Il giudice del Tribunale dell'Aquila, Giuseppe Grieco, ha condannato a tre anni e sei mesi di reclusione l'ingegnere aquilano Fabrizio Cimino, accusato di omicidio colposo plurimo e lesioni per il crollo della palazzina di via Gabriele d'Annunzio - la notte del 6 aprile 2009 - che portò alla morte di tredici persone.
Assolto, invece, Fernando Melaragno, molisano di Forlì del Sannio (Isernia).
Si tratta di uno dei filoni più dolorosi della maxi inchiesta aperta dalla Procura della Repubblica dell'Aquila sui crolli del post sisma. Il pm Fabio Picuti aveva chiesto la condanna a 4 anni di reclusione per Cimino e l'assoluzione per Melaragno.
Entrambi erano finiti sotto processo per presunti errori nella ristrutturazione del palazzo, avvenuta nel 2002. Documento cardine del procedimento una perizia affidata dal giudice al docente di Scienza delle costruzioni del Politecnico di Milano, Gabriella Mulas, già autrice nel processo sul crollo della Casa dello Studente. Su questa perizia - nelle udienze precedenti - c'è stato spesso scontro in aula con le difese, in particolare con il consulente Franco Braga, docente di Tecnica delle costruzioni all'Università "La Sapienza" di Roma, ex sottosegretario alle Politiche agricole nel governo Monti.
Secondo la tesi accusatoria, se Cimino avesse esaminato il progetto originario del palazzo, viziato da gravi errori di progettazione e vulnerabilità, avrebbe scongiurato la morte degli abitanti il condominio: di qui, la decisione di chiedere la condanna. In particolare, nel progettare alcuni lavori di ristrutturazione seguiti a danneggiamenti, l'imputato non ha indicato quali erano i pilastri coinvolti, non ha svolto analisi di calcolo, non ha consegnato il progetto al Genio Civile, che in teoria avrebbe potuto disporre un collaudo.
Per quanto riguarda la posizione di Melaragno, invece, il pm ha chiesto l'assoluzione perché a differenza dell'ingegnere non era "figura di garanzia", essendo solo esecutore materiale dei lavori.
Procede infine in parallelo il processo-bis a un altro imputato, Filippo Impicciatore, 82 anni, originario di Perano (Chieti), che si è occupato della costruzione originaria nel 1961. Ad Impicciatore vengono addebitate le stesse accuse che hanno portato alla condanna di Cimino: dal momento che il costruttore vive in Venezuela, però, l'invio delle notifiche ha subito dei ritardi costringendo il giudice a separare i filoni per arrivare alla sentenza odierna.