E' iniziato il processo d'appello ai 7 scienziati componenti la Commissione Grandi rischi che, riunita a L'Aquila il 31 marzo 2009, fornì 'false rassicurazioni' ai cittadini sullo sciame sismico in atto, poi seguito dalla terribile scossa del 6 aprile. Per questo, i membri della commissione sono stati condannati in primo grado a 6 anni di reclusione per omicidio colposo e lesioni.
Agli imputati si contesta la morte di 29 persone e il ferimento di altre quattro. Si tratta di personaggi molto noti nel mondo scientifico italiano: Franco Barberi, all’epoca presidente vicario della Commissione grandi rischi, Bernardo De Bernardinis, già vicecapo del settore tecnico del Dipartimento di Protezione civile, Enzo Boschi, all’epoca presidente dell’Istituto di geofisica e vulcanologia, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del Progetto Case, Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova e Mauro Dolce, direttore ufficio rischio sismico di Protezione civile.
Al termine della requisitoria, il procuratore generale Romolo Como - che sostiene l'accusa e, tra l'altro, sta seguendo anche l'indagine parallela sull'ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso - ha chiesto la conferma della condanna a 6 anni escluendo, però, le pene accessorie disposte in primo grado: l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’interdizione legale. Como ha chiesto inoltre che venga accolto l'appello del pubblico ministero perché la morte di una anziana donna - per la quale, in primo grado, gli imputati erano stati assolti - venga riconosciuta come conseguente alle false rassicurazioni fornite dalla Commissione Grandi rischi.
La prima udienza innanzi al collegio giudicante, composto da Fabrizia Ida Francabandera (uno dei due presidenti di sezione Penale) e dai consiglieri Carla De Matteis e Marco Flamini, si è aperta con una sorpresa: Attilio Cecchini, avvocato di parte civile, ha chiesto di poter depositare un audio esclusivo, tratto dalla trasmissione 'Presa Diretta' dal titolo 'Gli irresponsabili', andata in onda il 20 gennaio 2013, che fornisce prova di quanto affermato da Bernardo De Bernardinis nella conferenza stampa tenuta a margine della riunione del 31 marzo 2013, alla presenza di Franco Barberi, Mauro Dolce, Gian Michele Calvi, Massimo Cialente e Daniela Stati. Qui, il video.
Sosteneva il vicecapo del settore tecnico del Dipartimento di Protezione civile: "...[le scosse] potrebbero durare parecchio... ma non ci si aspetta una crescita della magnitudine rispetto agli eventi...".
Il difensore di Di Bernardinis, l'avvocato Filippo Dinacci, ha provato a ribattere che l'audio non doveva essere acquisito perché "non c'è alcuna garanzia di autenticità". Al contrario, la Corte - riunitasi per qualche minuto - ha deciso di acquisirlo e di farlo ascoltare in aula perché si tratta di una nuova prova, emersa a seguito del pronunciamento in I° grado, che non è superflua né irrilevante.
Dunque, il collegio giudicante ha ricostruito la sentenza emessa dal giudice Marco Billi. Non fu un processo alla scienza: piuttosto, il cuore del giudizio di colpevolezza è nella 'rassicurazione disastrosa' formulata dai membri della Commissione sul falso argomento dello 'scarico d'energia' che girò per giorni sui media senza alcuna smentita. Eppure, la Commissione Grandi rischi aveva tutti gli strumenti per istruire una valutazione di prevedibilità del rischio più fondata, con una analisi di prevenzione e previsione che poteva essere più concreta. Anche perché il terremoto dell'Aquila non è stato un evento atipico né eccezionale, anzi rientrava tra le normali vicende di un territorio sismico. I contenuti rassicuranti delle comunicazioni della Commissione Grandi rischi spinsero alcune delle vittime del terremoto del 6 aprile a restare in casa.
Aspetti su cui ha insistito anche il procuratore generale Romolo Como, nella lunga requisitoria, denunciando le pressioni - implice ed esplicite - dei tanti che continuano a parlare di 'processo alla scienza'. "Non si tratta di una sentenza di colpevolezza per non aver previsto il terremoto", ha ribadito Como. "Piuttosto, di una sentenza di condanna per l'errata e superficiale analisi degli indicatori di rischio e per la carente e fuorviante informazione veicolata ai cittadini". Tuttavia, si continua artatamente a parlare di condanna per la mancata previsione del sisma. "L'ha fatto persino un ex ministro della Repubblica [Como fa riferimento all'allora ministro Corrado Clini, ndr] oltre all'attuale capo della Protezione civile [Franco Gabrielli, ndr] che ha sottolineato come si tratti di 'messaggio devastante e di una sentenza che crea problemi'".
Il procuratore generale ha invece sottolineato come i membri della Commissione Grandi rischi sapessero benissimo che la riunione era stata fissata a L'Aquila perché, in città, si era creato un clima di allarmismo. Bertolaso intese dare alla riunione un connotato sociale e politico piuttosto che tecnico - si evince con chiarezza dalla telefonata intercorsa, il 30 marzo, con l'assessora regionale Daniela Stati cui spiegò cosa avrebbero detto gli scienziati inviati in città - e i membri della Commissione si prestarono alle intenzioni dell'allora capo della Protezione civile pur avendo tutti gli strumenti per analizzare in maniera compiuta l'evolversi di una situazione nient'affatto atipica. Dunque, fornirono risposte generiche e contraddittorie, nonostante la riunione fosse praticamente pubblica e - mediaticamente annunciata con grande clamore - avesse generato grandi aspettative nei cittadini, spaventati e disorientati. "La Commissione era attesa come una manna dal cielo", ha ricordato Como.
" … si e deciso di fare una riunione lì a L’Aquila… in modo da zittire subito qualsiasi imbecille, placare… li faccio venire a L’Aquila, è una operazione mediatica… loro che sono i massimi esperti in terremoti diranno: lezione normale, sono fenomeni che si verificano, meglio che ci siano cento scosse di scala 4 Richter piuttosto che il silenzio, perché cento scosse servono a liberare energia, e non ci sarà mai la scossa quella che fa male, hai capito !?…". Eccole, le parole di Bertolaso.
Il procuratore generale ha insistito molto anche sulla 'leggenda metropolitana' dello scarico d'energia che rassicurò i cittadini aquilani. "Più scosse ci sono, meglio è, significa che sta rilasciando energia": è per queste parole che in molti si convinsero a rimanere in casa al crescere delle scosse.
Parole pronunciate da Bernando De Bernardinis, già prima della riunione, in una intervista in cui ribadiva una affermazione che tutti i sismologi convengono sia stata sbagliata: non c'è alcuna correlazione infatti - positiva o negativa - tra la distribuzione nel tempo di scosse piccole e grandi. Parole già pronunciate da Guido Bertolaso e riportate da Franco Barberi all'attenzione dei sette 'scienziati', nel corso della riunione del 31 marzo: "Ho sentito il capo della Protezione Civile dichiarare alla stampa, anche se non è un geofisico, che quando ci sono frequenze sismiche frequenti si scarica energia e ci sono più probabilità che la scossa non avvenga". Nessuno reagì, però, ad una vera e propria 'bestialità scientifica'. Anzi, a leggere gli atti, Mauro Dolce, Enzo Boschi e Giulio Selvaggi dissero di "non ricordare " affatto quelle parole.
"Claudio Eva - scrive il giudice - ritenendo poco opportuno esprimersi in termini critici su un’affermazione del capo della Protezione Civile preferì invece ‘aggirare in qualche modo la frase’ con un'eufemismo per cercare di dire e non dire". Per De Bernardinis la domanda fu posta 'più o meno ironicamente' mentre Franco Barberi commentò: 'Un riferimento anche un pò ironico'. Dopo l’ironia di Barberi calò il silenzio e si cambiò argomento.
Il 'mantra dello scarico d’energia' girò sui media (locali e nazionali) per giorni: tivù, giornali, Internet. Nessuno scrisse una sola riga di smentita, di precisazione o di presa di distanza. Del resto, quando il pm chiese a Bertolaso dove avesse tirato fuori l’idea dello scarico, l'allora capo della Protezione civile rispose: "Non è che io stavo facendo con questo discorso del rilascio di energia un’affermazione che mi ero inventato io, (…) Era un’affermazione che io avrò fatto (…) decine e decine di volte. Non c’è stato mai un solo scienziato (…) che mi abbia mai detto: 'Ma che cosa stai dicendo?'".
E la difesa? Gli avvocati hanno presentato oltre mille pagine di ricorsi. Tenteranno di scardinare le tesi dell'accusa con una perizia che, nelle intenzioni, dovrebbe smontare il cuore stesso della sentenza di colpevolezza emessa in primo grado: le 'rassicurazioni disastrose' che avrebbero convinto alcune tra le vittime del terremoto a restare in casa, dopo le scosse che avevano preceduto il sisma delle 3e32. Evidentemente, le tesi difensive si basano per lo più sull'assunto che è impossibile stabilire un nesso causale tra la riunione del 31 marzo e il cambio d'abitudine dei cittadini aquilani.
E' stato già introdotto un altro argomento che, nelle intenzioni, dovrebbe smontare le accuse avverso gli ex membri della Commissione. Non si sarebbe trattato di una vera riunione della Grandi rischi, innanzitutto perché non erano state rispettate le regole di convocazione e poi perché mancava il numero legale che doveva essere di 10 membri. Invece, si arrivò al numero legale per la presenza di soggetti esterni (tra gli altri, il sindaco dell'Aquila Cialente e l'assessora regionale Stati). De Bernardinis e Dolce, inoltre, sostengono che non possono essere considerati responsabili perché membri della Protezione civile cui la Commissione avrebbe dovuto fornire un parere consultivo. Anche Selvaggi si dice estraneo perché, il 31 marzo 2009, aveva semplicemente accompagnato a L'Aquila Enzo Boschi. Eppure, gli imputati si dichiararono come Commissione Grandi rishi e, così, firmarono il verbale post-datato emesso dopo la scossa del 6 aprile.
L'udienza è stata dunque aggiornata a venerdì prossimo, con le parti civili: si terranno due udienze a settimana, appunto al venerdì e al sabato, con l’obiettivo di arrivare a sentenza entro la fine di ottobre. Se si dovesse tardare a novembre, le sentenze si terrebbero soltanto il sabato.
Di seguito, la diretta Twitter di NewsTown che ha seguito, minuto per minuto, la prima udienza del processo d'appello.
La 'storia' di un processo storico
Il processo è il più importante tra quelli scaturiti dagli oltre 200 filoni aperti dopo il sisma per indagare su cause e possibili responsabili dei crolli. Ha suscitato attenzione in tutto il mondo: non stupisce affatto, per la particolarissima situazione giudiziaria che ha scatenato critiche e polemiche. Con una lettura spesso superficiale, se non artatamente mistificata, della sentenza emessa dal giudice Marco Billi.
Si è parlato, infatti, di 'processo alla scienza'. Erroneamente. Spesso con dolo. E la comunità scientifica non ha mai smesso di fare quadrato intorno ai sette ex componenti della Commissione, in tutti i modi, tra pizzini istituzionali e articoli su importanti riviste internazionali.
"Questa è una storia di accondiscendenza al potere politico: il Capo ordina di rassicurare, gli 'alti in grado' eseguono e gli esperti tacciono-avallano", ha invece sottolineato il giornalista scientifico Ranieri Salvadorini che, su Lettera43, ha seguito con grande attenzione l'evolversi del processo".
Evidentemente, Salvadorini si riferisce alla tragica telefonata dell'allora capo della Protezione Civile Guido Bertolaso a Daniela Stati, all'epoca assessore regionale alla Protezione civile. E' il 30 marzo 2009, l'indomani si sarebbe riunita la Commissione Grandi Rischi: " … si e deciso di fare una riunione lì a L’Aquila… in modo da zittire subito qualsiasi imbecille, placare… li faccio venire a L’Aquila, è una operazione mediatica… loro che sono i massimi esperti in terremoti diranno: lezione normale, sono fenomeni che si verificano, meglio che ci siano cento scosse di scala 4 Richter piuttosto che il silenzio, perché cento scosse servono a liberare energia, e non ci sarà mai la scossa quella che fa male, hai capito !?…".
Una settimana dopo, un terremoto di forte intensità sconvolgerà L'Aquila e il cratere sismico, causando la morte di 309 persone. "Il capo ordina di rassicurare, gli 'alti in grado' eseguono, e gli esperti tacciono-avallano".
"In questo processo - ha spiegato Salvadorini, cogliendo il senso della sentenza emessa da Marco Billi - le conoscenze scientifiche sono marginali e penalmente ininfluenti. Anzi, la scienza è la grande assente. Tutto il processo ruota infatti attorno alla verifica del 'nesso causale' che lega il messaggio di rassicurazione (uscito dalla riunione della Commissione Grandi Rischi) e un cambiamento di abitudini che, in 29 casi, si è rivelato fatale. Messaggio determinato, stando agli atti, dalla 'cattiva condotta' degli scienziati".
Come detto, la rassicurazione disastrosa è il cuore del processo che le difese tenteranno di smontare: se c’è una scienza che è andata sotto processo, è quella sociale. La chiave di lettura di tutta la vicenda è la volontà di compiere una operazione mediatica, per tranquillizzare con il 'mantra dello scarico d'energia' che girò sui media (locali e nazionali) per giorni: tivù, giornali, Internet. Nessuno scrisse una sola riga di smentita, di precisazione o di presa di distanza.
Dunque, perché si parla ancora di processo alla scienza? Perché si sente ancora dire che i terremoti non sono prevedibili, se questa affermazione di per sé sacrosanta nulla ha a che fare con la sentenza di primo grado?
L’accusa non è di non aver previsto il terremoto, piuttosto di una valutazione negligente del rischio. E quindi, chi ha mistificato la sentenza? In molti, purtroppo. "E' nel reato di 'mancato allarme' che si oggettivizza la narrazione del 'Processo a Galileo' - denuncia Salvadorini - con l’adesione acritica di molta stampa, a partire da quella specializzata".
In realtà, sono i tre semplici punti focali dell'intera vicenda a non aver mai trovato debito spazio sulla stampa, specializzata o meno, e nel dibattito pubblico. Il primo, come detto: la sostanza del processo è la 'rassicurazione disastrosa', gli studi scientifici hanno un ruolo marginale e del tutto ininfluente in termini penali. Il secondo, la compiacenza degli scienziati al potere politico, la chiave di lettura dell’intera vicenda. Il terzo, le responsabilità dei media nella grande narrazione del 'processo alla scienza'. Piuttosto, si è alimentato un dibattito distorto alla radice.