Lunedì, 23 Novembre 2015 00:05

23 novembre 1980: trentacinque anni fa, il terremoto dell'Irpinia

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Un minuto e mezzo. Novanta interminabili secondi che rasero al suolo interi paesi, provocando quasi 3mila morti, 9mila feriti. Furono 150mila le abitazioni distrutte, 300mila gli sfollati. Interi borghi restarono isolati per giorni. 

Chi c'era, quel 23 novembre del 1980, ricorderà per sempre l'ora del terremoto in Irpinia, le 19:34. E cosa faceva in quel momento. "A quei tempi i canali tv si contavano sulle dita delle mani - ricorda l'Ansa in un articolo sul sisma che sconvolse l'Italia - e a quell'ora la Rai trasmetteva un tempo di una delle partite della serie A giocate nel pomeriggio. Chi ne aveva approfittato per una gita fuori porta non poté non notare l'anomalia di una giornata calda, troppo calda per quella stagione. La terra tremò in Campania e Basilicata, con epicentro in Irpinia".

Oggi, a 35 anni di distanza, il ricordo di quella giornata e delle settimane che seguirono, caratterizzate da uno Stato impotente dinanzi al disastro, incapace di coordinare i soccorsi, tardivi e insufficienti, è tutt'altro che sbiadito.

Dei 119 comuni irpini, furono 99 quelli che riportarono danni alle strutture. Restano per sempre, nella memoria del Paese, i ricordi dell'impegno dei volontari che arrivarono in Irpinia da tutta Italia, fotografati mentre scavavano in uno scenario post bellico. Resta l'immagine dell'arrivo sui luoghi del terremoto del Presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Resta la prima pagina del quotidiano 'Il Mattino', con un drammatico appello: "Fate presto" [nella foto].

Oggi, a 35 anni di distanza, l'Irpinia non conserva se non in minima parte le tracce di quel disastro. Così come la Basilicata, dove è stato ricostruito il 90% circa delle abitazioni private (con "punte" del 100% a Balvano, nel Potentino, uno dei centri più colpiti dal sisma con 77 vittime).

Negli anni, però, non sono mancate polemiche e critiche sull'utilizzo dei fondi destinati alla ricostruzione, tra sprechi e inchieste. "Complessivamente - scrive l'Ansa - per i Comuni colpiti di Campania, Basilicata e Puglia, sono stati stanziati quasi 30 miliardi di euro (i dati sono del 2011, forniti dalla Camera dei Deputati). Lo Stato mise in campo anche un robusto piano per la realizzazione di nuove infrastrutture e aree industriali, con uno stanziamento di circa 13 mila miliardi di lire (circa 6,7 miliardi di euro): 13 in Campania e sette in provincia di Potenza (Baragiano, Isca Pantanelle, San Nicola di Melfi, Tito, Viggiano, Valle di Vitalba, Balvano - a cui si aggiunge quella di Nerico, a cavallo con l'Avellinese). Nelle aree industriali si insediarono centinaia di imprese (un'ottantina delle quali in Basilicata); molte ebbero vita difficile e ormai sono chiuse senza dare continuità a quel progetto di ricostruzione e sviluppo che il legislatore aveva immaginato per il "cratere" del terremoto e i territori che lo circondavano".

Quel grande sforzo però non è stato completamente inutile: alcune grandi aziende sono tuttora in attività (è il caso degli stabilimenti della Ferrero di Balvano e Sant'Angelo dei Lombardi), altre sono arrivate sulla scia di quei programmi (come la Fiat a Melfi) ma soprattutto in quelle aree industriali, tramontato il sogno della grande industrializzazione delle aree interne, sono tuttora in attività decine di piccole e medie imprese, frutto del lavoro di imprenditori locali.

Ultima modifica il Lunedì, 23 Novembre 2015 11:07

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