Gestori e titolari dei locali devono verificare che i propri clienti abbiano il green pass ma non possono chiedere loro i documenti di identità.
A dirlo è stata la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, rispondendo, in una conferenza stampa, alle contestazioni degli esercenti sull’obbligo dei controlli.
Come raccontato da NewsTown, infatti, uno degli aspetti più problematici del nuovo certificato che, dallo scorso 6 agosto, bisogna possedere per accedere in luoghi al chiuso come ristoranti, bar, palestre, cinema e teatri, era proprio quello relativo a chi avrebbe dovuto concretamente fare gli accertamenti.
Inizialmente, il governo, nel Dpcm del 17 giugno, quello con cui è stato istituito il green pass, aveva previsto che all’esibizione del certificato fosse abbinata anche quella di un documento di identità e che a controllare l’uno e l’altro dovessero essere o i pubblici ufficiali o i titolari e i gestori delle attività, dei locali, degli spazi e dei servizi per accedere ai quali è in vigore l’obbligo di possesso della "carta verde". La ratio della disposizione era prevenire e evitare tentativi di frode e falsificazione, come quelli che si stanno già verificando.
Il provvedimento aveva provocato una levata di scudi generale da parte delle categorie interessate: “Non vogliamo metterci a fare gli sceriffi né possiamo fare le veci delle forze dell’ordine” avevano detto in coro ristoratori e esercenti.
Per giorni, sul sito del governo, nell’area delle faq rivolte agli operatori, è rimasta valida questa impostazione. Ma le dichiarazioni rilasciate dalla ministra Lamorgese rimettono tutto in discussione.
"Nessuno pretende che gli esercenti chiedano i documenti, i ristoratori non devono fare i poliziotti e non sono tenuti a chiedere la carta di identità" ha precisato la ministra, che ha anche aggiunto: "Non si può pensare che l'attività di controllo venga svolta dalle forze di polizia: significherebbe distoglierle dal loro compito prioritario, che è garantire la sicurezza".
Ma quindi se titolari e esercenti non sono tenuti a chiedere i documenti di identità e se è impensabile che le forze dell’ordine battano uno per uno ristoranti, cinema, teatri, bar e palestre per effettuare le verifiche, chi controllerà che la persona che mostra il green pass sia quella effettivamente vaccinata o con tampone negativo? E se qualcuno esibisce un green pass falso, cosa può succedere al titolare del locale o al proprietario dell’attività?
Sono domande che per il momento restano senza risposta.
Lamorgese ha annunciato un'imminente circolare esplicativa del Viminale che proverà a mettere nero su bianco il dettaglio dei controlli cercando di non contraddire quanto espressamente affermato dal decreto del 17 giugno, che, dopo aver specificato che la verifica delle certificazioni verdi spetta ai titolari e ai gestori delle attività, aggiunge: "L'intestatario della certificazione verde all'atto della verifica dimostra, a richiesta dei verificatori, la propria identità personale mediante l'esibizione di un documento di identità".
Ma il Garante della privacy smentisce Lamorgese: "I titolari dei locali possono chiedere i documenti"
Nel pomeriggio, a rendere il quadro ancora più pasticciato, è arrivato anche il parere del Garante della privacy, secondo il quale "i titolari di bar o ristoranti possono chiedere i documenti di identità ai clienti durante i controlli del green pass".
L'Autorità si è riunita oggi in seduta straordinaria per esaminare ed approfondire il tema della protezione dati connesso alle recenti disposizioni in materia di green pass e certificazioni verdi riguardanti lo svolgimento dell’attività scolastica e per rispondere ad un quesito rivolto all’Autorità dalla Regione Piemonte sull’attività di verifica e di identificazione da parte degli esercenti di ristoranti e bar.
Su questo secondo punto il Collegio ha specificato che le figure autorizzate alla verifica dell’identità personale sono quelle indicate nell’articolo 13 del Dpcm del 17 giugno 2021 con le modalità indicate. Tra i soggetti elencati dal Dpcm ci sono anche "i titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi".
La nota del Garante sottolinea che la "disciplina procedurale (oggi riconducibile al Dpcm 17 giugno 2021) comprende, del resto- oltre la regolamentazione degli specifici canali digitali funzionali alla lettura della certificazione verde - anche gli obblighi di verifica dell’identità del titolare della stessa, con le modalità e alle condizioni di cui all’art. 13, c.4, del citato Dpcm. Tra le garanzie previste da tale decreto è, del resto, compresa anche l’esclusione della raccolta, da parte dei soggetti verificatori, dei dati dell'intestatario della certificazione, in qualunque forma (art. 13, c.5, del suddetto dPCM). Entro questi termini, pertanto e nei sensi di cui al combinato disposto degli artt. 9-bis, c.4, secondo periodo, del d.l. 52 del 2021 e 13, c.4 del citato d.P.C.M., è consentito il trattamento dei dati personali consistente nella verifica, da parte dei soggetti di cui all’art. 13, c.2, dell’identità dell’intestatario della certificazione verde, mediante richiesta di esibizione di un documento di identità".