"Se continuiamo con il ritmo che abbiamo tenuto fino ad oggi, per ricostruire Amatrice ci vorranno più di 30 anni".
A lanciare l'allarme à Antonio Fontanella, il primo cittadino del comune laziale che tre anni fa pagò il prezzo più alto, in termini di distruzione e vite spezzate, nel terremoto che sconvolse il Centro Italia (239 morti su 299 vittime totali, quasi 5000 edifici distrutti).
Fontanella si è insediato da poco (è stato eletto lo scorso maggio) ma ha una lunga esperienza da politico e amministratore (fu sindaco di Amatrice già negli anni Novanta).
A sentirlo parlare, mentre elenca le tante cose che non vanno, si assiste a un film già visto, che si ripropone dopo ogni terremoto, non ultimo quello dell'Aquila: la ricostruzione soffocata dalla burocrazia, l'economia che fatica a ripartire, i giovani che se ne vanno, il rischio spopolamento che incombe.
Ed è difficile risolvere i problemi, osserva Fontanella, "se non abbiamo nemmeno un interlocutore con chi parlare". Il sindaco si riferisce all'attuale crisi di governo che, tra le tante cose, ha privato di una figura di riferimento - fino a qualche giorno fa era il sottosegretario delegato Vito Crimi - tutti i territori alle prese con la ricostruzione post sisma. "Questa situazione sicuramente ci penalizza, perché avevamo iniziato finalmente ad aggredire alcune criticità in modo pragmatico e propositivo, dopo tanto tempo perso a ragionare in astratto. Speriamo che tutto si risolva in fretta alteimenti staremo fermi per mesi".
Fontanella sa bene che c'è il fattore tempo è determinante. "In tre anni" spiega il sindaco "sono partiti i lavori solo su alcuni condomini della periferia, che forse termineranno il prossimo anno. Per il resto - centro storico e frazioni - è tutto fermo".
Quello che strozza la ricostruzione è una normativa confusionaria e la mancanza di risorse umane, di personale impiegato all'interno degli uffici che devono esaminare le pratiche.
"Il processo di approvazione dei progetti è troppo farraginoso" afferma Fontanella "perché è impostato su una legislazione ordinaria che rende tutta l'istruttoria troppo complicata. Molte pratiche si arenano sulla richiesta di conformità urbanistica e regolarità storica, ci chiedono se magari in passato c'è stato qualche abuso. Ma come facciamo a saperlo? Per non parlare, poi, dei vincoli ambientali e idrogeologici. Ogni volta bisogna convocare una conferenza dei servizi. Bisogna cambiare approccio, servono deroghe alla normativa nazionale".
L'altro ostacolo è rappresentato dalle carenze di organico dei comuni. Mancano tecnici - ingegneri, architetti, gemetri - ma anche impiegati amministrativi e contabili. "Le assunzioni che abbiamo potuto fare sono a tempo" osserva Fontanella "Chi riceve un'offerta di lavoro a tempo indeterminato va via e per rimpiazzarlo dobbiamo ogni volta iniziare tutto da capo. Anche qui, serve una deroga".
Velocizzare le procedure è fondamentale se si vuole evitare il rischio spopolamento.
In tre anni Amatrice ha perso quasi il 30% dei suoi abitanti storici, che prima del terremoto erano circa 2700 (anche se d'estate potevano arrivare anche a 30/40mila). Sono persone che ora vivono in autonoma sistemazione nei comuni limitrofi, andate via perché le 537 Sae realizzate (i moduli provvisori detti anche "casette di legno") non sono bastate a dare un tetto a tutti gli sfollati. Potranno tornare solo se partiranno i cantieri. "Ora, anche volendo" spiega Fontanella "non potrebbero farlo perché non sapremmo dove sistemarle. Forse quando saranno stati ricosturiti i primi condomini, il prossimo anno, si libererà qualche e qalcuno potrà tornare a vivere qui. Nel frattempo, stiamo vedendo di allestire delle aree con camper e casette mobili per permettere a chi veniva qui d'estate di poter tornare almeno per qualche giorno".
Sono tante le incognite da affrontare.
Una è la ricostruzione del tessuto produttivo. Attività commerciali e artigianali sono in grande sofferenza e non basta a ridare linfa all'economia il flusso di turisti che arriva il fine settimana.
L'altra è come ricostruire. Come sarà l'Amatrice del futuro? E che ne sarà delle sue 69 frazioni?
Per queste ultime non è stato abbozzato nemmeno un piano di ricostruzione mentre per il paese la strada sembra quella del "com'era ma non del tutto dov'era": "Potevamo provare a fare un recupero della città storica usando tecnologie avanzate" osserva il sindaco "ma dal momento che si è scelto di portare via tutte le macerie, il percorso è stato tracciato. L'impianto della nuova Amatrice sarà molto simile a quello vecchio anche se alcune parti non potranno essere ricostruite o perché erano in zone di dissesto o perché rappresentavano delle stonature a livello architettonico. Alcune volumetrie dovranno essere dislocate. Dovremmo fare in modo, tuttavia, che tutte le scelte siano condivise con la popolazione e rispettino gli interessi così come anche gli affetti delle famiglie".