di Mattia Fonzi - Si è svolta oggi la terza udienza del processo d'appello alla Commissione Grandi Rischi, iniziato venerdì scorso all'Aquila. Ieri a parlare erano state le avvocature di parte civile [vedi cronaca in basso]. Oggi l'udienza è ripresa con la conclusione delle arringhe, sempre delle parti civili, ad opera dell'avvocato Angelo Colagrande, che ha sostanzialmente confermato le tesi del collega Attilio Cecchini, intervenuto ieri. Nel corso della mattinata è stata anche la volta dell'avvocatura che rappresenta lo Stato, Sica e Giannuzzi: i due avvocati hanno ribadito che quella tenuta all'Aquila non era una Commissione Grandi Rischi, e che gli intervenuti parlarono a titolo personale: "Le informazioni riferite sono state rappresentate in maniera distorta" hanno affermato i difensori dello Stato, alludendo sia all'ex assessora regionale Daniela Stati che alla stampa locale.
L'avvocato di Claudio Eva: "Fu una riunione di singoli"
Alessandra Stefano, avvocata di uno dei sette imputati (Claudio Eva), ha parlato per quasi tre ore. La sua è stata un'arringa molto dura nei confronti della sentenza di primo grado. Secondo Stefano, infatti, le presunte "affermazioni rassicuranti" della Commissione Grandi Rischi sarebbero state, secondo la Corte che ha emesso la sentenza, il punto di partenza del processo, e non quello di arrivo. "La sentenza – ha dichiarato il difensore di Eva – non ha dimostrato che le affermazioni rassicuranti ci fossero state, ma le ha date per scontate fin dall'inizio". L'impianto della difesa si basa sulla tesi secondo la quale a partecipare alla riunione del 31 marzo 2009 furono i singoli esperti, e non il "soggetto unitario" Commissione Grandi Rischi. La colpa sarebbe, nel caso, da ascrivere ai singoli intervenuti alla riunione, perché non era una Commissione istituzionalizzata con una mission indicata dalla legge ma fu un incontro tra esperti. Si nega, dunque, l'adunanza stessa della Commissione.
"Il capo di imputazione è sbagliato", ha dichiarato Stefano, contestando il fatto che Claudio Eva abbia avuto conoscenza del comunicato stampa del Dipartimento di Protezione Civile. Un testo, quest'ultimo, che chiamava alla riunione della Commissione proprio al fine di valutare i rischi e comunicare alla popolazione tutte le informazioni nelle disponibilità della comunità scientifica.
Secondo Stefano, infine, la sentenza di primo grado non avrebbe dovuto basarsi su un comunicato stampa ma sul fax di convocazione recapitato ai singoli esperti. In quel caso Eva avrebbe avuto altre informazioni, rispetto agli obiettivi della Commissione, contenuti nel comunicato stampa.
Stefano ha attaccato duramente l'ex assessora regionale alla Protezione Civile Daniela Stati: "Ha mentito sapendo di mentire", ha dichiarato, in riferimento alla deposizione al processo da parte della stessa Stati, nella quale l'ex esponente del Pdl non fece riferimento alla famosa telefonata con Bertolaso, che all'epoca non era ancora stata pubblicata sui giornali.
Il difensore di Giulio Selvaggi: "Venuto all'Aquila per dire che non si possono prevedere i terremoti"
Poco dopo l'ora di pranzo è stata la volta dell'arringa (durata circa un'ora) di Franco Coppi (già difensore, in altri processi, di Andreotti e Berlusconi), avvocato di Giulio Selvaggi.
Come la Stefano, anche Coppi ha ribadito che gli esperti vennero all'Aquila per esprimersi in merito agli allarmi diffusi sulla possibilità che ci fosse un terremoto, soprattutto in riferimento alle famose analisi del gas radon da parte del tecnico aquilano Giampaolo Giuliani.
Anche second Coppi, dunque, la riunione della Grandi Rischi fu convocata semplicemente per rispondere alla domanda “Si possono prevedere o non prevedere i terremoti?”. Gli esperti non sarebbero stati convocati all'Aquila per fare un'analisi del rischio, come spesso succede nel caso di comunità scientifiche italiane (e non solo) su territori sismici.
"La loro tesi è folle – ha esclamato una parente di una vittima del sisma – fa comodo dire che la Commissione Grandi Rischi non c'è mai stata, perché così non bisogna giustificare la mancata analisi del rischio. Se cambia il motivo della riunione, cambia anche il senso della rassicurazione. E' questo l'obiettivo della difesa".
"Noi non ci trinceriamo dietro questo paravento (della non convocazione ufficiale della Commissione, ndr) – ha affermato Coppi dinanzi alla Corte – si possono anche convocare degli esperti ma non spetta a loro dire ciò che si deve o non deve fare. Gli esperti danno un parere con i dati e poi saranno le autorità a decidere sul da farsi. Si devono esprimere solo sugli allarmi diffusi dal rabdomante (così Coppi ha definito Giampaolo Giuliani, ndr): non si è votato né deliberato nulla. Non c'è scritto da nessuna parte che si dovesse arrivare a una decisione unitaria".
Durante il discorso di Coppi il pubblico presente in aula ha rumoreggiato nel corso di diversi passaggi, soprattutto quando ha detto che "Selvaggi non ha contribuito alla diffusione di informazioni che potessero condizionare la popolazione". L'avvocato, inoltre, ha sempre preferito usare la parola previsione invece che quella di rischio.
Gli esperti, secondo Coppi, non sarebbero stati chiamati per condizionare la popolazione né per rassicurarla. I sette scienziati, semplicemente, accorsero all'Aquila per dire che il terremoto non si poteva prevedere: "Il rischio terremoto su questo territorio è immanente", ha evidenziato il difensore di Selvaggi, sottolineando come ci si trovi in una zona altamente sismica, omettendo di dire, però, che la valutazione del rischio sismico è ormai una scienza consolidata, in Italia, come in altre zone del mondo ad altissimo rischio sismico (California, Giappone, etc.).
Entrambi gli avvocati hanno chiesto l'assoluzione per i propri assistiti. L'udienza è stata aggiornata al prossimo 24 ottobre, quando a parlare saranno altri tre avvocati delle difese. Il 31 ottobre, invece, ci saranno gli ultimi avvocati difensori, le repliche e, poi, la camera di consiglio prima dell'attesissima sentenza.
Venerdì 17 ottobre, le arringhe delle parti civili
di Roberto Ciuffini e Alessandro Tettamanti - Il giorno della seconda udienza del processo d'appello alla Commissione Grandi Rischi (iniziato venerdì scorso) è quello delle arringhe degli avvocati di parte civile. La prima a parlare, ieri, è stata Wania Della Vigna, legale di quattro dei ragazzi sopravvissuti al crollo della Casa dello studente e dei parenti di una delle vittime.
La Della Vigna ha ricordato come la condotta degli studenti che risiedevano nell'edificio cambiò radicalmente dopo le rassicurazioni disastrose date dai membri della Commissione nella famosa riunione del 31 marzo 2009.
Per i sette esperti (Claudio Eva, Enzo Boschi, Bernardo De Bernardinis, Mauro Dolce, Franco Barberi, Giulio Selvaggi, Gian Michele Calvi), già condannati in primo grado a 6 anni di reclusione per omicidio colposo e lesioni, il procuratore generale della Corte di Appello Romolo Como, che rappresenta l'accusa, aveva chiesto, la scorsa settimana, la conferma della pena.
"Gli studenti" ha ricordato l'avvocato Della Vigna "smisero di seguire quelle precauzioni e quelle accortezze che avevano adottato per tutta la durata dello sciame sismico. Questo cambiamento ci fu proprio perché i ragazzi si sentirono tranquillizzati dalle dichiarazioni degli scienziati".
In particolare Della Vigna ha raccontato come uno dei ragazzi morti nel crollo, Hussein Hamade (che tutti chiamavano “Michelone"), uno studente di origini israeliane, avesse preso molto sul serio le parole di Boschi, Eva e degli altri esperti perché paragonò quella Commissione a un analogo e autorevole organismo esistente in Israele. Una delle battute scambiate dal giovane "Michelone" con i propri amici nei giorni immediatamente successivi alla riunione della Grandi Rischi, ha ricordato la Della Vigna, fu: "Non sono morto a Gerusalemme per le bombe, non morirò all'Aquila per un terremoto".
Schermaglie in aula tra l'avvocato Valentini e il legale di Enzo Boschi, Marcello Melandri
A parlare dopo l'avvocato Della Vigna, in un'arringa molto lunga e molto veemente, è stato l'avvocato Antonio Valentini. Facendo riferimento a un'intervista rilasciata la scorsa settimana da Enzo Boschi a margine della prima udienza del processo d'appello, Valentini ha detto: "Boschi, in quell'intervista, ha affermato che aveva sempre asserito che l'Abruzzo era una delle regioni più sismiche d'Europa e che dunque più che processarlo bisognava ricoverarlo. Forse è proprio il caso di farlo".
Parole che non sono piaciute a Marcello Melandri, il legale dell'ex presidente dell'Ingv, che ha accusato Valentini di voler fare dell'intera vicenda una questione personale. A riportare l'ordine in aula è stato il presidente del collegio giudicante, Fabrizia Francabandera.
"Quando ci fu la riunione della Grandi Rischi" ha detto Valentini nel suo intervento "gli aquilani venivano da mesi di fibrillazione e di stress dovuti allo sciame sismico. La Protezione civile mandò i suoi esperti, i migliori, i più bravi. 'Voi siete coloro dai quali dobbiamo apprendere' fu il pensiero degli aquilani. E invece alla fine della scorsa udienza ho sentito Boschi dire "'Io non ho fatto niente'. E' proprio questo il punto. Coloro che avrebbero dovuto dirci quello che dovevamo fare non fecero nulla, redigendo addirittura il verbale della riunione del 31 marzo il pomeriggio del 6 aprile, con le persone ancora sotto le macerie".
Valentini ha ricordato anche un altro passaggio di quella riunione: "Non solo ci dissero che lo sciame stava scaricando l'energia ma aggiunsero anche che non si sarebbe potuta verificare una scossa di magnitudo superiore a quella che c'era già stata".
Attilio Cecchini: "Da parte della CGR colpevolezza commissiva e omissiva"
Altra arringa molto attesa era quella di Attilio Cecchini. Nel suo intervento, Cecchini ha posto l'accento sulle contraddizioni logiche riscontrabili in molte dichiarazioni rese dagli imputati in fase dibattimentale, dichiarazioni poi confluite e condensate negli appelli presentati dalle difese.
"Durante il mio intervento" ha spiegato Cecchini "ho sostenuto che la linea giuridica della difesa secondo la quale i sette scienziati non si riconoscono nella Commissione Grandi Rischi è un errore giuridico perché, in base a quanto è scritto su alcune sentenze della Cassazione, anche qualora ci fosse stata un’irregolarità nell’investitura essi comunque indossarono la veste di pubblici ufficiali e dunque gli atti prodotti restano validi”. In altri termini secondo Cecchini non ha fondamento la tesi difensiva secondo la quale la riunione del 31 marzo non poteva essere considerata valida perché convocata in modo non canonico. Gli scienziati della Commissione assunsero ed incarnarono comunque il ruolo di pubblici ufficiali.
Per quanto riguarda poi il tipo di colpevolezza degli imputati, per l'ottantanovenne decano del foro aquilano “c’è un intreccio tra colpevolezza commissiva, quella dovuta alla rassicurazione, e omissiva, relativa a non aver valutato correttamente il rischio. Dire a più voci che lo "sciame sismico non preannuncia niente" non equivale a tranquillizzare?".
"Questi scienziati sono uomini come noi e quindi possono sbagliare. Quando si tranquillizza la gente in situazioni come quella dell'Aquila, si inducono i cittadini a non uscire di casa o cercare rifugio dopo una scossa. Lo dico con dolore, costoro si allinearono alle indicazioni di Guido Bertolaso, lo conosciamo dalla telefonata dell'ex assessore alla protezione civile regionale, Daniela Stati" è stato un altro dei passaggi dell'arringa di Cecchini.