"Denunciamo pubblicamente la situazione iniqua, ingiusta e, per alcuni tratti, vessatoria, nella quale ci troviamo, dopo quasi due anni dal
licenziamento collettivo che abbiamo dovuto subire e che, paradossalmente, abbiamo scoperto non essere l'evento peggiore".
Lo scrivono in una lettera le lavoratrici e i lavoratori ex Intecs dell'Aquila, licenziati a dicembre 2017, che da due non percepiscono più indennità né Naspi. Ricorderete che, nel novembre 2018, il Tribunale del Lavoro aveva annullato la procedura di licenziamento collettivo mettendo nero su bianco come l'infungibilità addotta dall'azienda quale motivazione per la chiusura del sito aquilano fosse da rigettare. Tuttavia, essendo stato chiuso il laboratorio all'ex polo elettronico, di fatto, i ricercatori non sono potuti tornare al lavoro e restano, dunque, disoccupati.
"La nostra attuale condizione è quella di licenziati con calunnia - sottolineano gli ex rivercatori - senza lavoro, senza indennità previste dalla legge, creditori di spettanze non ricevute e debitori nei confronti dell'Inps di circa €10000 medi pro-capite, mentre la Intecs che ci ha licenziato, con decine di milioni di debiti con lo Stato, può accedere a forme di "condono" fiscale come il Concordato in bianco; a ciò si aggiunge che nella nostra condizione continuiamo a restituire le tasse sospese per il terremoto 2009, mentre Intecs è tra le aziende per cui tutti si battono per evitarle la restituzione, pena rischi per l'occupazione".
"Abbiamo un progetto di ricollocazione occupazionale avviato nel 2016 - si legge ancora nella lettera - con accordi sottoscritti fra parti sociali e Regione, e fra Regione e Thales Alenia Space, capofila nel progetto plurimilionario per la Space Economy, e che da alcuni mesi si è arenato malgrado i nostri skill combacino con i profili richiesti, essendo stati in passato fornitori della stessa Thales".
"Abbiamo cercato finora di provvedere a noi stessi, combattendo le nostre battaglie con le sole forze locali del sindacato e di parte della politica ma ora siamo costretti a denunciare il gorgo burocratico in cui siamo finiti".
"Per questo abbiamo scritto una lettera aperta ( qui ) per rivolgerci: al Ministro per lo Sviluppo Economico; al Presidente dell'Inps; alla Direttrice Generale dell'Inps; alla Responsabile della Direzione Centrale Ammortizzatori Sociali dell'Inps; ai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil; ai segretari e ai dirigenti dei partiti politici nazionali; agli organi di stampa, ai quali chiediamo - concludono i lavoratori - di aiutarci nella divulgazione della nostra storia invisibile".