Probabilmente si tratta solo della punta di un iceberg.
L'indagine che la procura dell'Aquila ha avviato sui lavori di ristrutturazione di Palazzo Ciolina potrebbe essere solo l'inizio di una più generale "operazione trasparenza" da far scattare sulla ricostruzione privata, un ambito nel quale, per anni (fino alla recente approvazione del decreto Enti locali, che contiene peraltro solo una parte delle misure anticorruzione tante volte invocate), è regnata la più totale anarchia e un'assenza di controlli che ha favorito il proliferare di pratiche illecite.
E ora tremano proprietari di palazzi, appartamenti e abitazioni ma anche ditte e aziende edili.
Sono 1.700, infatti, le pratiche sospette che la procura ha già acquisito e che visionerà una ad una.
A riferirlo è il quotidiano Il Centro.
L'ipotesi è che, in decine se non centinaia di casi, i lavori siano stati gonfiati rispetto ai danni effettivi riportati dagli edifici.
"Case vuote, in certi casi persino diroccate, rifatte coi soldi pubblici" scrive Enrico Nardecchia. "Demolizioni e ricostruzioni senza titolo. Oppure il ricco indennizzo per l’abitazione equivalente. In certi casi il contributo sarebbe stato chiesto – ed erogato – anche da cittadini non proprietari di abitazione né residenti in quelle case al momento del sisma. I numeri sono da capogiro. E non si esclude che possano essere ancora all’opera uno o più suggeritori occulti, dentro e fuori dai palazzi, che avrebbero indicato il percorso da seguire per arrivare dritto dritto fino ai soldi della ricostruzione. La Procura ha dovuto creare un gruppo di lavoro specifico".
Per quanto riguarda l'indagine su Palazzo Ciolina, che ha portato all'iscrizione nel registro degli indagati di sei persone, scrive sempre Il Centro, i casrabinieri del Noe, coadiuvati da quelli del comando provinciale, hanno sequestrato faldoni e documenti dalle sedi dell’impresa “Cingoli Nicola e figlio srl” con sede a Teramo in via Acquaviva.
Altre perquisizioni sono avvenute anche negli uffici comunali.
L’ipotesi di reato provvisoria è quella di concorso nella truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
I sei indagati sono: l'avvocatessa Paola Bellisari, di 60 anni, in qualità di proprietaria di parte dell’aggregato “Quattro cantoni”; l’altro comproprietario, Vincenzo Ciolina, di 60 anni, anche progettista e direttore dei lavori di Palazzo Ciolina-Ciampella, parte dell’aggregato; gli imprenditori teramani Giuseppe Cingoli di 68 anni, presidente della “Cingoli Nicola e figlio srl”; Andrea Cingoli, di 34 anni; Maria Lucrezia Di Bonaventura, di 67 anni, di Roseto; Arcangelo Dragoni, di 61 anni, di Campli, dipendente.
Un caso analogo riguarderebbe un'abitazione situata su via Antica Arischia, a Pettino, un immobile di proprietà di una nota famiglia di avvocati aquilani. Le indagini furono avviate dall'ex comandante dei vigili urbani dell'Aquila Ernesto Grippo, attualmente capo di gabinetto del presidente Luciano D'Alfonso.