Venerdì, 17 Gennaio 2020 18:21

Rigopiano, tre anni dopo: il ricordo della terribile tragedia che causò la morte di 29 persone. Le inchieste, la richiesta di giustizia e il dolore dei familiari

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Ci sono 40 persone: 28 ospiti, tra loro 4 bambini, e 12 dipendenti, quando 120 mila tonnellate di neve e ghiaccio scendono dal Monte Siella e si abbattono sull'Hotel Rigopiano di Farindola.

È il 18 gennaio 2017 e nel resort gli ospiti hanno già chiuso le valigie e creato una fila di auto pronte a lasciare l'hotel. Ignari di quanto sta per accadere scherzano, nell'attesa che arrivi la turbina spazzaneve, e girano video a dimostrazione della tanta neve che li separa dalla viabilità principale. Questo è il problema: percorrere la strada provinciale dall'hotel al bivio Mirri: 9,3 chilometri.

Evidenziano le carte dell'inchiesta: "La strada è impercorribile per ingombro neve di fatto rendendo impossibile a tutti i presenti nell'albergo di allontanarsi dallo stesso, tanto più allarmati dalle scosse di terremoto del 18 gennaio".

Passano ore e increduli i villeggianti sono costretti a desistere. Tornano in hotel infreddoliti e delusi dal mancato arrivo dei soccorsi. A rendere ancora più drammatica e sconfortante l'attesa è una sequenza di scosse di terremoto di magnitudo fino a 5.5 della scala Richter, con epicentro nell'aquilano, che si susseguono una dietro l'altra.

Passa meno di un'ora dall'ultimo evento tellurico quando c'è la prima segnalazione del disastro. Sono le 17:40 e Giampiero Parete, cuoco di Montesilvano, uno dei sopravvissuti, chiama il datore di lavoro Quintino Marcella. Marcella non è creduto quando si mette in contatto con la Prefettura di Pescara. Una funzionaria lo liquida con la frase "la mamma degli imbecilli è sempre incinta". Alle 19 Parete riesce nuovamente a parlare con il 118 e i primi soccorsi si mettono in moto.

Dopo oltre 12 ore e dopo aver affrontato la tormenta e scalato muri di neve, la colonna dei soccorritori arriva.

In undici si salvano.

Una tragedia inimmaginabile, a posteriori evitabile. Sono gli allarmi ignorati - prima e dopo - a diventare tarlo dei parenti delle vittime, dei superstiti e dei legali; l'email dell'amministratore dell'hotel per avvisare della "situazione preoccupante", le telefonate di Gabriele D'Angelo (secondo i legami del sindaco di Farindola ci sarebbero delle anomalie tra telefonate e brogliacci, ndr), cameriere dell'Hotel deceduto nel disastro, che chiede l'evacuazione del resort, la richiesta d'aiuto della sorella di Roberto Del Rosso, proprietario della struttura, che decide di raggiungere la Provincia personalmente.

I diversi filoni d'inchiesta: gli indagati

Sono 24 persone e una società gli imputati nell'inchiesta principale. Tra i coinvolti nel procedimento in corso davanti al gup del Tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, ci sono l'ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, l'ex presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco, e il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta. Le accuse a carico degli imputati, a vario titolo, vanno dal crollo di costruzioni o altri disastri colposi, all'omicidio e lesioni colpose, all'abuso d'ufficio e al falso ideologico. L'inchiesta del procuratore capo Massimiliano Serpi e del sostituto Andrea Papalia si è focalizzata sulla mancata realizzazione della carta valanghe; sulle presunte inadempienze concernenti la manutenzione e sgombro delle strade di accesso all'hotel; e sul tardivo allestimento del centro di coordinamento dei soccorsi.

Le posizioni che riguardano il versante politico della tragedia sono state archiviate il 3 dicembre scorso dal gip Nicola Colantonio, come chiesto dalla Procura. Tra gli archiviati ci sono tre ex governatori abruzzesi, Luciano D'Alfonso, Ottaviano Del Turco, e Gianni Chiodi; e gli assessori che si sono succeduti alla Protezione civile, Tommaso Ginoble, Daniela Stati, Mahmoud Srour, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca. "Non si ritiene che gli elementi investigativi indicati negli atti di opposizione (in quanto irrilevanti) possano incidere sulle risultanze investigative, precise ed esaustive, raccolte dal pm, non potendo sminuire le considerazioni da questi assunte nella richiesta di archiviazione e condivise da questo giudice. Pertanto può affermarsi che le risultanze investigative non permettono di sostenere l'accusa in giudizio", ha rilevato il gip.

Archiviata anche la posizione di Daniela Acquaviva, funzionaria della Prefettura di Pescara nota per avere risposto telefonicamente al primo allarme, la quale però resta imputata nel procedimento bis per depistaggio. Prossima udienza il 31 gennaio: il gup scioglierà la riserva sulla decisione relativa all'unificazione con l'inchiesta madre.

Accusati di frode in processo penale e depistaggio, sono 7 gli imputati nel secondo procedimento: l'ex prefetto Provolo, i viceprefetti distaccati Salvatore Angieri e Sergio Mazzia, i dirigenti Ida De Cesaris (imputata insieme a Provolo anche nell'inchiesta madre), Giancarlo Verzella, Giulia Pontrandolfo e, appunto, Daniela Acquaviva. Indelebili le parole di quest'ultima, più volte riascoltate nelle registrazioni diffuse in questi anni: "allora guardi, questa storia va avanti da stamattina, i vigili del fuoco hanno fatto le verifiche e non c'è nessun crollo all'Hotel Rigopiano".

Gli imputati, nonostante le sollecitazioni a fornire agli investigatori ogni elemento utile alle indagini, secondo l'accusa avrebbero omesso di riportare nelle relazioni le segnalazioni di soccorso pervenute in Prefettura quel 18 gennaio, in particolare dal cameriere Gabriele D'Angelo, una delle vittime. Avrebbero cercato, ognuno per quanto di competenza, di nascondere agli inquirenti i brogliacci con le chiamate in arrivo. Nel procedimento sul presunto depistaggio il ministero della Giustizia si è costituito parte civile.

Sulla tragedia aperti altri due fascicoli. Il primo - a seguito di esposto della difesa del sindaco di Farindola - a carico del tenente colonnello dei carabinieri forestali Annamaria Angelozzi e del consulente nominato dalla Procura Igor Chiambretti, procedimento archiviato a ottobre dal gip per "manifesta infondatezza". Il secondo sulle telefonate di D'Angelo per chiedere l'evacuazione dell'hotel: in base a una denuncia dell'ex capo della Mobile di Pescara Pierfrancesco Muriana, vi sarebbero incongruenze tra acquisizioni dei tabulati e tempi delle indagini condotte dai carabinieri forestali. "C'è stata una manovra di depistaggio - ha spiegato - ed è questo il tema dell'inchiesta bis, che riguarda appunto l'occultamento di questa telefonata". Ma c'è un'altra telefonata fatta da D'Angelo ai volontari della Croce rossa di cui il tenente colonnello Annamaria Angelozzi, che ha diretto il secondo filone di indagine, aveva notizie tramite Pec della Polizia già da 22 mesi ma non l'ha messa agli atti. Indagati nell'inchiesta Angelozzi e i sottufficiali Michele Brunozzi e Carmen Marianacci, accusati di falso materiale e falso ideologico. Di recente iscritto nel registro degli indagati anche un altro carabiniere, il tenente colonnello Massimiliano Di Pietro, ex comandante del Nucleo investigativo di Pescara.

La nuova denuncia di Gianluca Tanda

Gianluca Tanda ha presentato una nuova denuncia riguardante la tragedia di Rigopiano.

L'uomo è il fratello di Marco Tanda, pilota della Ryanair, che morì assieme alla fidanzata Jessica Tinari.

Tanda ha lamentato la fin troppa superficialità con cui fu trattata una simile situazione d'emergenza. Nell'esposto, il fratello di Marco, assistito dall'avvocato Romolo Reboa, ha chiesto indagini suppletive e nuove iscrizioni nel registro degli indagati, per quanto riguarda la vicenda delle richieste d'aiuto fatte dal cameriere Gabriele D'Angelo (anche lui vittima della valanga) la mattina della tragedia. Gianluca ha inoltre puntato il dito contro i carabinieri, accusandoli di "volontà depistatoria".

Leggiamo dalla denuncia: "Si ritiene che gli ultimi accertamenti eseguiti e/o in corso di indagine, dimostrino l'esistenza di una volontà collettiva di occultare molti eventi accaduti tra il 16 ed il 18 Gennaio 2017, tra i quali le richieste di soccorso del compianto Gabriele D'Angelo possono essere classificati tra i fatti estremamente rilevanti. L'occultamento di tali telefonate avviene in quanto tutti i protagonisti della vicenda le hanno volutamente ignorate". E ancora più avanti: "Il comune sentire era che gli occupanti dell'hotel Rigopiano dovessero stare tranquilli '...tanto lassù hanno tutto': ciò equivale alla dimostrazione dell'esistenza di una volontà collettiva di non prestare soccorsi e non sgomberare la strada diretta all'Hotel Rigopiano".

Nella denuncia si chiede, inoltre, l'acquisizione dei tabulati delle telefonate intercorse tra il Coc di Penne e il Coc di Farindola, "nonché degli operatori del Coc di Penne e del PCA". Si sottolinea peraltro come "l'interlocuzione di Gabriele D'Angelo con la fidanzata non lascia dubbi che il problema dell'Hotel Rigopiano sia stato discusso fra i vari componenti dei due Coc e, soprattutto, tra i quattro incaricati del posto di comando avanzato, inviati appositamente per far fronte alla situazione emergenziale". Come del resto non è possibile ignorare, si legge ancora nell'esposto, "la pec di richiesta d'aiuto, pervenuta alla prefettura di Pescara alle ore 13.40 da parte del gestore dell'hotel Rigopiano, che confermava la situazione di pericolo denunciata dal povero D'Angelo".

La querela prosegue: "La procura della repubblica dovrebbe altresì valutare come rilevante il fatto che, in questa operazione di depistaggio permanente e continuato, i carabinieri di Penne hanno omesso di trasmettere un documento sicuramente rilevante, e cioè il brogliaccio del servizio svolto dal Centro di Coordinamento del 18 gennaio 2017 nelle ore antecedenti le 18,20, pur avendo allegato tutti quelli delle ore e giorni successivi e pur essendo stati espressamente richiesti dalla Squadra Mobile della Prefettura di Pescara".

Il terzo anniversario della tragedia: il programma delle celebrazioni

Oggi, in occasione del terzo anniversario, anche il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, parteciperà alle iniziative promosse per commemorare le 29 vittime. 

Lo ha fatto sapere il Comitato vittime di Rigopiano, che ha organizzato le diverse iniziative previste.

Le celebrazioni prenderanno il via alle 10, quando i familiari si ritroveranno davanti al totem dell'Hotel Rigopiano per portare fiori e ricordare con una preghiera i propri cari. Alle 11, partendo dal bivio Mirri di Farindola, una processione, con 29 fiaccole accese, giungerà fino alla chiesa parrocchiale San Nicola Vescovo per assistere alle 11.30 alla messa celebrata dal parroco di Farindola, don Luca Di Domizio.

Alle 15 poi si ritroveranno al Palazzetto dello Sport di Penne, dove, a partire dalle 15.30, si terrà una cerimonia con personalità del mondo dello spettacolo e della cultura che sono state vicino alle famiglie delle vittime sin dal primo momento. La manifestazione al Palazzetto di Penne sarà presentata dagli attori Pino Insegno e Federico Perrotta

Lo sfogo della mamma di Emanuele Bonifazi

"Siamo già a 3 anni da quella maledetta valanga e ancora aspettiamo di iniziare il vero processo. La vita va avanti per forza, con tante, tantissime difficoltà perché un figlio è tutto. Aspettiamo di poter sapere qualcosa, il 31 dovrebbe esserci udienza, speriamo non ci siano rinvii".

Parole di Paola Ferretti, mamma di Emanuele Bonifazi, il receptionist dell'hotel Rigopiano morto a 31 anni nella valanga di neve e detriti di tre anni fa.

C'è un aspetto che rattrista: "A Emanuele non è stato riconosciuto nulla se non l'assegno funerario di 2136 euro - ricorda la signora - che non è servito nemmeno a coprire la metà delle spese. L'anno scorso consegnai a Luigi Di Maio una lettera affinché contribuisse a sollecitare un cambiamento della norma attuale, per il riconoscimento come morte sul lavoro. Non è una questione di soldi, poiché il provvedimento non sarebbe retroattivo, ma sarebbe giusto. Non ho mai ricevuto risposte. Disse che ci stava lavorando. Quell'assegno l'ho vissuto come un'ingiustizia sull'ingiustizia: non si può liquidare un ragazzo morto sul lavoro con 2136 euro, l'ho considerata un'offesa".

Le parole di Gianluca Parete: "Da quel buio non siamo mai usciti"

"Da quel buio non siamo mai usciti del tutto, non siamo più sereni. Quella giornata ci ha cambiato per sempre", ha dichiarato Giampiero Parete, il cuoco di Pescara sopravvissuto insieme alla moglie e ai due figli piccoli alla tragedia di Rigopiano.

Parete fu il primo a chiamare i soccorsi (che hanno ignorato inizialmente l'allarme) subito dopo aver visto crollare davanti a suoi occhi l'albergo. All'interno c'erano la moglie e i bimbi. E da lì è inziato l'incubo dal quale tutta la famiglia non riesce più a uscire. "Ma non è più come una volta. D'allora non abbiamo fatto più vacanze. Non ce la sentiamo. Sicuramente non andremo più a fare una settimana bianca", ha raccontato l'uomo.

I suoi due figli di 9 e 11 anni sono rimasti traumatizzati da quanto accaduto. "La neve che prima amavano come tutti i bambini ora non la vogliono più vedere. Hanno paura. Quando ci è capitato di dover andare per qualche giorno fuori città, non in ferie, mi hanno chiesto: 'Papà, ma dobbiamo per forza andare in un albergo? Papà, ma sei sicuro che sia abbastanza resistente?' Volevano essere rassicurati sul fatto che non crollasse, che le strutture fossero solide. Prima della tragedia, era invece tutta un'altra cosa".

L'uomo ha poi raccontato di essere in terapia con tutta la famiglia. "Siamo seguiti da uno psicologo, da cui ci rechiamo una volta a settimana. Il mese di gennaio poi per tutti noi è il periodo peggiore dell'anno, in cui affiorano alla memoria tanti ricordi negativi. È una specie di tabù".

Sempre presente in tribunale per le udienze relative all'inchiesta sulla tragedia, Parete si è detto fiducioso: "Credo che la verità verrà fuori, anche se ci vorrà del tempo. Credo nel lavoro degli inquirenti. Io non mi espongo molto. Non parlo in generale perché mi reputo l'ultima ruota del carro. Nel senso che ci sono persone che hanno perso genitori, figli, fratelli, sorelle. Io invece ho a casa tutti i miei cari. Nutro un profondo rispetto per loro e soprattutto per coloro che non ci sono più. Gente che ho conosciuto, con cui ho parlato e con cui ho vissuto il loro ultimo giorno. È un peso che mi porterò per sempre".

Il dolore di Loredana Lazzari, mamma di Dino Michelangelo

"Perdere un figlio fa male, il dolore è atroce. A 72 anni pesa ancora di più: si aggiunge a tanti altri dolori, agli acciacchi, alla stanchezza. Sapere poi che si sarebbe potuto salvare, che tutti si sarebbero potuti salvare, ti spezza il cuore".

Così all'Adnkronos Loredana Lazzari, mamma di Dino Di Michelangelo, il poliziotto morto insieme alla moglie Marina Serraiocco.

Battagliera, tenace, è presente a ogni udienza del processo Rigopiano con una piccola busta dove conserva la foto del suo "ragazzo" e la maglietta che hanno tutti i familiari delle vittime di Rigopiano. Sarà anche lei alla commemorazione per il terzo anniversario della tragedia, stamane a Farindola, il comune in provincia di Pescara dove si trovava il resort. "Questa volta non sarei voluta andare, mio marito non sta bene, le gambe non gli reggono più, ha difficoltà a muoversi - spiega - ma ci sarò perché sto lottando e perché non posso arrendermi: sono passati 3 anni, le forze diminuiscono ma la lottava avanti perché vogliamo giustizia. Potevano salvarsi, non hanno fatto nulla per evitare che morissero così. Penso a mio figlio, certo, ma non solo a lui. La vittima più giovane aveva solo 22 anni. Mi sembra ieri. Bastava che qualcuno mandasse anche solo un elicottero, non ci posso pensare che abbiano dovuto fare quella fine. Gridavano aiuto e sono stati derisi".

 

La lettera del Vigile del fuoco a Francesca Bronzi

Alla vigilia del terzo anniversario della tragedia di Rigopiano un Vigile del fuoco, che ha preferiti non firmarsi con il chiaro intento di parlare non solo a nome suo, ma anche a quello dei suoi colleghi che in quei drammatici giorni erano a Farindola, ha scritto una lettera aperta a Francesca Bronzi, la 28enne abruzzese scampata alla tragedia e rimasta sepolta sotto le macerie dell’hotel Rigopiano per oltre 58 ore accanto al suo fidanzato Stefano Feniello che purtroppo però da quelle rovine non è mai più uscito vivo.

"Francesca ciao, io sono un vigile del fuoco che ha lavorato a Rigopiano. Eravamo quelli che hanno lavorato quando in molti erano già convinti che fosse inutile fare sforzi. Io insieme a tanti miei colleghi invece abbiamo creduto fino all’ultimo di trovare qualcuno vivo, compreso il tuo uomo. Non vogliamo più sentirci ringraziare, abbiamo fatto il nostro lavoro e basta. Però mi ricordo perfettamente quanto ci arrivava dalle tue indicazioni, e non puoi avere idea di quanto abbiamo studiato e analizzato e poi infine lavorato come mai ho fatto nella mia vita per cercare e cercare, disperatamente". 

Il vigile del fuoco continua: "Le indicazioni che ci arrivavano da te le abbiamo avute in testa per ore e ore e forse ancora oggi non ci hanno abbandonato del tutto. Abbiamo creato aperture in ogni punto per cercare, ci siamo incastrati in ogni buco facendo entrare i colleghi più minuti, ci siamo bloccati all’interno di punti dove si faceva fatica a respirare per quanto minuscoli erano gli spazi. Non siamo riusciti a trovarlo. Non possiamo dirti quanti di noi ti sono vicini e quanto avremmo fatto per estrarlo e per estrarre vivi tutti quelli che mancavano. Ci dispiace".

Francesca Bronzi e Stefano Feniello erano arrivati il giorno prima all’Hotel di Farindola per festeggiare i 28 anni di lui e i loro cinque anni assieme. 

 

 

Ultima modifica il Sabato, 18 Gennaio 2020 23:15

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