Dopo la sentenza d'Appello di ieri, gli aquilani sono rimasti sotto shock.
Sentire uscire dalla bocca del collegio presieduto da Fabrizia Francabandera che "il fatto non sussiste", per le parti civili, i parenti delle vittime e chiunque abbia vissuto quei giorni, è suonato come profondamente ingiusto.
L'unico condannato, a due anni, è stato Bernardo De Bernardinis, allora vice capo della Protezione Civile.
Bisogna chiaramente aspettare le motivazioni della sentenza per capire la decisione del collegio, ma si intuisce già per sommi capi che si sia tentata di tracciare una linea divisoria netta tra politica (vista come dipartimento di Protezione civile) e scienza. E' stata condannata la prima e scagionata la seconda, anche se per esempio i due tecnici del dipartimento, Mauro Dolce e Gian Michele Calvi, non sono stati ritenuti colpevoli.
Se è così allora, proprio alla luce della sentenza si possono fare almeno due considerazioni.
La prima riguarda la posizione di Guido Bertolaso. L'ex capo della protezione civile è indagato nel filone parallelo al processo alla Grandi rischi, creatosi dopo la diffusione dell'intercettazione della telefonata all'assessore regionale Daniela Stati in cui, riferendosi alla commissione che si sarebbe dovuta svolgere, affermava: "Deve essere un'operazione mediatica perché vogliamo rassicurare la gente".
La condanna al vice De Bernardinis, potrebbe aggravare la sua posizione. Dopo due richieste di archiviazione avanzate dalla Procura della Repubblica dell'Aquila e respinte dal giudice delle indagini preliminari, il fascicolo è passato nelle mani del Procuratore generale Romolo Como che ha già dichiarato ad Abruzzoweb: "Devo prima capire come si è arrivati a questa sentenza, leggerò il dispositivo e poi le motivazioni ma devo ritenere questo verdetto collegato a Bertolaso - spiega il magistrato - Visto che il collegio ha concentrato le responsabilità sul vice capo della protezione civile De Bernardinis, evidentemente la cattiva informazione è stata ascritta alla Protezione civile e non agli scienziati".
L'altra considerazione che può scaturire a partire dalla sentenza riguarda il ruolo più specifico della Grandi rischi e quindi degli scienziati che la compongono, assolti in secondo grado.
Prima di tutto non si capisce esattamente a cosa serva la commissione. Dal Sito della Protezione civile: "La Commissione Nazionale per la Previsione e Prevenzione dei Grandi Rischi è la struttura di collegamento tra il Servizio Nazionale della Protezione Civile e la comunità scientifica. La sua funzione principale è fornire pareri di carattere tecnico-scientifico su quesiti del Capo Dipartimento e dare indicazioni su come migliorare la capacita di valutazione, previsione e prevenzione dei diversi rischi".
Fu fatto? Quello che sappiamo è che il messaggio che uscì dopo al pubblico - anche tramite la conferenza stampa tenuta dal Sindaco dell'Aquila Massimo Cialente, dall'assessore alla Protezione Civile Daniela Stati e dal presidente vicario della commissione grandi rischi Franco Barberi (a cui assistettero tra il pubblico anche Dolce e Calvi) - fu un messaggio di segno rassicuratorio.
Ancora oggi sul sito della protezione civile è possibile trovare questa pagina del primo aprile 2009 in cui si può leggere: "La comunità scientifica, inoltre, ha confermato che non c'e' pericolo perché il continuo scarico di energia, riduce la possibilità che si verifichino eventi particolarmente intensi".
Perché nessuno degli scienziati segnalò che la loro consulenza scientifica stava venendo pericolosamente travisata? Perché gli scienziati della Commissione sono rimasti afoni e non hanno in qualsiasi modo avvertito del rischio che c'era? A cosa servì la Cgr, se non a mettere in piedi l'operazione mediatica per rassicurare la popolazione che voleva Bertolaso? In tal caso, non hanno anch'essi una responsabilità?
Perché forse il tema principale che ha fatto venire a galla questo processo è se ci sia o meno autonomia da parte della scienza nei confronti della politica.
Oggi l'allora predente dell'INGV Enzo Boschi, uno dei sette imputati ha dichiarato al quotidiano Repubblica: "Noi scienziati siamo stati usati. Quella che ci fu all'Aquila, il 31 marzo del 2009 fu una riunione "politica", fu una scelta della Protezione Civile che volle rispondere agli allarmi di un imminente terremoto lanciati da quel tecnico, Giampaolo Giuliani".
Come ammettere che comunque le cose sono andate storte, il sistema non ha funzionato, che rassicurazione comunque ci fu e che il processo bollato come "processo a Galileo" ha senso e come, anzi sia stato istruito a tutela di Galileo.
Resta da vedere, se si dovesse riaprire davvero il filone del processo realtivo a Bertolaso, se la politica una volta alla sbarra non scarichi a sua volta sui rappresentanti scientifici.