Abrogazione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari e loro sostituzione con permessi per meriti civili. Estensione della durata della detenzione nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) da 90 a 180 giorni. Trattenimento negli hotspot e per un massimo di trenta giorni dei richiedenti asilo (per gli irregolari, il trattenimento negli hotspot può sostituire, con l'autorizzazione del giudice di pace, quello nei Cpr in caso di mancanza di posti disponibili). Aumento dei fondi stanziati per i rimpatri. Agevolazioni per la costruzione di nuovi Cpr. Sospensione della domanda di asilo in caso di pericolosità sociale o di condanna di primo grado. Ampliamento dei reati che provocano la revoca o il diniego della protezione internazionale e dello status di rifugiato. Esclusione del gratuito patrocinio nei casi in cui il ricorso sia dichiarato improcedibile o inammissibile. Restrizione dello Sprar "Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati, che diventa “Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati”.
Sono alcuni dei provvedimenti contenuti nel decreto Salvini su immigrazione e sicurezza, approvato ieri all'unanimità dal Consiglio dei Ministri; 43 articoli che oltre a restringere lo spazio dei diritti e delle libertà per minoranze o gruppi, rivoluzionano la normativa in materia di accoglienza. Ad essere particolarmente colpito è lo Sprar, il sistema pubblico di accoglienza secondaria virtuoso, trasparente e sostenibile, controllato dai Comuni che, nelle intenzioni del governo, verrebbe depotenziato e limitato a chi è già titolare di protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati.
In altre parole, i richiedenti asilo in attesa dell'ottenimento dello status di rifugiati (un periodo di tempo che può variare da alcuni mesi ad anni), attualmente inseriti nei percorsi di inclusione sociale garantiti dalla rete d’accoglienza Sprar, rimarrebbero confinati nei Cas, i centri governativi a gestione privata. Risultati? Verrebbe meno un'accoglienza adeguata e concertata con i gli enti locali. Ciò comporterebbe grandi concentrazioni di migranti nei centri governativi che, non garantendo percorsi di integrazione, favoriscono la ghettizzazione e aumentano l'impatto sulle comunità.
Inoltre, l'applicazione nell'ambito degli Sprar del principio della rendicontazione non ammette margini di guadagno per gli enti che gestiscono il servizio. Depotenziare il sistema pubblico di accoglienza a favore di quello a gestione privata comporterebbe quindi un aggravio della spesa pubblica nonché un maggior rischio di infiltrazioni di organizzazioni criminali che da tempo hanno messo le mani sul business della gestione dei grandi centri governativi.
All'Aquila, però, ad affossare il sistema pubblico di accoglienza per richiedenti asilo non sarà la stretta sull'immigrazione varata dal governo pentaleghista, qualora diventasse effettiva; ci ha già pensato il Comune, che del progetto Sprar è ente titolare dal 2011. Eppure all'Aquila, come nel resto d'Italia, i benefici in termini di integrazione e di ricadute economiche sul territorio sono stati innumerevoli. Nel corso di questi sette anni, infatti, circa il 40% dei beneficiari ha lasciato il progetto "per integrazione" trovando uno sbocco lavorativo nel settori della ristorazione e dell'edilizia in particolare, col 40% delle risorse che viene destinata al personale, l'equipe multidisciplinare che segue i beneficiari durante la loro permanenza nell'ambito del progetto, il 10% che ricade sul territorio attraverso il fitto delle abitazioni prese in locazioni da privati e un 25% circa attraverso l'acquisto del vitto, dell'abbigliamento e dei generi di prima necessità.
Risultati evidentemente ritenuti di poco conto dalle amministrazioni comunali di questa città, che non si sono mai mostrate particolarmente attente a promuovere la prosecuzone dello Sprar. E ora il suo futuro è più che mai incerto.
A ridosso della scadenza della terza proroga tecnica che ne garantisce la continuazione fino al prossimo 30 settembre, ad oggi non risulta che il Comune dell'Aquila, in particolare l'assessorato delle Politiche Sociali, competente in materia, abbia provveduto ad indire la nuova gara per procedere al riaffidamento ufficiale del progetto Sprar.
Per scongiurarne la chiusura, considerando i tempi ormai strettissimi, l'unica strada percorribile è ormai quella della proroga tecnica, la quarta su un progetto di tre anni. Una condotta che potrebbe risultare rischiosa alla luce di svariati pareri in merito da parte dell'Anac, secondo i quali "la proroga tecnica degli affidamenti dei servizi SPRAR è legittima per il tempo necessario alla concessione del nuovo finanziamento e all’espletamento della procedura di gara per la scelta del nuovo affidatario".
In sostanza, l'apparato dell'accoglienza nel nostro paese demanda agli enti locali competenze circa la realizzazione di progetti d'accoglienza integrata sul territorio. Per attivare il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) dunque, gli enti locali presentano, autonomamente, sulla scorta di appositi bandi, i progetti di accoglienza per richiedenti asilo, rifugiati e destinatari di protezione sussidiaria che vengono sottoposti all'esame di una Commissione di valutazione, con la possibilità di utilizzare le risorse finanziarie messe a disposizione dal Ministero dell'Interno attraverso il Fondo Nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, vincolato all'erogazione di contributi in favore dei suddetti enti locali. Il Ministero dell'Interno fornisce le linee guida, dove sono specificati i cirteri e le modalità di presentazione delle domande per l'accesso degli enti locali fino alla ripartizione annuale del Fondo Nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo (FNPSA).
Una procedura che il Comune dell'Aquila negli ultimi due anni non ha rispettato. La questione è stata già approfondita da questo giornale [qui e qui].
La precedente giunta Cialente, lo ricordiamo, dopo un primo rinnovo del progetto Sprar mediante bando pubblicato a ottobre 2013 per il triennio 2014/2016, ha deciso di riconfermarlo e finanziarlo fino al 2019 ma, in quest'ultimo caso, anzichè procedere a gara europea per il riaffidamento ufficiale si è avvalso di proroga tecnica.
Da allora, la mancata pubblicazione del predetto bando di gara da parte del Comune dell'Aquila, ha reso necessarie altre tre proroghe tecniche. L'ultima, approvata lo scorso 30 giugno, ha garantito la prosecuzione dello Sprar fino al prossimo 30 settembre, scadenza entro la quale il Comune aveva garantito l'espletamento delle procedure gara. Ma ad oggi, come detto, del bando non vi è traccia.
L'allarme, del resto, era stato già lanciato da Carla Cimoroni, rappresentate di Coalizione sociale in Consiglio comunale. Su sua inziativa, lo scorso giugno era stata chiesta la convocazione (mai formalizzata) della Commissione politiche sociali. Obiettivo, vederci chiaro sullo stato dell'arte del progetto Sprar, e "strappare" all'amministrazione l'impegno di espletare, in tempi utili, le procedure di gara per il riaffidamento ufficiale del progetto Sprar. "La proroga tecnica è solo una pezza - affermò in luglio a newstown Carla Cimoroni - Le tante criticità che hanno caratterizzato, fino ad ora, la gestione dell'accoglienza necessitano, invece, di un intervento risolutivo. A che punto è il bando di gara europeo per il riaffidamento del progetto? Che io sappia, ancora non esiste. Sono sufficienti, infine, tre mesi per pubblicare l'avviso?". Timori che, a distanza di tre mesi, appaiono più che fondati.
Oggi il copione si ripete. Il Comune si avvarrà della quarta proroga tecnica con la promessa di pubblicare il bando in tempi utili. Almeno fino alla prossima scadenza.