzzo chiamato a testimoniare dall'accusa riguardo i presunti danni materiali - ha riferito durante il processo che ci fu prova del danneggiamento del cancello carrabile ma, in alcun modo, si poteva provare il danneggiamento del portone della sala consiliare, che ha causato la condanna di due dei quattro imputati. In secondo luogo, nelle motivazioni della sentenza si cenna solamente al reato di invasione, per cui i quattro sono stati condannati a sei mesi (assieme all'accusa di danneggiamento).
Dubbi che probabilmente saranno sollevati anche dagli avvocati difensori, che subito dopo la sentenza hanno annunciato il ricorso alla Corte d'Appello. Nel frattempo, continuano i processi contro le iniziative di attiviste e attivisti aquilani in questi anni. Ben 57 sono le denunce notificate dal 2010 a oggi. Il prossimo appuntamento è previsto per il 3 febbraio, quando sul banco degli imputati ci saranno 14 persone, accusate di violenza privata e manifestazione non autorizzata nel giorno dell'ultima visita di Berlusconi all'Aquila, il 9 novembre 2010. Anche in quel processo, a giudicare sarà Angelo Caporale.