Meno sicurezza, meno ricchezza e meno lavoro.
Sono in sintesi gli effetti che il Decreto Salvini, diventato legge il 27 novembre del 2018 con l’approvazione in parlamento, rischia di produrre a L'Aquila.
Parliamo, in particolare, dell'articolo 12 recante 'disposizioni in materia di accoglienza dei richiedenti asilo'. Chi crede che la ristrutturazione del sistema di protezione dei rifugiati renderà più efficiente ed efficace la gestione del fenomeno migratorio sbaglia di grosso. E a pagare le conseguenze sociali ed economiche della nuova normativa saranno anche i cittadini aquilani. E' il paradosso delle politiche approvate sulla pelle di migliaia di persone, in nome dello slogan "Prima gli italiani".
Del decreto Salvini e della disumanità di politiche così violente abbiamo parlato diffusamente [qui, qui e qui]. Una legge che restringe lo spazio dei diritti e delle libertà per minoranze o gruppi, già bocciata dal Consiglio Superiore della Magistratura per "criticità costituzionali". In attesa della pronuncia della Consulta, un centinaio di amministratori locali si sono opposti all'esclusione dei richiedenti asilo dall’iscrizione anagrafica. Sulla scia degli attacchi dei primi cittadini Orlando e De Magistris, sindaci e presidenti di Regione sono pronti a boicottare una norma anticostituzionale che mina il principio di uguaglianza che attribuisce a tutti gli stessi diritti e gli stessi doveri.
Da tempo realtà del terzo settore, enti ed associazioni impegnati nell'accoglienza e nell'integrazione dello straniero, hanno lanciato l'allarme sugli effetti che produrra la ghettizzazione di migliaia di persone in condizione di vulnerabilità, destinate a vedersi togliere il diritto di essere inserite nei servizi di integrazione. Una previsione che alimenterà corruzione, razzismo e scaricherà sui territori costi, disagi e tensioni sociali. E' questo uno dei punti più controversi della legge: la riorganizzazione dello Sprar, il sistema pubblico di accoglienza secondaria virtuoso, trasparente e sostenibile controllato dai Comuni, verrà depotenziato e limitato a chi è già titolare di protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati.. Con pesanti conseguenze sociali ed economiche.
Per capire quanto questi timori siano fondati, basta guardare i numeri. Il progetto Sprar attivo a L'Aquila dal 2011 e gestito dal Comitato territoriale Arci, solo nell'ultimo anno, ha ridistribuito sul territorio circa 150.000 euro di risorse attraverso la creazione di posti di lavoro. L'equipe multidisciplinare che segue i beneficiari durante la loro permanenza nell'ambito del progetto, infatti, è attualmente composta da quattro operatori assunti full time e quattro part time. A questo personale si affiancano professionisti esterni: psicologi, avvocati, e mediatori culturali.
Poi ci sono le spese sostenute dai beneficiari per il vitto, l'abbigliamento e l'acquisto dei materiali da parte degli operatori (90.000 euro), gli abbonamenti urbani (Ama) ed extraurbani (Tua), e l'affitto delle strutture, tre all'Aquila e una in convenzione a Castel del Monte (40.000 euro). Tutte risorse attualmente garantite dal Ministero dell'Interno attraverso il Fondo Nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo (con un cofinanziamento da parte dell'ente gestore pari al 20%) impiegate in attività che generano importanti ricadute, economiche e soprattutto sociali, sul territorio. E che rischiano di venire meno per effetto del Decreto Salvini.
Una buona percentuale delle risorse è impiegata anche nella formazione. Nell'ambito del progetto, sono stati infatti attivati 5 tirocini formativi extracurriculari retribuiti (per un totale di 10.000 euro) e 4 distinti progetti di Servizio civile che, oltre a generare competenze e professionalità, hanno avuto un esito occupazionale, con due persone oggi assunte nello Sprar. Circa venti studenti hanno inoltre effettuato tirocini formativi grazie alle convenzioni con l'Ateneo aquilano, con l'Università di Macerata e con Roma 3.
Non solo. I benefici hanno riguardato anche le ditte locali con le quali sono stati attivati circa 100 tirocini. Ciò, oltre a rappresentare possibilità formative per i beneficiari, ha permesso alle aziende di usufruire di manodopera aggiuntiva attraverso gli incentivi erogati dal progetto.
Grande, infine, è l'attenzione che il progetto dedica alla parte sanitaria. Oltre ai controlli di routine, il progetto garantisce sostegno psicologico, dimostratosi in questi anni essenziale, e tutti i beneficiari vengono presi in carico da un medico di famiglia ed iscritti al Servizio Sanitario Nazionale.
I progetti Sprar dell'Aquila, Pizzoli e Castel del Monte
Il primo progetto Sprar presentetato dal Comune dell'Aquila, che ne è ente titolare, al Fondo Nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo è stato quello per il triennio 2011-2013. Prevedeva una disponibilità di quindici posti e, mediante gara di affidamento del servizio, la gestione è passata al Comitato Territoriale Arci dell'Aquila. Se inizialmente il progetto è stato approvato e finanziato nell'ambito dell'Emergenza Nord Africa (ENA), nel 2013 è diventato ufficialmente progetto Sprar, inserito in un contesto di ricostruzione post-sisma con l'obiettivo di fornire ai beneficiari servizi di accoglienza, integrazione e tutela.
Da allora il progetto è stato rinnovato, nel bando del 2013, per il triennio 2014/16 e riconfermato fino al 2019 con una disponibilità di 36 posti, grazie al partenariato con il comune di Castel del Monte che ha allargato l'accoglienza ad altri 15 beneficiari. Nel 2015, inoltre, il comune di Pizzoli ha deciso di avviare un progetto Sprar "assorbendo" come esempio di buona prassi il Centro di Accoglienza Straordinario gestito dal Comitato Territoriale Arci che, nel 2016, ha così attivato il secondo Sprar della provincia dell'Aquila, progetto poi confermato per il triennio 2018/2021.
In questi otto anni, complessivamente, sono state ospitate 350 persone.
Oggi, per effetto delle nuove norme sull'accoglienza che limitano il godimento dei servizi di integrazione a chi è già titolare di protezione internazionale, solo 150 di loro avrebbero diritto ad essere inserite nello Sprar dell'Aquila. Tutti gli altri verrebbero confinati nei centri governativi di prima accoglienza o di Accoglienza Straordinaria, senza la possibilità di usufruire di percorsi concreti di integrazione. "Questa esclusione -evidenzia l'Arci nazionale- farà ricadere sui bilanci dei Comuni e delle Regioni i costi dei servizi sociosanitari che in ogni caso sarà necessario erogare per tutti coloro che non potranno più accedere al sistema di accoglienza".
Sebbene la nuova normativa preveda la trasformazione dello Sprar in Siproimi (sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori strenieri non accompagati), e non la loro abolizione, nei fatti l'attuale sistema di accoglienza secondario controllato dai Comuni, compreso il progetto dell'Aquila, non sarà più sostenibile. Con la drastica riduzione dei potenziali beneficiari e di una conseguente rimodulazione delle risorse, molti progetti finiranno con l'essere smantellati, con il rischio che in fututro non si potrà far fronte nemmeno al fabbisogno del pochi che avranno ancora diritto all'inserimento nei servizi di integrazione. Inoltre, buona parte dei progetti attivi in Italia, compreso quello dell'Aquila, andranno in scadenza a fine 2019 e ad oggi le modalità del passaggio al Siproimi, che saranno definite nei decreti attuativi, non sono chiare. Sulla base dell'ultimo decreto sugli Sprar, i Comuni potevano garantire la prosecuzione con una semplice delibera. Secondo molti operatori, per la trasformazione al nuovo sistema di accoglienza secondaria sarà necessario presentare un progetto ex novo.
Si spera che l'attuale amministrazione comunale, nonostante gran parte della giunta sia favorevole alle politiche salviniane (a tal proposito è bene ricordare che a motivare il voto favorevole all'allargamento del progetto Sprar ai minori non accompagnati dello scorso maggio furono esclusivamente strategie di equilibrio di potere in seno al Consiglio comunale) decida di andare in questa direzione. Sarebbe un errore non garantire la prosecuzione del progetto dal momento che, come detto, all'Aquila, come nel resto d'Italia, i benefici sul territorio sono stati innumerevoli, mentre un eventuale smantellamento totale dei servizi di integrazione oltre a generare insicurezza, toglierebbe risorse alla città.
Non solo. Da più parti, specialmente in tempi di campagna elettorale, si levano grida di allarme sullo spopolamento delle aree interne. Castel del Monte, grazie alla presenza del progetto Sprar, ha sei nuovi residenti. Tutti ragazzi che, terminato il loro percorso di integrazione, hanno deciso di restare nel paese, dove lavorano e pagano l'affitto. Uno di loro è stato assunto nel vecchio forno a gestione familiare.
Ibrahim, originario del Gambia, da sei mesi vive all'Aquila, accolto nel progetto Sprar; grazie al progetto “Idee da coltivare”, promosso dall'Arci e presentato in 4 realtà, tra cui L'Aquila, resterà qui per riprendere la coltivazione di un prodotto che negli anni ha rischiato di scomparire a causa delle colture industriali e massificate: da poco è infatti titolare di un'azienda agricola che inizierà la produzione la prossima primavera, nel comune di Barisciano. Si occuperà della coltivazione di grani antichi abruzzesi come il Saragolla, la Solina e la Risciola e della successiva trasformazione di questi ultimi in farina, mangimi e pasta, grazie al supporto di un mulino e di un pastificio terzo che si occuperà della produzione. Anche Foday, del Gambia, insieme ad Abdifattah, somalo, sono tra i vincitori del progetto. Avvieranno, nell'hinterland aquilano, un’impresa di produzione del miele, un progetto basato su un’alta qualità del prodotto offerto.
Piccoli risultati che dimostrano però che la popolazione straniera può rappresentare un argine allo spopolamento dei territori più fragili e un'opportunità per lo sviluppo territoriale e il mantenimento di segmenti di economia locale. Riace, d'altra parte, è l'emblema della miopia di politiche che negano l'accoglienza: un paese fantasma, tornato a vivere grazie alla presenza degli stranieri e, ora, di nuovo deserto.