Condannati a 6 mesi di reclusione e 200 euro di multa. E' questa la sentenza emessa oggi dal giudice onorario Angelo Caporale nei riguardi di ognuno dei quattro imputati per il presidio fuori e dentro la Regione Abruzzo del 23 dicembre 2010.
In quel pomeriggio invernale centinaia di aquilani entrarono nel piazzale del Palazzo dell'Emiciclo all'Aquila, per protestare contro il mancato rinvio della sospensione della restituzione dei tributi non versati dopo il sisma. Anche grazie a quella manifestazione il Governo Berlusconi si impegnò a prorogare di altri sei mesi l'inizio della restituzione dei tributi, reinserendo la norma nel "decreto milleproroghe". L'accusa per i quattro è di danneggiamento (del cancello antistante l'Emiciclo e di un portone interno) e invasione. Quella protesta fu solo l'ultima, in ordine temporale, di una stagione densa di manifestazioni per il movimento aquilano. Il procedimento conclusosi oggi è, infatti, il terzo di cinque processi ai danni di attivisti e attiviste che in quel periodo scesero in piazza.
Oggi il giudice Caporale ha emesso una sentenza a sorpresa. Durante la requisitoria finale, infatti, il Pubblico Ministero (titolare Simonetta Ciccarelli) aveva chiesto l'assoluzione per tutti gli imputati per il reato di invasione, e la condanna a 6 mesi per due dei quattro per il danneggiamento del cancello esterno all'edificio sede della Regione. Durante l'udienza di stamane è stato ascoltato l'ultimo dei testimoni chiamati dal Pm: Paolo Costanzi, direttore amministrativo della Regione Abruzzo, ha dichiarato che non sono stati riscontrati danni al portone interno dell'edificio, oggetto del presunto danneggiamento. Anche per questo, il Pm ha chiesto l'assoluzione per il reato di danneggiamento per due dei quattro imputati: "Non ci sono le prove del danno", ha affermato durante la requisitoria finale. E' stata chiesta l'assoluzione in formula piena anche per l'ipotesi di invasione, perché "il fatto non sussiste".
Moltissimi furono a entrare dentro il palazzo, compresi rappresentanti politici (chiamati a testimoniare dalla difesa durante il corso del processo ) come Stefania Pezzopane, Giovanni Lolli e Giovanni D'Amico. Sarà curioso sapere se, all'uscita delle motivazioni della sentenza (prevista entro i prossimi trenta giorni), Caporale trasmetterà gli atti alla Procura della Repubblica, affinché possa procedere anche nei confronti degli altri manifestanti presenti quel giorno al Palazzo dell'Emiciclo: "Quella sera eravamo centinaia, compresi molti politici", ripetono alcuni degli imputati con amarezza.
"Rimaniamo esterefatti di fronte a questa sentenza – commentano fuori dal Tribunale gli avvocati difensori Gregorio Equizi, Gianmatteo Riocci, Elena Cipolloni e Andrea Buzzelli – ricorreremo all'appello, siamo certi che in quella sede i nostri assistiti saranno assolti".
Nonostante la pena sia stata sospesa, è una sentenza dura per quattro degli attivisti del movimento aquilano, che ha animato le proteste in città (e non solo) in questi anni.
Le reazioni
Il Comitato 3e32 reagisce alle condanne inflitte ai quattro attivisti, mettendo in relazione il processo con le archiviazioni di altri procedimenti relativi alla gestione della ricostruzione e facendo riferimento anche all'inchiesta che NewsTown ha pubblicato la scorsa settimana: "Ricordiamo tutti quel giorno, quando esasperati di fronte all'ennesima presa in giro del Governo sulla restituzione dei tributi, in centinaia ed insieme ai rappresentanti delle categorie e delle istituzioni locali, decidemmo di occupare le stanze della regione e dell'allora commissario Chiodi, per chiedere equità di trattamento fiscale. Grazie a quella protesta infatti, il Governo, all'ultimo minuto, approvò un emendamento sulla riduzione e rateizzazione delle tasse da restituire, un risultato strappato grazie alla presenza ed alla determinazione di tutti. Invece oggi, nell'incredulità generale, il giudice onorario Caporale ha condannato 4 persone, nonostante perfino il Pubblico Ministero avesse chiesto l'assoluzione per l'occupazione e nonostante diversi rappresentanti della Regione stessa avessero testimoniato il fatto che non ci sia stato nessun reale danneggiamento. Questa condanna è ancora più grave se si considera che è stato invece archiviato il procedimento relativo alle intercettazioni dell'ex assessore Lisi, in cui ci si rallegra per gli affari del terremoto, mentre poi condanna e criminalizza il movimento che in questi anni si è battuto per la giustizia e la trasparenza della ricostruzione.
Siamo convinti - si legge nella nota di 3e32 - che il giudizio di appello ribalterà questo verdetto ridicolo, ai danni di cittadini scelti arbitrariamente dalla questura, senza alcuna identificazione, ma solo perchè ritenute "persone note", e cioè perchè attive nelle assemblee e nelle riunioni. A questo punto condannateci tutti, ma sappiate che noi continueremo comunque a batterci contro ogni ingiustizia e speculazione, e per una ricostruzione certa e trasparente", conclude il comitato.
Anche Rifondazione Comunista esprime piena solidarietà ai quattro condannati per la manifestazione del 23 dicembre 2010, e si augura che l'appello possa modificare la sentenza di primo grado. "In quell'occasione erano presenti diversi nostri militanti assieme a tanti cittadini e cittadine. La protesta per la proroga della restituzione delle tasse era infatti sostenuta unanimemente da tutta la città, che a pagare siano solo in quattro non può che lasciare costernati tutti quanti", ha scritto Francesco Marola, segretario provinciale PRC. "Grazie a queste continue manifestazioni, all'interno di una logica vergognosa da parte del Governo che ogni volta costringeva la popolazione a mobilitarsi per ciò che avrebbe dovuto essere un diritto riconosciuto, si riuscì ad ottenere più volte la proroga alla restituzione delle tasse. Questi quattro attivisti dovrebbero dunque ricevere una nota di merito, non una condana".
"Oggi quattro persone sono state condannate per l’occupazione simbolica della Regione, avvenuta il 23 dicembre del 2010. Eppure, tre anni fa alla Regione eravamo in molti. Andammo dopo un’infuocata assemblea, cui partecipavano forze politiche, sindacali e di categoria. Il governo ci chiedeva la restituzione delle tasse; per la nostra economia allo stremo era vitale ottenere, al contrario, un rinvio". Si legge in una nota diffusa da Appello per L'Aquila. "La nostra protesta fu portata al palazzo della Regione, che avrebbe dovuto essere aperto per il rientro pomeridiano degli impiegati. Trovammo invece i cancelli chiusi, come era capitato addirittura in occasione di sedute di consiglio regionale, sedute che notoriamente dovrebbero essere pubbliche. Qualcuno riuscì ad aprire ugualmente, l’occupazione del palazzo vuoto fu pacifica e senza nessun danno (come ha testimoniato lo stesso direttore amministrativo della Regione). Entrati negli uffici degli amministratori regionali, il massimo del nostro dissenso venne espresso attaccando dei post-it sulle scrivanie!! Ironizzammo su noi stessi per quel gesto debole! In serata, da Roma, arrivarono buone notizie: grazie anche a quell’iniziativa, venne accordata una proroga di altri sei mesi al pagamento dei tributi, una piccola boccata di ossigeno. Per quel provvedimento, molti politici – da Gianni Letta al sindaco Cialente ed altri – si sono appuntati medaglie sul petto. Oggi, però, a pagare per quel gesto di attivismo civile, disinteressato e non-violento, sono solo in quattro. Quattro scelti a caso dalla Questura, tanto da non essere identificati sul posto, come in altre inchieste e in altri processi. Cittadini puniti per il loro impegno, mentre gli sciacalli continuano a ridersela. E’ l’ennesimo processo contro quei cittadini che non si rassegnarono e lottarono. E’ il tentativo di riscrivere la storia di quella stagione di impegno civico e di senso di comunità".
Nel pomeriggio di martedì, attraverso il social network Facebook, arriva anche la solidarietà del sindaco dell'Aquila Massimo Cialente: "Premesso che, come si dice, non si commentano le sentenze....esprimo la mia più totale solidarietà ai quattro condannati per quella protesta, sacrosanta, presso la Regione. La cosa che mi colpisce, è che quando nell'ambito di una manifestazione di decine e decine di persone, ne vengono denunciate solo una parte, è che assomiglia ad una decimazione. Durante la prima guerra mondiale, i felloni ufficiali italiani, per intimorire le truppe, procedevano alla decimazione. e fucilavano quei poveri soldati, solo sfortunati. Pagina poco nota della nostra storia. Ecco, queste sono decimazioni, servono ad intimorire. Spero che in appello prevalga il buon senso. L'unica cosa che mi spiace è che quella sera ero a Roma a litigare in un ministero (erano giornate intense). Mi sento in effetti in colpa che quei quattro pagano per tutti noi , per aver fatto sacrosante battaglie".