Che l'ordinanza firmata dal sindaco Pierluigi Biondi avrebbe causato enormi problemi alle imprese, pronte a riaprire i cantieri il 4 maggio come da disposizioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è parso da subito evidente; di fatto, il primo cittadino ha provato a mediare tra i legittimi interessi delle aziende e le comprensibili preoccupazioni della cittadinanza, in un quadro normativo che non ha saputo tenere conto delle specificità della ricostruzione dell'Aquila, laddove convivono in spazi angusti decine e decine di imprese, migliaia di operai che, nella maggior parte dei casi, pendolano da altre città. Tuttavia il provvedimento assunto, per le tempistiche innanzitutto - è stato firmato giovedì 30 aprile, alla vigilia del 1° maggio e del fine settimana - e per le prescrizioni ordinate, ha scontentato sia le aziende, cui sono state imposte ulteriori restrizioni rispetto ai protocolli nazionali, che la cittadinanza, nient'affatto rassicurata.
In sostanza, l'ordinanza intima alle imprese impegnate nella ricostruzione sia pubblica che privata di sottoporre a tampone o a test sierologico, entro al massimo 14 giorni dalla riapertura dei cantieri, tutti i propri addetti certificandone la negatività al Covid-19. I costi delle procedure saranno interamente a carico delle aziende, che potranno rivolgersi a laboratori pubblici e privati, purché accreditati. Il medico competente dovrà stabilire la periodicità degli esami.
Una disposizione, come detto, che si aggiunge a quelle già previste dai protocolli di sicurezza sottoscritti nelle passate settimane da associazioni datoriali e sindacati: distanziamento sociale – da rispettare sia sul luogo di lavoro che nei mezzi di trasporto usati per portare i lavoratori sul cantiere - sanificazione, obbligo di misurazione della temperatura corporea, uso dei dispositivi di protezione, divieto di far ammassare gli operai durante i cambi turno o nelle pause pranzo. A effettuare i controlli saranno gli enti e gli organismi che già hanno questa funzione, vale a dire Asl, Inail e Ispettorato del lavoro.
Nell’ordinanza sindacale sono contenute anche altre misure, che però non saranno obbligatorie ma solo fortemente raccomandate. Per esempio, sarà consigliato alle imprese di limitare il più possibile il pendolarismo da fuori provincia o fuori regione degli operai, facendo dormire questi ultimi nelle strutture alberghiere e ricettive del territorio. Anche in questo caso, tutte le spese aggiuntive dovranno essere pagate dalle imprese.
Un provvedimento, quello di Biondi, che è stato di fatto 'bocciato' dal Consiglio comunale, con voci dissonanti che si sono alzate sia dai banchi delle opposizioni che della maggioranza, tanto che l'assise ha approvato una mozione bipartisan con la quale, "ritenuto di dover assumere misure più rigide e restrittive rispetto a quelle previste, con particolare riferimento all’obbligo di sottoporre a tampone preventivo tutte le maestranze residenti al di fuori della provincia dell’Aquila, che rientrano a lavorare nei cantieri della città", ha impegnato il sindaco ad attivarsi presso il presidente della Regione per l’adozione di un’ordinanza specifica che preveda quanto sopra indicato, estesa a tutto il territorio regionale interessato dalla ricostruzione post sisma".
Ma il tempo stringe, evidentemente.
Di fatto, la maggior parte delle imprese impegnate nella ricostruzione non riaprirà i cantieri il 4 maggio. "Eravamo pronti a ripartire" chiarisce Franco Romano, titolare con Giuseppe Valente dell'impresa Digimastri Costruzioni che, come noto, da più di due anni edita la nostra testata giornalistica. "Avevamo assunto le precauzioni che ci erano state prescritte per operare nella massima sicurezza: dispositivi di sicurezza individuale, termoscanner all'ingresso e all'uscita dei cantieri e così via. Ora, però, non sappiamo come e dove fare i tamponi, quali sono le tempistiche: non abbiamo ricevuto alcuna notizia dagli enti preposti". Fino a quando non ci saranno indicazioni chiare, Digimastri terrà chiusi i cantieri all'Aquila - e tra gli altri, Palazzo Margherita dove le lavorazioni procedevano nei tempi indicati - riavviando invece i lavori nelle regioni del centro Italia colpite dagli eventi sismici a cavallo tra il 2016 e il 2017, nelle Marche e nel Lazio.
Tuttavia, l'urgenza è di rimettere a regime tutti i cantieri: d'altra parte, il 15 maggio scadranno le 9 settimane di cassa integrazione concesse dal Governo per chi si è fermato il 13 marzo, altri hanno stoppato le lavorazioni anche prima, e nel frattempo si resta ancora in attesa dei pagamenti per i mesi di marzo e aprile. "Come azienda, abbiamo deciso di anticipare la cassa integrazione per il mese di marzo ai 25 operai impiegati, ma si avvicina la scadenza dei pagamenti per il mese di aprile e non possiamo fare lo stesso, essendo fermi con le lavorazioni. Lo abbiamo già comunicato ai nostri dipendenti - tutti abruzzesi - che, d'altra parte, erano pronti a tornare a lavoro il 4 maggio: avevamo avuto una riunione nei giorni scorsi per mettere a punto le ultime misure di sicurezza".
Come detto, la maggior parte delle imprese non riaprirà i cantieri, visto il quadro d'incertezza, almeno fino a quando non sarà chiaro come fare i tamponi: d'altra parte, i Cse - coordinatori di sicurezza in fase di esecuzione - a quanto ci viene detto da diversi imprenditori del territorio non intendono assumere la responsabilità di far entrare le squadre in cantiere, considerata l'ordinanza che, di fatto, ha ribaltato la sorveglianza sanitaria sui privati.
In queste ore, l'Ance sta provando a trovare una soluzione: stamane è stato siglato un accordo con l’istituto Zooprofilattico di Teramo che ha assicurato la possibilità di processare un elevato numero di tamponi al giorno. Con la ASL dell’Aquila si sta mettendo a punto la determinazione delle modalità operative per poter effettuare i prelievi. Lunedì mattina gli aspetti operativi saranno definiti in un incontro con il direttore generale della ASL Roberto Testa.
"La situazione – ha sottolineato il presidente Ance Adolfo Cicchetti - benché con tempi ristrettissimi che hanno generato apprensione tra gli imprenditori, potrebbe evolvere verso una soluzione positiva se tutti gli enti faranno responsabilmente la loro parte. Ance L’Aquila sta offrendo tutta la propria collaborazione per rispettare i tempi dati dai decreti governativi e a cui tutti hanno riprogrammato l’attività, pur fra immaginabili difficoltà. Abbiamo dato rassicurazioni al sindaco Biondi di avviare, nelle more dei risultati dei tamponi, solo le lavorazioni a più basso rischio Covid, come da lui indicato, in considerazione del fatto che il tempo mite permette in questo periodo le lavorazioni all’aperto, classificate come meno pericolose. Inoltre abbiamo strutturato le aree di cantiere per trattenere gli operai all’interno del loro perimetro anche nelle pause dal lavoro, con un adeguato distanziamento. In ogni caso i nostri cantieri sono pronti con tutte le misure anti Covid previste dai protocolli nazionali siglati con le parti sociali".
Questi due mesi non sono trascorsi invano, aggiunge Cicchetti. "Abbiamo operato per ridurre al minimo i rischi, considerato che un solo caso di contagio metterebbe a rischio le nostre aziende con una imputazione per infortunio sul lavoro quando non per epidemia colposa. Il primo interessato alla prevenzione, quindi, è proprio il datore di lavoro, che riapre il cantiere con non poche ansietà. Riteniamo però, anche per le responsabilità che abbiamo nei confronti della città, dei nostri committenti e delle nostre maestranze che stanno per esaurire la cassa integrazione, di provare a ricominciare, solo dove possibile, mediando saggiamente tra la sicurezza sanitaria e quella lavorativa ed economica. La salute resta anche per noi un valore primario".
A quanto si apprende, la convenzione prevede, appunto, la possibilità di fare 500 tamponi al giorno, con i risultati che sarebbero pronti in 24/32 ore, al costo di 100 euro ad operaio; dovrebbe essere allestita una tenda all'ex ospedale psichiatrico di Collemaggio, laddove ci sarebbe personale della Asl per effettuare i prelievi che, tra l'altro, andrebbero ripetuti ogni 14 giorni. Stando ai ben informati, si potrebbe iniziare mercoledì: tuttavia, non è chiaro chi inizierà per primo, se l'una o l'altra impresa, come si procederà e, soprattutto, non è chiaro come si muoveranno le imprese di fuori regione.
Severa la presa di posizione di Apindustria. "Nel nome del popolo di Facebook, la politica aquilana si è ritrovata quasi sulle stesse posizioni sull’ennesima azione condotta a scapito delle imprese coinvolte nella ricostruzione. L’ordinanza calata dall’alto con l’imposizione dei tamponi, della tracciatura degli operai (già presente in Prefettura dal 2012 con un protocollo condiviso), dell’assunzione di una responsabilità da parte dei medici competenti e delle committenze è un’autentica vessazione senza alcun risvolto positivo nemmeno per la sicurezza tanto decantata" l'affondo del segretario generale Massimiliano Mari Fiamma. "Da questo punto di vista, difatti, si erano già mossi Governo e Parti sociali, confortati dal parere di esperti virologi ed epidemiologi, nello stilare e sottoscrivere ben 3 protocolli specifici (quello di riferimento il 24/04 scorso) tra cui quelli di cantiere, ma ormai è chiaro che ogni politico, di maggioranza o di opposizione, voglia apporre un proprio sigillo a questa triste vicenda del Covid-19. Ecco quindi che a 24 ore dalla riapertura (dato che da giovedì 30 a lunedì 4 c’è solo un sabato lavorativo di mezzo), si scaricano tutte le paure e le proteste dei social sulle imprese, imponendogli tamponi utili solo a sfamare la voglia di sangue dei leoni da tastiera".
I complimenti e gli osanna giunti via internet alla mossa del Comune - aggiunge Mari Fiamma - "sembrano non tener conto che un operaio negativo ad un tampone oggi, dovendo lavorare ed interagire in cantiere e fuori, può diventare positivo domani vanificando ogni rilevazione di 24 ore prima. Di contro per le imprese questa è l’ennesima imposizione assurda e fastidiosa che li costringerà al rinvio dell’apertura o a tour de force assurdi per inviare la modulistica alla ASL, al Comune e agli Uffici Speciali, trovare chi farà i tamponi (ad oggi se ne possono processare solo 140 al giorno nell’aquilano) e organizzare la ripartenza dal 4 dopo che, per giorni e giorni, noi e le altre Associazioni di categoria abbiamo invano chiesto di programmare per tempo la ripresa. In questo desolante quadro però non ci sono colpe solo del Governo cittadino dato che il caos scoppiato in Consiglio Comunale su questa ordinanza non ha visto una parte imporre le proprie prescrizioni e l’altra opporsi in nome del buon senso; le due fronde (anche miste nell’arco costituzionale) hanno dibattuto solo sul dare o non dare 14 giorni di tempo per fare i tamponi, rendendo del tutto evidente come il più alto consesso cittadino risulti assolutamente inadeguato a condurre la straordinaria fase distruttiva in atto con il coronavirus".