L'Arcivescovo metropolita dell'Aquila, monsignor Giuseppe Petrocchi, ha incontrato stamane gli operatori dell'informazione, per celebrare San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.
"Tengo molto a questo incontro - ha spiegato - perché i giornalisti sono ministri della comunicazione, hanno il compito di informare la società degli eventi che ne scandiscono la storia e di aiutare le persone, così, a formarsi una opinione oggettiva e critica sui fatti che li riguardano".
E' fondamentale però il servizio alla verità, ha sottolineato Petrocchi. Ad aprire una discussione che, come prevedibile, si è presto concentrata sul ruolo della Curia nella ricostruzione dei beni ecclesiastici e, in particolare, sulla impasse che sta impendendo il restauro della Cattedrale di San Massimo. "Un dolore costante", ha confidato. "Non ho un luogo dove esercitare con pienezza il mio ministero". Quindi, l'affondo: "Perché non sono state adottate le misure di protezione già utilizzate per la Basilica di Collemaggio e per Santa Maria Paganica? E' un interrogativo forte che non ha ancora trovato risposte".
L'Arcivescovo ha lanciato dunque un primo messaggio, ne arriveranno altri nel corso della mattinata: "E' fondamentale agire nel rispetto delle leggi, in trasparenza, senza avventurarsi in soluzioni improvvisate".
Petrocchi non ha nascosto di aver molto lavorato, in questo anno e mezzo a L'Aquila, per comprendere appieno il ruolo dell'Arcidiocesi nei processi di ricostruzione. "ll lavoro intenso e faticoso non è stato immeditamente visibile perché è necessario agire con riservatezza e rendere chiare le soluzioni soltanto una volta che sono state trovate. C'è stata una prima fase di studio che ho condotto con l'aiuto di esperti locali e nazionali. Ho ritenuto necessario, inoltre, incontrare personalità nazionali, regionali e locali, che avevano titolo per dare risposte alle domande poste. E mi è apparso chiaro che viviamo una condizione normativa confusa. La fase dell'emergenza, con l'emenazione delle Opcm, ha fornito linee giuridiche vincolati che hanno prodotto degli assetti nella gestione della ricostruzione. La fase successiva ha prodotto invece apparati giuridici che non sono ancora riusciti a traghettare nel nuovo quadro quanto deciso per legge e inizialmente attuato. Il rischio è che ci si ritrovi dinanzi a disposizioni che potrebbero generare conflitti e contenziosi, rallentando così i processi di ricostruzione".
Evidentemente, il riferimento è - anche e soprattutto - al ruolo che la Curia dovrebbe giocare, in questi processi. E alla vecchia richiesta che diventi soggetto attuatore nei lavori che riguardano i beni di sua proprietà. "Un tema sul quale sono intervenuto già l'anno scorso, nell'incontro con i giornalisti, e sul quale abbiamo redatto tre comunicati scritti. Non credo ci sia altro da aggiungere. Non abbiamo alcuna intenzione di avere a che fare con fondi e appalti, anche se la formula del soggetto attuatore è legittima dal punto di vista giuridico, tanto da essere utilizzata attualmente in Emilia Romagna. Non va guardata con sospetto o peggio demonizzata. Si tratta di un apparato normativo che lo Stato mette a disposizione di vari Enti. Pur essendo comunque una formula legittima, a noi non interessa come strumento per poter lavorare nelle cantierizzazioni, piuttosto come possibilità di intervento su tematiche che riguardano un patrimonio di nostra proprietà".
Anche stavolta, il messaggio è chiaro. La Curia ha il diritto e l'obbligo di potersi esprimere su beni di sua proprietà. "Abbiamo cercato un dialogo a livello di governo centrale - riconosce Petrocchi - incontrando il sottosegretario Delrio nell'aprile scorso. Siamo stati accolti con cortesia e ci è stato riservato un ascolto attento. Abbiamo riportato il quadro della situazione, con le problematiche che avevamo ravvisato, e abbiamo chiesto una nuova legge che mettesse finalmente ordine, così da evitare contrapposizioni di spezzoni normativi non in grado di comporsi in modo unitario. Dunque, abbiamo avuto tre incontri con alti funzionari ministeriali e abbiamo sollecitato l'emanazione della legge anche in un incontro con il ministro Franceschini, ad agosto. Non abbiamo chiesto privilegi, ma il rispetto di un nostro diritto".
Per questo, l'Arcidiocesi aquilana ha avuto diversi incontri anche con l'allora sottosegretario Giovanni Legnini, con il governatore Luciano D'Alfonso, con il sindaco Massimo Cialente e l'assessore alla ricostruzione Piero Di Stefano, "e con loro il rapporto è leale e chiaro - ha riconosciuto l'Arcivescovo - pur avendo, su diversi aspetti, prospettive diverse".
Quindi, l'ennesimo messaggio: "Ognuno deve assumere le proprie responsabilità, senza scaricare su altri questioni che non sono pertinenti".
Petrocchi ha avuto modo di leggere la bozza di legge redatta da Legnini, e ha inviato delle ipotesi di modifica di alcuni articoli, "perché venga rappresentata la nostra specificità. Abbiamo un compito che non può essere delegato e che non ci può essere sottratto". Un compito che l'Arcidiocesi dell'Aquila intende esercitare anche per il restauro della Cattedrale di San Massimo. Petrocchi però ha messo in guardia dal confondere l'Arcidiocesi con il Consorzio Sant'Emidio. "La scelta è stata di costituire aggregati che hanno una fisionomia e una entità giuridica propria. L'Arcidiocesi ha da avuto certamente da dire, in seno al Consorzio, ma non siamo gli unici protagonisti. Anzi, seppur proprietari del 76% della metratura dell'aggregato, numericamente - quando si vota per teste - siamo in minoranza. Dunque, risposte devono arrivare dal Consorzio e dal suo presidente che è altro da me, pur avendo con lui un rapporto molto onesto. A ciascuno però spetta il suo, in termini di diritti e doveri".
Prima di salutare i giornalisti, Petrocchi non ha mancato di inviare un altro messaggio, l'ultimo di una lunga mattinata. "Io voglio essere servo di Dio e di Pietro, di nessun altro. Dunque, se ci sono da dire dei 'no' vanno detti anche dinanzi a personalità importanti. Spero che la legge venga varata al più presto, che sia una buona legge e che vengano assicurati i fondi. Non posso nascondere che ci siamo battuti anche per vincere alcune resistenze nella erogazione delle risorse. E non è un mistero che la Cei e la Santa Sede siano bene informate sulle vicende aquilane".
Augusto Ippoliti era seduto in prima fila, ad ascoltare le parole dell'Arcivescovo. Punto di riferimento della commissione consultiva che ha affiancato l’ufficio ricostruzione della Curia, all'epoca del post sisma guidato da don Alessandro Benzi, ha avuto la presidenza del Consorzio Sant'Emidio. Innanzitutto, tiene a precisare che non è responsabilità del Consorzio - come lasciato intendere da alcuni articoli di stampa pubblicati in mattinata - il mancato avvio di parte dei lavori di restauro dell'enorme aggregato. "Nel 2012 - spiega a NewsTown - abbiamo presentato il progetto per intero, compresa la Cattedrale, nessuno ci ha mai detto di tirarla fuori o addirittura stralciarla dal punto di vista tecnico. A metà del 2013, sono state richieste integrazioni amministrative, non tecniche, che riguardavano una fase dove ancora nessuno mai aveva messo in dubbio il finanziamento almeno delle parti comuni della Cattedrale. Per cui, ci siamo preparati ad adempiere a questi compiti. Solo in seguito, in una fase successiva, ci è stato chiesto di riconfiguare completamente l'aggregato e di dividerlo in varie porzioni: non sono integrazioni, significa ricominciare quasi da capo. Parlo di un lavoro quotidiano, di una complessità enorme, non solo per la grandezza dell'aggregato ma anche per la qualità degli immobili. Per questo, mi spiace che istituzioni con cui stiamo collaborando continuino a scaricare responsabilità".
Evidente il riferimento alle parole dell'assessore Di Stefano che, in una dichiarazione ad Abruzzoweb, ha negato sia stata volontà dell'amministrazione ricomprendere la ricostruzione strutturale della chiesa all’interno delle così dette 'parti comuni', attaccando il Consorzio Sant'Emidio per non aver presentato integrazioni al progetto che sarebbero state richieste già nel 2012. "Il lavoro di divisione tra parti private, parti comuni e beni ecclesiali, l'abbiamo accettato per evitare che 'il problema' Cattedrale possa incidere anche sulla ricostruzione delle abitazioni private", ha incalzato Ippoliti. Che ha poi inteso lanciare un avvertimento: "Completiamo l'iter, che le assicuro è nella fase finale, per consentire al Comune dell'Aquila e alla Soprintendenza di andare avanti con le istruttorie. Nel completare le pratiche, però, ci batteremo perché il lavoro fatto fin qui venga rispettato: non posso far finta che i tecnici non abbiano lavorato sulla Cattedrale e, dopo anni di fatica e dedizione, salutarli perché la fonte di finanziamento va da un'altra parte".
Dunque, Augusto Ippoliti ha tracciato a NewsTown la strada per i prossimi mesi: "Una volta consegnata la nuova configurazione, visto che il Consorzio è partito con una vecchia procedura, in una fase antecedente alla legge Barca, la Soprintendenza dovrà avviare l'istruttoria delle varie porzioni dando priorità assoluta alle abitazioni principali, prima ancora che alle proprietà ecclesiastiche. Al termine dell'istruttoria, dovrebbe arrivare un decreto di congruità tecnica ed economica che consentirebbe, in tempi rapidi, di far partire Palazzo De Nardis, all'angolo tra via dell'Arcivescovado e via San Marciano, e l'adiacente Palazzo Arduini. Così, si potrebbero iniziare i lavori per le abitazioni principali e, man mano, spostare la partenza dei cantieri alle proprietà ecclesiastiche".
Ippoliti non nasconde però i dubbi sulla ricostruzione della Cattedrale: "Se le fonti di finanziamento dovessero essere gestite da altri, non ci metteremmo certo di traverso, perché mi interessa che il Duomo venga ricostruito. Non accetto però che vengano attribuite ad un Consorzio ordinario, che non ha soldi propri, responsabilità di altri: non era compito nostro adoperarci per la copertura della Cattedrale, piuttosto delle Istituzioni che avrebbero dovuto tutelare un bene comune, come accaduto a Collemaggio o a Santa Maria Paganica. E comunque, ci fossero davvero i fondi del Mibact, la Cattedrale aprirebbe le porte per essere ricostruita".
Insomma, nessun problema se si dovesse decidere di affidare i lavori di restauro del Duomo attraverso una gara di ambito europeo istruita dal Mibact. "Come tutti i consorzi privati, ci siamo attenuti ad una selezione privata, tra l'altro utilizzando un medoto molto più trasparente rispetto ad altri aggregati, perché abbiamo pubblicato un avviso pubblico sul Sole 24 Ore. Ora, nel rispetto della normativa speciale del terremoto, l'associazione temporanea d'imprese composta da Sac Spa, Costruzioni Iannini srl e Dp Restauri Srl, così come prescrive l'Opcm, ha avuto in affidamento il consorzio e farà il lavoro in base al contributo che verrà concesso dagli enti predisposti. Ho un buonissimo rapporto con tecnici e imprese, non ho mai percepito la loro volontà di fare causa qualora la Cattedrale venga eclusa dall'aggregato".